Artista concettuale serba, nata a Belgrado il 30 novembre 1946. Ha studiato alle accademie di Belgrado e di Zagabria. la sua ricerca si orienta nell’ambito sperimentale della Body Art indagando, anche con violenza, sui limiti fisici e psichici del proprio corpo e della propria mente (serie Rhythms, 1970-74). Nel 1975, stabilitasi ad Amsterdam, ha conosciuto il suo futuro compagno Ulay (nome d’arte di Uwe Laysiepen, n. Solingen 1943), con il quale ha lavorato fino al 1988 creando performances incentrate sui temi della sofferenza, considerata un necessario percorso catartico (Relation in movement, Biennale di Venezia 1976), o dell’amore, ripercorso attraverso serie di immagini fotografiche riproducenti gli artisti in pose d’effetto teatrale (Anima mundi e Modus vivendi, dal 1983; ecc.); il contatto con culture diverse, attraverso i lunghi viaggi in India, in Australia, nel Tibet, in Cina, ha reso più complesse le performances della A. e di Ulay che hanno raggiunto profondi stati meditativi (serie Night sea crossing, 1982-84). Dopo l’ultimo progetto elaborato insieme a Ulay, The Great Wall walk (1988), consistente nel percorrere, partendo ognuno da un estremo e incontrandosi al centro, la Grande muraglia cinese, la Abramovic’ ha continuato da sola la propria ricerca volta anche ad analizzare l’energia concentrata in pietre e metalli con serie di sculture, ‘oggetti transizionali‘, di rame, di quarzo ecc., che coinvolgono lo spettatore invitandolo a ricercare quella stessa energia (Green dragon, 1988; Black dragon, 1990). Tra il 1989 e il 1994, in collaborazione con Ch. Atlas (n. Saint Louis 1949), ha elaborato Biography, un lavoro che ripercorre, intrecciando performances, videoregistrazioni di esperienze precedenti, scritti e fotografie legate all’infanzia o al rapporto con Ulay, le sue più profonde motivazioni, le tappe fondamentali della sua esistenza. Col passare degli anni le sue opere si dilatano nel tempo: la sintesi è rappresentata da The Artist is Present (2010) al MoMA di New York e successivamente al PAC di Milano, in cui per più di 700 ore nell’arco di 3 mesi ha fissato muta e immobile 1675 persone che si sono avvicendate davanti a lei, ponendo al centro il valore di una comunicazione energetica e spirituale tra artista e pubblico. Ha presentato le sue opere in importanti rassegne internazionali: Documenta di Kassel nel 1978, 1982, 1992, ed è stata invita a numerose edizioni della Biennale di Venezia dove nel 1997 è stata premiata con il Leone d’Oro come migliore artista per la sua straordinaria video installazione/performance Balkan Baroque. Nel 2003 ha ricevuto il Bessie per La casa con vista sull’oceano, una performance di 12 giorni alla galleria Sean Kelly di New York (da Enciclopedia Italiana Treccani). Mentre dal 21 settembre 2018 è in corso una grande mostra a Palazzo Strozzi di Firenze, Marina Abramovic’ sta già lavorando nel più assoluto riserbo, “per scaramanzia” come ha detto ai giornalisti, alla preparazione di una nuova perfomance che dovrebbe tenersi alla Royal Academy of Arts di Londra nel 2020.
