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MANAGEMENT DELLE UTILITIES E DELLE INFRASTRUTTURE – Rinascimento dell’idrico a tre condizioni

Dopo gli anni “oscuri” (o forse, più propriamente “confusi”) del post-referendum, il settore idrico sta vivendo una rinascita che ne potrebbe effettivamente determinare un ampio rilancio con impatti positivi sull’industria italiana, sui consumatori e sul Paese nel complesso. Le note seguenti hanno lo scopo di suscitare un dibattito sulla Rivista ove saranno ospitati qualificati contributi tesi a rilanciare efficacemente il sistema.

Dopo molti anni di discussioni e di contrapposizioni politiche, troppo spesso improduttive e che comunque hanno avuto l’effetto principale di rallentare, se non di congelare tutto per diversi decenni, è probabile che ora ci si avvii verso un nuovo periodo di crescita e di modernizzazione in cui un ruolo rilevante lo potrebbero giocare una serie di nuove tecnologie abilitanti. Si pensi, ad esempio, al ricorso alle ICT – Information and Communication Technologies – nei sistemi di controllo delle reti e di programmazione nella gestione dei servizi idrici nelle varie fasi.

Il tema dell’idrico non è certo nuovo per la nostra Rivista; si veda al proposito gli articoli in appendice. La Rivista ha contribuito al dibattito sostenendo in periodi non sospetti – si veda ad esempio l’editoriale nel numero 3/2009 dal titolo “Riforma dei servizi idrici. Nota per discussione” – la necessità di assegnare all’AEEG il compito di regolare il settore, modificando significativamente l’inefficace architettura del sistema di governo costruito a seguito della legge Galli.  Non che gli obiettivi della Legge Galli fossero disprezzabili, anzi. Incerta e contraddittoria ne è stata la applicazione: per circa un ventennio il comparto è stato caratterizzato da un assetto normativo poco chiaro, ampiamente basato sul ruolo delle amministrazioni locali e sulle AATO che in molti casi non sono state efficienti come auspicato. A ciò si aggiungano sia la mai risolta scarsa trasparenza del settore, fino a pochi anni fa addirittura sconosciuto per circa il 30%; sia le allegre gestioni che hanno messo in seria difficoltà economico-finanziaria non poche aziende.

Il Referendum del 2011 ha creato una condizione ancora peggiore, se mai possibile, soprattutto annullando la possibilità di remunerare gli investimenti e, di conseguenza, allontanando gli investitori privati ma pure ponendo in difficoltà gli operatori pubblici. Non dimentichiamo che il modello di finanziamento delle opere basato su risorse tratte dalla tassazione si è da anni di molto contratto per l’appesantimento o il dissesto dei conti pubblici italiani (ma il fenomeno non è isolato nel nostro Paese) e oggi è in pratica perseguibile solo in limitate circostanze.

Ma quando sembrava di avere raggiunto il fondo, e forse grazie a questo colpo apparentemente letale, sono emerse le forze per rilanciare il sistema. A sbloccare la situazione è nel 2011 il Governo Monti: dirimente è la decisione di procedere alla auspicata estensione anche all’idrico del potere regolamentare della Autorità per Energia Elettrica e il Gas (AEEG) – ente molto apprezzato e rispettato anche a livello internazionale – provvedendo pure ad aggiornare il nome in AEEGSI dove SI sta per Sistema Idrico appunto.

Da quella decisione ad oggi l’Autorità ha fatto molti importanti passi, innanzi tutto organizzandosi opportunamente, poi aumentando la trasparenza del settore e quindi introducendo nuovi principi tariffari per favorire gli investimenti e una migliore gestione.  Dopo un periodo di sperimentazione che si è sviluppato tra il 2012 e il 2015, a partire dal 2016 inizierà un nuovo periodo regolatorio molto delicato e rilevante che influenzerà profondamente l’andamento futuro del settore. Nell’agosto 2015 è stato emesso il documento di consultazione a tal proposito che pare affrontare in modo coerente le sfide.

Una nuova ondata di investimenti?

