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Manovra 2024, spunta una terza rata Imu: ecco chi rischia di pagare di più e perché

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Spunta una terza rata Imu in un emendamento alla legge di Bilancio. Chi ha versato o sta per versare la seconda rata, in scadenza il 18 dicembre, potrebbe essere costretto a pagarne una terza entro il 29 febbraio, senza sanzioni e interessi, se dall’applicazione delle nuove aliquote deriverà una differenza positiva. In teoria potrebbe trattarsi anche di un rimborso, se la differenza è negativa, ma viste le condizioni delle finanze comunali nessuno ci crede.

L’emendamento è sbucato a sorpresa ieri , mercoledì 13 dicembre, nel pacchetto di emendamenti dei relatori della maggioranza. A depositarlo, in commissione Bilancio, sono stati i relatori di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. L’emendamento concede ai Comuni più tempo per stabilire le aliquote, specificando che, “solo per il 2023, le delibere saranno valide se inserite nel portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre. Il termine per la pubblicazione è spostato al 15 gennaio 2024”, si legge nel testo.

Terza rata Imu: chi dovrà pagarla? E perché?

La “buona” notizia (se così si può dire) è che le aliquote sono già quasi tutte al massimo: 10,6 per mille o 11,4 per mille nei centri che avevano deciso e confermato la maggiorazione Tasi fino al 2019. Attenzione, però, ci sono circa 200 municipi che hanno pubblicato la delibera dopo il 28 ottobre: in questo caso la decisione non è valida, ma l’emendamento potrebbe cambiare le carte in tavola per evitare il rischio di un ammanco di cassa. Si tratta di Comuni, compresi piccoli centri e località più grandi come Arezzo e rinomate come Portofino.

La protesta dei consumatori

La decisione del governo che rischia di far pagare più tasse ai cittadini si scontra con la lunga storia di battaglie a difesa della casa, considerata un bene “sacro” dagli italiani, da parte del centrodestra e soprattutto di Silvio Berlusconi.

Le associazioni dei consumatori protestano, definendo vergognoso il concedere più tempo ai Comuni ritardatari, calpestando i diritti dei contribuenti. Alcune criticità riguardano la mancata garanzia dei 60 giorni tra la comunicazione e il saldo, come previsto dallo Statuto del contribuente. Staremo a vedere.

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