“Sono molto soddisfatto, la manovra è migliorata senza toccare i saldi”. Silvio Berlusconi cerca toni rassicuranti, ma la seconda versione della finanziaria d’agosto ha avuto ancor meno successo della prima. La misura più controversa stavolta è quella che modifica i requisiti per ottenere la pensione d’anzianità, escludendo dal calcolo il riscatto del servizio militare obbligatorio e degli anni passati all’università. “Un furto di diritti acquisiti”, secondo il Sindacato dei medici italiani, che si dice pronto alla mobilitazione. Dopo aver speso in media una decina d’anni fra corsi di laurea e specializzazioni, i camici bianchi sono i più colpiti dal nuovo provvedimento. Ma non sono gli unici. Per il sindacato dei poliziotti la nuova norma “penalizza chi ha servito lo stato assolvendo agli obblighi di leva”.
Le parole più pesanti arrivano però dal segretario della Cgil, Susanna Camusso, che definisce “un golpe” l’ultima stangata sulle pensioni e conferma lo sciopero generale del 6 settembre. Ma il nuovo caso sembra aver ricompattato l’intero fronte sindacale: adesso sono sul piede di guerra anche Cisl e Uil. Il sindacato di Luigi Angeletti minaccia perfino uno “sciopero generale del pubblico impiego”.
L’altro fronte caldo aperto dall’ultimo vertice di Arcore è proprio quello relativo al contributo di solidarietà per gli statali, che non è stato toccato. In effetti l’intervento era previsto nella manovra varata addirittura nel luglio 2010, quindi non ha nulla a che vedere con gli emendamenti da scrivere per il nuovo provvedimento. Tuttavia i magistrati hanno colto l’occasione per attaccare un prelievo che considerano “iniquo e incostituzionale”, stando alle parole di Luca Palamara, presidente dell’Anm. Rimane escluso dallo stralcio della supertassa anche il prelievo imposto sulle pensioni d’oro, stabilito nella manovra dello scorso luglio.
Insomma, invece di ridursi i problemi per il Governo si moltiplicano. Per calmare le acque Pdl e Lega potrebbero decidere di stralciare dalla manovra l’ultima norma sulle pensioni. In questa direzione andrebbe l’incontro di oggi fra i ministri Calderoli e Sacconi, che potrebbero decidere per una clamarosa retromarcia ad appena 48 ore dall’intesa. A quel punto tornerebbe sul tavolo l’ipotesi di alzare dal 20 al 21% l’aliquota ordinaria dell’Iva, una misura che garantirebbe perlomeno 5 miliardi.
Sono conti che la maggioranza deve fare con attenzione, perché quello dei saldi è certamente il guaio più serio. Con le ultime modifiche, nella manovra si è aperta una voragine. Secondo i calcoli della Ragioneria, manca all’appello una cifra compresa fra i 4 e i 6 miliardi di euro. E il tempo stringe. Ormai in Senato, dove sono arrivati circa 1.300 emendamenti, si entra nel vivo delle votazioni. Se non si riuscisse a chiudere la falla al più presto, l’incubo di una terza manovra potrebbe diventare realtà.