Performance e attività espositiva
Agli inizi degli anni ’70 Perfeziona gli studi all’Accademia di Belle Arti di Zagabria. Comincia a usare il corpo come strumento artistico e a dedicarsi al suono e all’arte performativa. Nel 1973incontra Joseph Beuys e i suoi happening la colpiscono profondamente. Collabora con Hermann Nitsch. Nello stesso anno presenta la performance Rhythm 10 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Borghese a Roma. Nel 1975 va ad Amsterdam per partecipare a un incontro internazionale di artisti performativi e vi conosce l’artista tedesco Ulay (Frank Uwe Laysiepen, nato nel 1943). Che diventa suo compagno di vita e di lavoro. Nei due anni successivi Marina e Ulay creano la serie Relation Works. Scrivono il manifesto Art Vital, che stabilisce la direzione della loro pratica artistica. Decidono di essere in perpetuo movimento e nei tre anni successivi vivono e lavorano in un furgone, mentre viaggiano in tutta Europa. Nel 1980 La coppia si trasferisce in un appartamento di Amsterdam, inserendosi nella vita artistica della città. Vanno in Australia dove vivono per nove mesi presso la tribù Pintupi nel Gran Deserto Victoria. Influenzati dalla cultura aborigena, creano la performance Nightsea Crossing. Nel 1982 Nightsea Crossing è allestita a Documenta 7 di Kassel e in altri musei e spazi espositivi a Colonia, Düsseldorf, Berlino, Amsterdam, Chicago e Toronto. Per praticare la tecnica meditativa vipassana, Abramović e Ulayvanno a Bodhgaya, in India, dove incontrano il Dalai Lama e il suo principale mentore, il tulkuKyabje Ling Rinpoche. Nel 1985 a Firenze, Gastkünstlern a Villa Romana, Marina e Ulay provano (insieme a Mr Mondo e a Michael Laub) la pièce Fragilissimo, che sarebbe dovuta andare in scena al Teatro Niccolini: l’esecuzione fiorentina non ha luogo, ma l’opera viene presentata ad Amsterdam e Stoccolma. L’anno dopo Marina e Ulay si recanoin Cina per la prima volta. Dal momento del viaggio nell’outback australiano del 1980 i due lavorano al progetto di una performance lungo la Grande Muraglia cinese. Nel 1988 dopo molti preparativi, ha inizio la camminata lungo la Grande Muraglia cinese per l’opera The Lovers. Marina parte dall’estremità orientale della Muraglia, mentre Ulay inizia dal lato occidentale e procede in direzione opposta. La performance sancisce la definitiva conclusione della loro relazione e collaborazione artistica, durata dodici anni. Le nuove opere di Marina Abramović da sola sono una serie di oggetti interattivi, noti come Transitory Objects. Le opere vengono esposte nel 1989, tra gli altri, al Museum of Modern Art di Oxford, allo Städtische Kunsthalle di Düsseldorf e al Museum of ModernArt di Montreal. Nel 1990 Marina si trasferisce a Parigi, mantenendo l’appartamento di Amsterdam. Viene invitata a partecipare alla famosa esposizione Magiciens de la Terre al Centre Pompidou di Parigi. Poco dopo nello stesso museo viene allestito The Lovers. L’opera The Biography, diretta da Charles Atlas, nel 1992 viene rappresentata per la prima volta a Madrid e successivamente a Documenta 9 di Kassel. Nel ’95 una sua retrospettiva va in scena al Museum of Modern Art di Oxford. Nel ’97 è invitata a rappresentare Serbia e Montenegro nel Padiglione jugoslavo della Biennale di Venezia, ma interrompe la collaborazione in contrasto sul soggetto dell’opera. La memorabile performance Balkan Baroque, ispirata dal dramma della guerra in Bosnia, viene allestita quindi, con grande scalpore, in un sottoscala del Padiglione Centrale ai Giardini e viene premiata con il Leone d’oro. Nel 2002 The House with the Ocean View viene presentata alla Sean Kelly Gallery di New York: Marina passa dodici giorni in silenzio, digiuno ed esposizione totale, sempre davanti al pubblico. Seven Easy Pieces viene presentata al Solomon R. Guggenheim Museum di New York nel 2005. L’opera si compone di sette reinterpretazioni di performance degli artisti, Vito Acconci, Bruce Nauman, Gina Pane, Josef Beuys e della stessa Abramović. Il progetto è il risultato del suo lavoro sulle re-performance, pensate per conservare le performance. Nello stesso anno presenta Balkan Erotic Epic all’Hangar Bicocca di Milano. Nel 2010 il MoMA di New York inaugura la grande retrospettiva The Artist is Present, con molte re-performance delle sue opere e per l’intera durata della mostra propone la nuova e intensa The Artist is Present. Nello stesso anno fonda il Marina Abramović Institute (MAI), con lo scopo di operare attraverso le scienze, per creare una piattaforma teorica e pratica di arte performativa. L’anno successivo The Artist is Present è allestita al Garage Center for Contemporary Culture di Mosca e La pièceautobiografica The Life and Death of Marina Abramović viene rappresentata per la prima volta al Manchester International Festival. Nel 2012 il documentario Marina Abramović: The Artist isPresent viene presentato al Sundance Film Festival. L’esposizione Marina Abramović, BalkanStories è organizzata alla Kunsthalle di Vienna. Nel 2017 Marina Abramović. The Cleaner viene presentata al Moderna Museet di Stoccolma. La retrospettiva si sposta poi al Louisiana Museum ofModern Art a Humlebæk, in Danimarca e alla Bundeskunsthalle di Bonn, in Germania. Nel settembre 2018 va in scena a Palazzo Strozzi di Firenze una grande mostra che, con oltre 100 opere offre una panoramica sull’intera carriera dell’artista, dagli anni Sessanta agli anni Duemila, attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance.
