Scomparirà. Se non si interviene, tra una ventina d’anni il ghiaccio della Marmolada non ci sarà più. Quando si parla dei ghiacciai spesso se ne trascura l’importanza. Sono necessari per la vita di tutti i giorni, svolgono il ruolo di termoregolatori per l’ambiente, servono anche all’economia. Basta ricordarsi della siccità, della carenza di fonti idriche o delle centrali idroelettriche per comprendere l’importanza di queste risorse naturali. Ai piedi della Marmolada, sul lago Fedaia, l’Enel gestisce una delle centrali più antiche. Sono forze della natura, i ghiacciai, da proteggere e ormai e non si può fare finta di non saperlo.
Sul destino del ghiacciaio italiano più famoso, da tempo si concentrano studi e ricerche e ogni anno il Climbing for Climate arricchisce il panorama di coloro che si battono contro i cambiamenti climatici. È promosso dal Comitato Glaciologico Italiano, da Legambiente, dal Museo di Geografia di Padova e dalle Università italiane. L’agonia della Marmolada interessa milioni di persone, un pò meno la politica. Chi vuole prendere la cosa sul serio, ha l’occasione per farlo, soprattutto ora che i promotori del Climbing hanno lanciato il Manifesto “Un’Altra Marmolada”. Il ghiacciaio si è accorciato e andrebbe lasciato anche più in pace. Il principale valore di questo documento sta nella risposta a forme di turismo di massa in uno dei luoghi più affascinanti d’Italia. I volontari lungo i sentieri raccolgono rifiuti e residui di ogni tipo che si rivelano come la faccia scomoda della curiosità delle persone.
Marmolada, le campagne ambientali partecipate
Su quelle montagne si sta consumando una vicenda climatica degna di essere fermata. Cosa bisogna fare per non vedere più quella faccia scomoda? Servono politiche di mitigazione, ma soprattutto “un efficace piano di adattamento nazionale alla crisi climatica, a partire dalle zone più vulnerabili, come l’alta montagna”, dice Legambiente. E tutti gli altri sono d’accordo. L’Italia si tropicalizza con tutti quello che ne consegue sul piano sociale. Le campagne glaciologiche partecipate sono il risultato di idee e progetti di quella parte d’Italia – e non solo – che ragiona e si comporta in modo opposto a chi ascende i ghiacciai incuranti dei danni che causa il turismo di massa. Poi si scopre che tra i partecipanti al Climbing di quest’anno, c’è stato anche un rettore di Università per dare testimonianza del rischio esistente. Dino Mastrocola, rettore a Teramo è salito a 3 mila metri di quota per collegare il destino della Marmolada alla morte del ghiacciaio del Calderone sul Gran Sasso. Un’anteprima di ciò che può accadere alla Marmolada.
“Il ghiacciaio del Gran Sasso è ormai ridotto allo stato che i tecnici chiamano di glacionevato- spiega Mastrocola. “Secondo le rilevazioni dell’Università di Padova – continua – il processo di fusione del ghiacciaio continua ad accelerare segnando nuovi record. I rilievi effettuati sull’abbassamento della superficie glaciale indicano che la vita residua del ghiacciaio è stimata tra i 13 e i 22 anni”. Una perdita di biodiversità e di equilibrio naturale che il paese più indifeso d’Europa non può tollerare. Per questa semplice ragione, il modo in cui le istituzioni si faranno carico di questa emergenza indicherà il livello di sensibilità raggiunto in Italia sul tema del climate change. Auguriamoci che sia alto.