Tutto ciò consentirà di fare ripartire i tanto auspicati investimenti? Le società idriche stanno pianificando di investire a breve diversi miliardi di euro (4 o 5) in infrastrutture per modernizzare ed estendere le capacità impiantistica e infrastrutturale del settore e le prestazioni. Un ruolo significativo lo avranno le nuove tecnologie. Nei prossimi 25/30 anni si stima un fabbisogno complessivo di circa 70 miliardi di euro.  L’effettiva realizzazione di tale ingente piano sarà in gran parte determinata dalle scelte e dalle decisioni dell’Autorità anche se poi dovranno esserci corrispondenti capacità delle imprese di realizzare efficacemente e concretamente le opere senza dispersione o spreco di risorse come troppo spesso è avvenuto (si pensi ai depuratori mai finiti o a nuove reti da anni non utilizzate).  Ma uno specifico è il tema che qui ci interessa: i considerevoli impieghi finanziari prospettici impongono corrispondenti disponibilità che devono venire principalmente da fonti private poiché, come detto, la pubblica amministrazione non avrà risorse sufficienti.  Pur essendo in evoluzione, da una nostra indagine informale emerge che gli investitori nazionali e internazionali sono ancora scettici sul sistema idrico italiano e tendono a preferire altre opportunità come quelle nel Regno Unito. Essi ammettono che la AEEGSI sia altamente credibile e abbia una fama all’altezza della situazione ma riconoscono anche l’esistenza di una serie di aspetti che oggi limitano le potenzialità di intervento.

Di seguito ne riportiamo alcuni sottolineando come essi abbiano natura sia regolatoria che riferita ad elementi strutturali del settore.  1. La remunerazione del capitale investito.  La sostanziale soluzione del problema generato dal citato Referendum certamente aiuta. È evidente che un sistema di remunerazione del capitale impiegato chiaro, trasparente e incentivante è un presupposto fondamentale affinché investitori di debito nazionali ed internazionali inizino a considerare l’opportunità.  2. Profili regolatori. Ciò che rileva per l’investitore.  Centrale è, tuttavia, il sistema regolatorio.

Di seguito si riporta un elenco non certo esaustivo ma semplicemente esemplificativo di alcuni aspetti che influenzeranno le scelte di investimento degli operatori finanziari ovvero, detto in altri termini, che incidono sulla bancabilità dei progetti di sviluppo. Quanto segue si fonda sull’opinione espressa da alcuni primari operatori finanziari; va detto che la Autorità si è mossa molto efficacemente nei mesi scorsi, in costante collegamento con le imprese al fine di varare regole che siano efficaci nel concreto.

a. Importante è la messa a fuoco della (o delle) convenzione- tipo che chiarisca in tutti gli aspetti la relazione tra concedente e concessionario, cioè il gestore. È evidente come tale convenzione sia fondamentale per una corretta profilazione delle varie tipologie di rischio da parte dei soggetti finanziatori. La AEEGSI ha già emesso due documenti di consultazione e dovrà fissare i criteri di massima che le EGATO (Enti di Governo degli ATO che sostituiscono le AATO) dovranno seguire. Alcuni temi rilevanti sono di seguito esposti e includono questioni già affrontate nei mesi scorsi circa le modalità di applicazione delle Tariffe. Come l’Autorità ha ben presente, gli obblighi tariffari devono (insieme ad altri fattori, come la qualità del servizio) ben integrarsi nelle convenzioni-tipo.

b. Un punto che richiede un varo definitivo è il limite dell’oggetto delle attività idriche incluse nella regolazione, ricordando ad esempio che per i servizi post-contatore e per le acque meteoriche esistono alcune residue incertezze.

c. Per gli investitori, rilevante è limitare l’esposizione al rischio di domanda (riferita ad un eventuale calo dei volumi idrici). Ma anche di rilievo sono sia un efficace automatismo di aggiornamento della RAB e degli Opex sulla base di un adeguato indice di inflazione, sia un chiaro, idoneo e poco burocratico meccanismo di selezione e di approvazione degli investimenti ai fini del riconoscimento nella RAB.

d. Molti sottolineano anche il tema della valutazione degli assets in caso di subentro e, più in generale, del processo di subentro a conclusione delle concessioni. L’Autorità sta dedicando molta attenzione al tema e dovrà anche fissare i criteri di determinazione del valore residuo degli assets. Qui è fondamentale un approccio chiaro ed equanime che è quello che effettivamente è stato proposto.

