“Ieri in Bosnia e oggi in Ucraina” ha scritto domenica sull’Unità Marco Boato, politico di lungo corso e spesso controcorrente, in un intervento di rara intelligenza politica in cui ricorda la generosa battaglia degli anni ’90 di Alexander Langer. Il leader dei Verdi, finito purtroppo suicida, da appassionato operatore di pace si era convinto che per evitare il genocidio dei bosniaci e la tragedia di Srebrenica, non restava che un intervento militare sotto l’egida dell’Onu. Come “ieri in Bosnia, oggi in Ucraina” l’Occidente è di fronte a una scelta drammatica: tutti auspicano una soluzione diplomatica del conflitto ma la pace non piove dal cielo e talvolta, come in questo caso, passa anche dalle armi. “Se (in Ucraina) si continuasse – sostiene Boato – ad escludere il ricorso alla forza, si continuerebbe a lasciare libero il campo ai più forti e meglio armati”. Ecco perché, come ieri in Bosnia, oggi in “un intervento militare in Ucraina non è contro la pace, ma la premessa per realizzare infine un accordo diplomatico di pace”. Parole sante e chiarissime che fanno tesoro della nobile lezione di Langer di trent’anni fa e che speriamo facciano breccia anche nelle menti dei pacifisti a senso unico. Di certo Marco Boato merita un forte applauso.
Marco Boato, dare le armi a Kiev non è contro la pace ma è la premessa per un accordo diplomatico di pace
Come ieri in Bosnia, così oggi in Ucraina “un intervento militare non è contro la pace, ma la premessa per realizzare un accordo diplomatico di pace”: è quanto ha scritto Marco Boato sull’Unità, in un intervento di rara intelligenza politica che si rifà alla lezione di Alexander Langer degli anni ’90