Tra i tanti commenti cortigiani e conformistici su Silvio Berlusconi politico e sugli altrettanti acritici antagonismi si distinguono le riflessioni pubblicate da “La Stampa” e al solito lucide e meditate di Marco Follini, prima alleato e poi avversario dello scomparso ex premier. Colpiscono soprattutto due giudizi di Follini su Berlusconi. Il primo è quello che lo ricorda come “mattatore della politica italiana” ma al tempo stesso “insofferente verso la stessa idea della politica, che quasi sempre un a fatica certosina e quasi mai un lampo improvviso”. Il secondo giudizio di Follini che merita attenzione è quello che rappresenta Berlusconi come “l’amico e il nemico del populismo italiano, l’amico senza volerlo e il nemico senza poterlo, l’amico senza convinzione e il nemico senza possibilità” con una “ambiguità tutt’altro che innocente che ora però presenta il conto”. Spiega infatti Follini: “Berlusconi si è fatto largo, forte anche di quel sentimento ansiogeno, che cominciava a serpeggiare ben prima di lui (e della sue televisioni) ma che lui stesso ha finito per cavalcare con una sorta di leggerezza”. Poi però “deve essersi accorto che quello stesso sentimento poteva diventare una belva difficile da domare” e ha cercato di “tirare le redini” ma l’argine era ormai saltato. Follini ha ragione: condivisibilissimi i suoi giudizi.