e. Non irrilevante è anche l’esistenza e la dimensione dei meccanismi di “profit sharing” che consentano agli operatori di trarre vantaggio dalle efficienze da essi realizzate in un determinato periodo regolatorio anche in periodi successivi. Ciò incide sulla redditività ma anche sulla capacità di rimborso dei finanziamenti.

f. Appare anche importante l’introduzione dei sistemi premi/ punizioni rispetto al raggiungimento degli obiettivi, ivi inclusa la riduzione delle perdite o la adozione di tecnologie abilitanti. Sul punto, un primario operatore internazionale ci segnala che nel nuovo periodo regolatorio in Inghilterra è previsto un sistema di “rewards/penalties” riferito al raggiungimento di determinati obiettivi: le penalties introducono un elemento di potenziale downside al WACC regolatorio, riducendo la visibilità dei flussi di cassa. Tale approccio è, credo, applicabile fin d’ora al caso   italiano; in effetti la AEEGSI lo prevede, lasciando forse troppo ampio spazio agli EGATO, mentre sarebbero forse utili delle linee-guida comuni di riferimento.  Insomma, la fase è delicata e il documento di consultazione sul prossimo periodo regolatorio riassume un po’ tutti i punti critici su cui si è lavorato nei mesi scorsi. Ma certo, nell’ottica del finanziatore una buona regolazione non basta: emergono infatti rilevanti i profili strutturali del settore e quelli comportamentali delle imprese.

I profili strutturali: importante è la crescita delle dimensioni aziendali  Altro tema nella prospettiva dell’investitore, non certo disgiunto da quello regolatorio anche per le normative che incentivano i processi di aggregazione, riguarda la struttura del settore idrico. Essa si caratterizza per la coesistenza: delle quattro grandi multiutility (A2A, Iren, Acea e Hera) presenti nell’idrico in modo diverso ma comunque significativo; di alcuni medio-grandi operatori monoutility (ad es: AQP, Abbanoa, Cap o Smat) con storie e genesi distinte ma tutti fortemente focalizzati sul comparto in esame; e di una ampia serie di operatori minori alcuni dei quali attivi in territori molto particolari (si pensi ad esempio agli operatori dei territori montani che spesso dispongono di risorse idriche di ottima qualità a costi bassissimi), ma altri certamente sottodimensionati per una gestione efficiente.  Circa l’accesso ai mercati finanziari, per le grandi multiutility non esistono problemi: esse hanno storia, dimensioni, flussi di cassa che consentono di operare a livello nazionale e internazionale. I secondi si stanno attrezzando al fine di raccogliere mezzi finanziari a costi competitivi (ad esempio, AQP da tempo e Smat più recentemente stanno ricorrendo al rating). Gli operatori minori, infine, hanno certamente maggiori difficoltà di accesso ai mercati finanziari anche se vanno segnalate alcune interessanti iniziative di collaborazione tra operatori non grandi come quella di Viveracqua (si veda: Trolese, F., “Viveracqua: un progetto innovativo di integrazione delle gestioni del servizio idrico integrato in Veneto”, in Management delle Utilities e delle Infrastrutture, 02/2015). Da vedere positivamente sono anche le collaborazioni tra grandi operatori e piccoli: questi ultimi avrebbero la possibilità di accrescere le loro capacità senza con ciò perdere i margini di autonomia.

