Per il Centro tanto rumore per nulla? L’idea di costruire la Margherita 2.0 attorno all’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate Enrico Maria Ruffini fa discutere ma ha il sapore di un’illusione. Però gli interventi del padre dell’Ulivo Romano Prodi, che fiuta sempre il vento in anticipo e che non per caso è entrato nel mirino della premier Giorgia Meloni, non sono affatto banali e hanno il sapore di una svolta dagli esiti per ora indefiniti. Che cosa ha detto di nuovo il Professore di fronte al mare mosso dei cattolici democratici di cui è sempre il padre spirituale? Ha naturalmente smentito, come era ovvio che fosse visto il suo elevato standing, di voler riorganizzare in prima persona l’area cattolica del centrosinistra. E ha negato di aver mai pensato a un partito cattolico, ritenuto “impossibile e velleitario”. Ma per la prima volta ha detto una cosa molto importante: che il Pd di Elly Schlein è troppo sbilanciato a sinistra e non può pensare di rappresentare anche l’ala moderata del centrosinistra con una vocazione maggioritaria che oggi non sta più in piedi e che mortifica i cattolici ma più in generale i moderati della coalizione progressista.
Il Pd è “troppo sbilanciato a sinistra” per assumere una vocazione maggioritaria: serve una gamba di centro
Quelle di Prodi sono parole che pesano e che sembrano preludere a una svolta dalla quale può nascere la gamba di centro del centrosinistra. Chiamatela, se volete, Margherita 2.0 ma l’obiettivo è marciare divisi per colpire uniti il Governo di centrodestra e costruire l’alternativa. Ma sarà un centro esclusivamente cattolico come non era nemmeno la Margherita originaria o sarà un centro che sa aprirsi e unire anche le forze laiche da Renzi a Calenda ad altri cespugli? La prova del sangue, dal sapore un po’ confessionale, che Prodi fa a Matteo Renzi nel suo nuovo libro-intervista con Massimo Giannini “Il dovere della speranza, lascia qualche perplessità e sarebbe un peccato se la gamba di centro della coalizione progressista si chiudesse in una ridotta cattolica senza aprirsi ai laici. Prodi pone tre condizioni tassative per far rientrare Renzi nel campo largo: “La prima è che il peccatore ammetta di avere peccato, la seconda è che sia davvero pentito e la terza, la più difficile, è che si impegni a non peccare mai più”. Ci manca solo l’obbligo di portare il cilicio, ma francamente ripristinare la logica del confessionale nella laicità della politica non pare il modo migliore per allargare il campo del centrosinistra. Renzi avrà fatto i suoi errori e non rappresenta più del 2.5-3% dell’elettorato, ma condannarlo all’espiazione eterna non sembra una prova di lungimiranza da parte di chi vorrebbe allargare il campo senza dimenticare che la soglia del 51% per ora è solo un miraggio. Se non fosse che le parole di Prodi nascondono sempre un sottofondo di sottile ironia, non si capirebbe nemmeno la logica del doppiopesismo: perché Renzi deve espiare i suoi presunti peccati (ma quali sarebbero? Aver determinato l’elezione di Mattarella al Quirinale e aver defenestrato Conte da Palazzo Chigi aprendo le porte a Draghi sono meriti o sono colpe?)) e invece i Bersani, i Bonelli, i Fratoianni e soprattutto Giuseppi Conte no? Dai Cinque Stelle e dai Verdi affiorano spesso suggestioni filo-russe sulla guerra in Ucraina: chiudiamo gli occhi e facciamo finta di niente?
Senza una legge elettorale proporzionale non c’è spazio per il terzo polo: o di qua o di là
Ma, sia come sia, una cosa è certa ed è quella che il peccatore Renzi, al contrario dell’ondivago Calenda, ha capito per primo: se resta in vigore l’attuale legge elettorale che favorisce il bipolarismo, non c’è spazio per un terzo polo indipendente e devi scegliere da che parte stare. O di qua o di là. Renzi ha scelto il centrosinistra ma l’ostracismo livoroso, settario e soprattutto autolesionista, che nei suoi confronti alimentano la sinistra Pd, i Verdi e i Cinque Stelle, ha già provocato le sconfitte in Liguria e in Basilicata e può sempre mettere a segno clamorosi autogol. Del resto, lavorare per il re di Prussia è sempre stata un’attrazione fatale per l’ala massimalista della sinistra e Giorgia Meloni può solo rallegrarsene.