Mercato – le performance entrano nelle collezioni
Negli anni ’90 il Museo Ludwig di Colonia ha acquistato un breve sorriso dell’artista americano James Lee Byars: “The Perfect Smile”: questa una delle prime performance ad entrare nella collezione di un museo. Azioni e rappresentazioni messe in scena da artisti, da tempo non sono più solo dominio del teatro; anche i musei e le gallerie sono diventati canali di presentazione, commercializzazione e collezionismo di opere performative e immateriali come quella di Byars, con grandi protagonisti da Vito Acconci a Marina Abramovic. Ma il modo di acquistare la performance sta cambiando. Se finora si comprava la documentazione (video e fotografie), o i cimeli rimasti dopo l’azione, adesso si sta affermando il collezionismo dell’azione vera e propria e si sperimentano diverse modalità di vendita. La stessa essenza della performance si sta modificando: è sempre meno autoreferenziale e sempre più rivolta al pubblico. Sempre più presenti nelle fiere da Frieze London alle italiane Artissima e Miart. In questo quadro si inserisce il lavoro di Marina Abramovic le cui quotazioni hanno toccato una punta massima nel 2014/2015 con ottime performance nelle aste internazionali ( il 52% negli Usa) e nelle sue gallerie di riferimento. Poi dopo una breve pausa di riflessione i prezzi hanno ripreso lentamente a crescere. Ad oggi – secondo Artprice – sono oltre 150 i passaggi in asta delle sue opere nelle diverse tipologie (oltre la metà foto delle sue performance e circa il 20% sculture) con una percentuale di venduto di circa l’85% e un fatturato che nel 2017 ha superato abbondantemente, solo nelle aste, i 100 mila dollari.
Gallerie: In Italia Marina Abramovic è rappresentata da Lia Rumma a Milano (02-29000101) e Napoli (081-19812354). All’estro lavora con Lisson di Londra e Sean Kelly di New York).
Prezzi: In galleria le sue opere si possono acquistare entro un range di prezzi che varia da 30 a oltre 150 mila euro, a seconda delle tipologie, delle tecniche, delle dimensioni e dell’anno di esecuzione. I prezzi dei lavori fotografici di medie e grandi dimensioni (soprattutto documentazioni delle sue performance) normalmente in edizioni di 7 o 9 tirature partono intorno ai 50/70 mila euro.
Top Price in asta: “Performance, Art must be Beautiful, Artist must be beautiful”, 1975 Fotografia, Ed. 3 / 16 (15 elementi), ha fatto fermare il martello del banditore a 327.040 euro (diritti compresi) da Christie’s a New York nel maggio 2015. Qualche anno prima, nel maggio 2011 “Chair for Non-Human Use”, 1996, una grande scultura (coated iron and clear quartz crystal) di 700 x 150 x 150 cm. è passata di mano sempre da Christie’s New York a 252.590 euro.
Immagine di copertina
Marina Abramovic meet Ulay
The Artist is present, 2012
Image source: news.artnet.com