La modifica della struttura del settore nel senso della aggregazione degli operatori è comunque un tema rilevante al fine dei finanziamenti ma anche per l’efficienza complessiva. La crescita dimensionale, oramai è fatto scontato, ha impatti sulle economie di scala e di scopo. Tale concentrazione potrebbe avvenire attraverso un consolidamento forzoso a livello di EGATO. Il modello Thatcheriano si basò proprio su un’azione del genere che diede vita a una dozzina di grandi aziende, poi privatizzate. Non apparrebbe insensato da moltissimi punti di vista immaginare la presenza nel nostro Paese di una quindicina di imprese idriche di medio-grandi o grandi dimensioni anche se qualche cosa di simile appare oggi improbabile nel nostro contesto. Da tempo, tra l’altro, sosteniamo la necessità per il nostro Paese che si sviluppi un operatore con capacità e dimensioni tali da espandersi nei mercati internazionali ove la domanda dei servizi in esame è in significativa crescita (si veda ad esempio: Gilardoni, A., “Un Campione Nazionale nell’idrico? Strategie di crescita tra logiche industriali e referendum: la parola a Paolo Romano”, in Management delle Utilities, 02/2012).  L’AEEGSI segue la dinamica aggregativa del settore. Nella relazione annuale del 2014 presentata nel luglio del 2015, ha indicato gli aggiornamenti circa i cambiamenti nella EGATO ma che, a nostro parere, dovrebbero essere più significativi ed estesi. Non sembrano invece particolarmente efficaci i provvedimenti della Legge di Stabilità del 2015 che offrono una serie di incentivi (allungamento delle concessioni, esonero dal patto di stabilità, assegnazioni prioritarie di fondi pubblici, snellimento delle procedure di approvazione da parte dei Comuni) e che si affiancano ad altri che hanno avuto modesta applicazione (ad esempio, la richiesta sistematicamente disattesa alle Regioni di indicare i bacini con dimensioni economicamente efficienti). Insomma, questa staticità rispetto ai provvedimenti oggettivamente di rilievo porta taluni a evocare azioni coercitive (ad esempio il modello Thatcher) che tuttavia sembra siano agevolmente opponibili e comunque non efficaci.

I profili gestionali

Un cenno, infine, agli aspetti gestionali. Una ottima regolazione può essere vanificata da gestioni inadeguate o irresponsabili, o addirittura governate o, meglio, influenzate dalla criminalità organizzata. Dal punto di vista dell’investitore, conta moltissimo la capacità delle imprese di gestire i processi di investimento (sono adeguate le nostre aziende in tal senso?) ma anche la capacità di riscossione e, comunque, tutta la gestione del ciclo attivo (dalla misurazione dei consumi, alla emissione di fatture corrette, alla riscossione tempestiva, ecc.). Anche imprese non piccole hanno gravi deficienze da questi punti di vista, spiegate ma non giustificate, anche dall’elevata complessità dei processi.  Spesso assenti, per la sostanziale posizione di monopolio, sono le capacità di marketing, ivi inclusa l’erogazione di migliori e nuovi servizi ai clienti anche e soprattutto post-contatore; anche l’idrico dovrebbe muoversi nel sentiero tracciato dall’elettrico ove lo sforzo di cambiamento delle imprese è stato ed è certamente significativo. Ma anche tutta la manutenzione delle reti è spesso operata in modo molto costoso e   non controllato, così come ancora troppo frequenti sono le assunzioni clientelari e le nomine ai vertici di esponenti politici senza nessuna capacità di gestione. Anche qui un cambiamento è in atto ma va accelerato e diffuso su tutto il territorio.  Per gli investitori quanto detto è importante e spesso è una delle ragioni che spinge a richiedere ad alta voce la privatizzazione nella convinzione che un management non condizionato dal sistema politico possa gestire meglio. Noi sappiamo che ciò non è vero e che, anzi, ci sono gestioni pubbliche molto efficaci, ma certo la prova di avere progredito negli aspetti del management è senza dubbio fondamentale.

Conclusioni

In conclusione, il nuovo rinascimento del settore idrico italiano sembra a portata di mano soprattutto per l’operato della AEEGSI ma non solo. Si tratta ora di proseguire con determinazione, anche promuovendo, con appropriate azioni di marketing, gli investimenti nel comparto da parte degli operatori internazionali. Regolazione e scala dimensionale sono i due fattori centrali. Se il meccanismo sarà avviato, si apriranno anche spazi per operazioni di finanziamento innovative e a costi contenuti come ad esempio quella creata in UK per il finanziamento del Thames Water Tunnel (la nuova super-fognatura di Londra), alla quale partecipano investitori infrastrutturali sia lato debito che equity; la RAB è remunerata anche in fase di costruzione; tempistica e dimensioni dell’investimento sono garantiti dai contractor (selezionati con meccanismo di asta) e il Governo garantisce in caso di default. O anche strutture di finanziamento più complesse come le HoldCo-OpCo structure, Whole Business Securitisation che permettono di raggiungere livelli di leva maggiori (90-95% Net Debt/RAB per massimizzare le efficienze finanziarie eccedendo il WACC regolatorio) che non sembrerebbero applicabili rimanendo gli assetti azionari in capo alle amministrazioni locali.

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