Chissà se Giorgia Meloni ha potuto utilizzare i pochi giorni di vacanza per chiarirsi alcune idee di fondo sulla strategia politica e finanziaria da adottare per far cambiare passo al nostro paese, cioè per abbandonare oltre un ventennio di stagnazione e tornare a crescere almeno quanto o migliori partner europei.
In vista dell’apertura della discussione sulla nuova legge finanziaria tra i partiti di governo e tra la maggioranza e l’opposizione, compresa quella sindacale dominata da un Landini particolarmente attivo nel puntare a più tasse e più sussidi, sarebbe importante che la presidente trovasse il tempo di dare un’occhiata al libro che Salvatore Rossi (ex direttore generale di Banca d’Italia e attuale presidente Tim) ha dato recentemente alle stampe presso il Mulino intitolato “Breve racconto dell’Italia nel mondo, attraverso i fatti dell’economia“. Meglio sarebbe se anche i suoi ministri che si occupano di economia come Giorgetti e Urso, dedicassero qualche ora a leggere questo agile libro che non ha ambizioni politiche esplicite, ma che spiegando in maniera divulgativa alcune cifre fondamentali della nostra economia, finisce poi per dare delle indicazioni molto chiare su quali dovrebbero essere le priorità da affrontare per poter ricollocare l’Italia in una diversa posizione nel mondo, un mondo peraltro che sta attraversando una rapida fare di di trasformazione.
Per contro la discussione che si sta affermando tra le forze politiche e sociali su come dovrebbe essere impostata la prossima legge di bilancio sembra ancora una volta basarsi sul solito vecchio schema su chi riesce a strappare qualche soldo in più per le proprie corporazioni di riferimento, magari pretendendo da Bruxelles un atteggiamento morbido sul deficit di bilancio. È uno schema che ha già dimostrato di essere fallimentare.
Manovra di bilancio: il problema centrale della nostra economia non è ridurre la pressione fiscale o riformare le pensioni ma fare riforme che incrementino la produttività
Il problema per la nostra economia non sta tanto nella immediata riduzione della pressione fiscale per i lavoratori (che sarebbe certo utile se fatta in un contesto di riforma complessiva del fisco), o nella riforma delle pensioni, ma sta nell’impostare alcune riforme che consentano un rapido incremento della nostra produttività complessiva. In altre parole il problema del lavoro non si deve affrontare partendo dal salario minimo o da uno sgravio fiscale sulle tredicesime, ma su un cambiamento profondo del sistema delle relazioni industriali, sull’attivazione di politiche attive del lavoro per dare formazione adeguata ai lavoratori in uscita da produzioni obsolete, e magari favorire, anche con qualche incentivo mirato, l’incontro tra la domanda e l’offerta.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’informazione sempre più spettacolarizzata , l’Italia non è un paese di straccioni o di lavoratori poveri. Ci sono certamente casi di reddito insufficiente, ma, come sottolinea Rossi, il nostro paese che per popolazione è il venticinquesimo al mondo, per livello di PIL si colloca al decimo posto. Abbiamo una bilancia dei pagamenti in attivo e siamo creditori verso il resto del mondo. Abbiamo dei difetti molto grandi che non si riesce da tanto tempo ad aggredire. Il libro di Salvatore Rossi ne cita sei ognuno dei quali raggruppa molteplici fenomeni. Sono tutti importanti, ma due mi sembrano fondamentali per poter dare un segnale immediato, già con la prossima legge di bilancio di un cambio di passo: si tratta di fare in modo che i risparmiatori di tutto il mondo (italiani compresi) possano nutrire maggiore fiducia sul futuro del nostro paese e sulle politiche del governo. In questo modo si abbasserebbero i tassi d’interesse che paghiamo sul nostro debito (almeno un punto in più della Spagna), mentre la maggiore credibilità potrebbe anche far aumentare gli investimenti diretti dall’estero che ci vedono su un livello molto basso. E sicuramente mosse estemporanee come quelle di tassare i “super profitti“ delle banche non giovano certo ad aumentare la fiducia degli investitori. Per farlo occorre che la legge di bilancio non solo rispetti i parametri europei, ma anche che le spese non siano solo regali alle varie clientele ma servano a modificare aspetti strutturali del sistema.
La seconda questione cruciale sta nella necessità di dare segnali importanti per far crescere la dimensione delle imprese italiane che sono troppo piccole per poter affrontare gli investimenti nelle innovazioni tecnologiche che stanno investendo a getto continuo i sistema più sviluppati e nello stesso tempo affrontare da protagonisti i problemi del mercato globale. Una globalizzazione che sta cambiando, ma è tutt’altro che morta e comunque va sostenuta perché il ritorno a politiche protezionistiche entro i ristretti confini dei vecchi stati sarebbe un guaio per milioni di lavoratori.
Salvatore Rossi, oltre ad essere un valente economista, ha una vena divulgativa particolarmente utile nel nostro paese dove sull’economia e la finanza si dicono mostruosità che poi sfociano in politiche sbagliate perché invece di aggredire il male alla radice si limitano ad affrontare qualche sintomo spesso con scarso successo e comunque ingarbugliando ancora di più il sistema complessivo. Negli ultimi tempi la Meloni sembra tornare alla sua vecchia ideologia statalista, corporativa e autarchica. Forse qualche buona lettura potrebbe darle il coraggio di fare qualcosa di veramente innovativo.