La norma che prevedeva la liberalizzazione delle professioni, inserita nel pomeriggio di ieri all’interno del decreto legge sulla manovra finanziaria, è stata ritirata in serata. Il Governo ha ceduto alla maggioranza, in cui si agitavano molte voci contrarie. Particolarmente forte il dissenso di avvocati e notai, che sono moltissimi fra i parlamentari, soprattutto nel Pdl. La norma prevedeva l’abolizione dell’ordine professionale e l’annullamento dell’obbligo di esame di stato. L’accesso alla professione sarebbe avvenuta tramite semplice tirocinio.
Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense, ha espresso la sua preoccupazione: “Tali norme minerebbero la difesa tecnica e provocherebbero la demolizione del sistema ordinistico e del controllo deontologico, a scapito dei cittadini e dei professionisti più giovani”. Anche i rappresentanti degli altri ordini si sono dichiarati poco favorevoli. E in serata è arrivato il dietrofront: articolo ritirato e sostituito da un comma più generale che concede al governo l’onere di formulare alle categorie “proposte di riforma in materia di liberalizzazione”.
Scontro anche sulla proposta di introdurre l’incompatibilità assoluta degli incarichi di parlamentare e consigliere regionale con quello di sindaco e presidente della Provincia. Parlamentari contrari e vita breve anche per questa proposta: l’emendamento salta, nessun vincolo al cumulo di incarichi come nessuna liberalizzazione delle professioni. Per ora.