Azioni, obbligazioni, titoli di Stato, fondi d’investimento, conti titoli e polizze. Fatta eccezione per i fondi pensione e i fondi sanitari, praticamente tutti gli strumenti finanziari saranno colpiti dal rincaro sull’imposta di bollo stabilito dalla manovra Monti, che sostituisce quello introdotto l’estate scorsa dall’ex ministro Giulio Tremonti. Nessuna novità invece per conti corrente e conti deposito, che continueranno a pagare i tradizionali 34,2 euro. Ad alcuni piace chiamarla “patrimonialina“, ma non al premier, che per ragioni strategiche ha scelto di non pronunciare mai il termine della discordia, invocato a sinistra e aborrito a destra.
Quanto al gettito, lo Stato dovrebbe ricavarne 2,6 miliardi nel 2012 e 4,7 miliardi nel 2013, a fronte di una base che si aggira complessivamente sui 1.900 miliardi (secondo i dati di Bankitalia), vale a dire oltre la metà del patrimonio mobiliare delle famiglie (gli altri 1.250 miliardi sono parcheggiati in conti correnti e conti deposito). Una volta a regime, la misura dovrebbe comportare un incasso di circa tre miliardi l’anno.
L’aliquota sarà dello 0,1% per il primo anno, dello 0,15% dal secondo in poi, ma i calcoli saranno effettuati in misura proporzionale all’investimento e, dove possibile, sul valore di mercato, piuttosto che su quello nominale o di rimborso. In ogni caso, ci sono dei limiti ben precisi: il valore del bollo dovrà essere compreso fra un minimo di 34, 20 euro e un massimo di 1.200 euro.
Con un prelievo dell’un per mille, questo significa che pagheranno più del minimo soltanto gli italiani che hanno investito più di 34 mila euro. E’ prevista anche una soglia d’esenzione, che nella versione definitiva della manovra rimane fissa a mille euro (mentre nella prima bozza si parlava di un innalzamento a quota cinquemila). Il ricavato sarà versato all’Erario direttamente dalle banche, che dovranno calcolare l’entità complessiva dei prelievi sommando le aliquote sui vari strumenti finanziari detenuti da ogni singolo cliente.