Di fronte al declassamento dell’Italia da parte di Moody’s, alla levata di scudi dei mercati finanziari e soprattutto all’impennata dello spread Btp-Bund, e di fronte alla lettera della Commissione europea al Governo per la “deviazione senza precedenti” della manovra di bilancio italiana dai parametri europei, ieri il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha tentato ancora una volta un’operazione di elementare saggezza.
Tria ha proposto di abbassare il rapporto deficit/Pil dal 2,4 al 2,1% anche nel 2019 e di metterlo per iscritto nella lettera di risposta alla Commissione europea. Ma niente da fare. il vicepremier grillino, Luigi Di Maio, si è immediatamente opposto e l’altro vicepremier, il leghista Matteo Salvini, si è accodato.
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“Il 2,4% non si tocca” è il mantra di un Governo che rischia di portare l’Italia a sbattere contro il muro ma tant’è. Non solo, oltre a finire in minoranza, Tria è stato praticamente commissariato nel senso che Di Maio e Salvini hanno chiesto e ottenuto – senza che il premier Conte battesse ciglio – di rivedere il testo della lettera che sarà inviata a Bruxelles prima di essere licenziarla ufficialmente.
C’è da domandarsi se, prima o poi, Tria non deciderà di trarne le conseguenze come aveva pensato di fare dopo essere stato sconfessato in occasione del varo della manovra. Allora fu il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a pregarlo di non dimettersi ma in queste umilianti condizioni Tria non potrà durare a lungo.