Il Governo sta mettendo a punto la manovra di bilancio che entro la settimana prossima – come ha assicurato il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia – arriverà in Parlamento. Al di là delle singole misure su cui molto si è discusso e molto si discuterà (a suon di emendamenti), l’impianto generale della legge inizia ad assumere contorni definiti. Cosa c’è da aspettarsi? Ne abbiamo parlato con Fabrizio Galimberti, ex chief economist del ministro del Tesoro, Nino Andreatta, economista dell’Ocse e responsabile dell’Ufficio studi della Fiat, nonché editorialista del Sole 24 Ore.
Dottor Galimberti, la manovra è davvero “espansiva” come sostiene il Governo?
«La risposta non è facile. Espansiva o restrittiva rispetto a che cosa? Prendiamo quella variabile cruciale che è il saldo del bilancio primario strutturale. Se questo saldo migliora vuol dire che la manovra è restrittiva, perché il bilancio assorbe più risorse dall’economia di quante ne dia. Se invece il saldo peggiora, la manovra è espansiva. Ebbene, questo saldo peggiora di circa mezzo punto di Pil, per cui siamo di fronte a una manovra espansiva».
Cosa manca secondo lei?
«Nella manovra manca quell’elemento non tangibile ma essenziale che è la fiducia. Gli effetti di una manovra non si valutano solo sulle singole misure, ma soprattutto sulla sua capacità di infondere fiducia agli operatori. I mercati credono a questa manovra, ma non siamo certi che ci credano anche i cittadini. Ed è la loro propensione alla spesa che influenza in modo decisivo l’andamento del Pil».
Bruxelles ha espresso dubbi sui saldi. Vista la quota di coperture affidata alla lotta all’evasione (oltre 7 miliardi, somma giudicata irrealistica da Bankitalia e Corte dei Conti), nel 2020 rischiamo l’ennesima manovra-bis?
«È lecito avere dei dubbi sul gettito delle misure anti-evasione, però bisogna ricordare che non abbiamo completamente prezzato il risparmio della spesa sugli interessi sul debito pubblico, che è più consistente di quanto sia indicato per ora nella manovra».
Sull’Iva si poteva agire diversamente?
«Dal punto di vista teorico avrebbe avuto senso aumentare l’Iva senza aumentare però la pressione fiscale, riducendo allo stesso tempo le imposte dirette. Ma dal punto di vista politico è chiaro che non si poteva fare. Quindi in astratto si può dire che è stata un’occasione mancata, ma se si scende dalla dimensione astratta a quella reale di questo tempo e di questo Paese… Direi che non si poteva fare altrimenti».