Il 24 novembre è stato pubblicato il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) che illustra le principali linee di intervento della manovra di finanza pubblica che verranno inserite nella legge di bilancio per il 2023 e che è il documento chiave che viene trasmesso per una valutazione alla Commissione Europea.
In vista dell’avvio di oggi del percorso parlamentare della Manovra di bilancio, l’Osservatorio sui Conti Pubblici (Cpi) diretto dal professor Giampaolo Galli ha analizzato il provvedimento, lodandone la prudenza, chiarendone alcuni punti, ma ponendo anche in evidenza alcuni punti più controversi.
Il giudizio dell’Osservatorio Cpi sul Documento Programmatico di BIlancio
L’Osservatorio “apprezza la prudenza” con cui il documento valuta il quadro economico, prevedendo una crescita dello 0,6% nel 2023, e fissa l’obiettivo di bilancio al 4,5%, l’1,1% in meno rispetto al preconsuntivo 2022. “Questo obiettivo – fanno notare gli esperti – comporta un orientamento notevolmente restrittivo della finanza pubblica, in quanto il deficit primario, ossia al netto degli interessi, si riduce di oltre un punto di pil rispetto al 2022. Ancora più restrittivo (-1,3 per cento) risulta essere il bilancio primario strutturale, ossia al netto degli effetti dovuti ad un andamento economico in forte rallentamento”.
All’interno del Dpb viene indicato che quasi tutto l’extra deficit rispetto all’andamento tendenziale – in cifre 22 miliardi di euro – sarà utilizzato per far fronte ai rincari energetici. Tuttavia, fa notare l’Osservatorio “su un manovra lorda di 35 miliardi ben 13 miliardi” sono “dispersi in tanti rivoli corrispondenti ad altrettante promesse elettorali. Quelle risorse potrebbero rivelarsi preziose per usi alternativi”, considerando che gli aiuti coprono solo il primo trimestre del 2023 e che alcuni comparti (in particolare sanità, scuola e, in generale, pubblico impiego) potrebbero trovarsi in forte sofferenza dato che gli stanziamenti previsti sono di molto inferiori all’inflazione prevista.
Cosa c’è nel Documento Programmatico di BIlancio
L’Osservatorio fa notare come, nel capitolo coperture, ben 13,3 miliardi di risorse siano classificate come “altre entrate” (per 6,3 miliardi) e “altre spese” (per 7 miliardi), il che significa che le coperture per tutta la parte di manovra che non è finanziata in deficit non vengono chiarite. “È facile immaginare che questa sarà la prima cosa che chiederà la Commissione Europea” sottolineano gli esperti, che parla chiaramente di “tecnica di marketing politico”
Passando agli interventi, la voce di gran lunga più importante riguarda le misure contro il caro energia: 19,4 miliardi. Segue il taglio del cuneo fiscale che avrà un effetto importante solo nel 2023 (4,8 miliardi), mentre nel 2025 l’effetto della misura scenderà a circa 660 milioni. Le misure a favore delle famiglie valgono invece 937 milioni.
È interessante notare che, nonostante gli annunci, a “quella che è stata definita tregua fiscale si attribuisca un effetto negativo (per ben 1,117 miliardi) sul deficit del 2023. E che nel triennio 2023-2025, l’effetto netto del provvedimento è zero: le maggiori entrate del 2024 e 2025 (dovute al fatto che si consentono rateizzazioni quinquennali) compensano le minori entrate del 2023”, fanno notare gli economisti dell’Osservatorio.
Passando alla flat tax, provvedimento di bandiera della Lega, “sembrerebbe avere un’importanza molto limitata a regime”. Nel 2025, il costo per lo stato scende a 339 milioni di euro. Infine, per quanto riguarda le pensioni “si vede un segno meno, il che significa che la deindicizzazione delle pensioni medie e alte vale di più dell’insieme delle misure che sono state annunciate come importanti risultati di questa manovra: l’aumento (per il solo biennio 2023-2024) delle pensioni minime, la cosiddetta quota 103 e la proroga con modifiche di “Opzione donna”, sottolinea l’Osservatorio.
Come cambia il bilancio pubblico
Nel 2023 il totale della spesa pubblica (tendenziale) è pari a 1,053 miliardi di euro. Con la manovra, la spesa aumenta di 17,97 miliardi destinati quasi tutti agli aiuti contro i rincari energetici, cui si aggiungono 2,2 miliardi per i consumi intermedi (in gran parte, acquisti della sanità) e 2,1 miliardi di maggiori trasferimenti in conto capitale.
Sulle entrate si prevede invece una riduzione di 2,1 miliardi per lo più spiegate dalla riduzione dei contributi sociali. La pressione fiscale scende di 2,3 miliardi; in rapporto al Pil da 43,4% a 43,2%. “Si tratta di variazioni minime, che però si giustificano alla luce della considerazione che non sarebbe prudente andare oltre il deficit di 4,5 per cento. Malgrado tanto si sia detto negli ultimi anni contro questo dato di fatto, la realtà è che le risorse sono scarse”, conclude l’Osservatorio .