È una risposta parziale, ma utile per non far aumentare le proteste di governatori e sindaci. Il Governo ha stanziato i primi 100 milioni di euro per interventi urgenti nelle Regioni colpite dai recenti disastri idrogeologici. I soldi sono stati così assegnati: Abruzzo 1.685.410,82 euro; Basilicata 48.977,78 euro; Calabria 666.163,21 euro; Campania 2.357.094,62 euro; Emilia-Romagna 24.438.027,72 euro; Friuli Venezia Giulia 932.628,50 euro; Liguria 39.950.673,95 euro; Marche 156.786,97 euro; Piemonte 19.634.880,93 euro; Puglia 897.848,95 euro; Toscana 5.294.037,86 euro; Veneto 3.937.468,69 euro.
Il provvedimento è il primo di quelli richiesti dagli amministratori locali che, mentre facevano la conta dei danni, hanno dovuto insistere con Palazzo Chigi per fare presto per rimettere in piedi l’economia e i servizi. Il governatore della Liguria Giovanni Toti è stato tra i più decisi nel rimarcare l’emergenza e la necessità di pensare a mettere a posto i territori. Il segnale è arrivato e Conte e i ministri, invocando la normativa vigente, hanno annunciato prossimi decreti di sostegno al tessuto economico e sociale. I governatori ovviamente aspettano. In ogni caso bisognerà definire bene anche i fabbisogni per il ripristino delle strutture danneggiate. E il quadro generale non lascia tranquilli, poiché l’Italia resta un Paese poco sicuro. La pressione dal basso ha fatto si che il governo deliberasse l’estensione dello stato di emergenza ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto. Non sono state ancora definite, però, le modalità di rimborso ai cittadini, alle associazioni e alle attività produttive che hanno subito le conseguenze del maltempo. Anche su questo punto le Regioni non intendono aspettare tempi lunghi per orientare le persone e ricevere i sussidi.
Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, è stato il più veloce a commentare le misure post dissesto. Il 22 novembre, come Regione tra le più colpite, l’Emilia Romagna aveva sollecitato l’esecutivo a dare segnali operativi alla popolazione ed alle attività economiche. Non è rimasto deluso, mentre sa bene, anche come presidente della Conferenza Stato Regioni, che è aperta a livello nazionale la discussione su come prevenire i disastri e mettere l’Italia in sicurezza, una volta per tutte. In fondo anche per Conte se vuole essere credibile è questa la vera posta in gioco. Le buone dichiarazioni sulla messa in sicurezza – ambientale e idrogeologica – del Paese non hanno trovato riscontro in stanziamenti di bilancio.
Un provvedimento è in esame al Senato con inevitabili dibattiti su chi deve avere il potere e i soldi: la nomina dei commissari straordinari, i “ green manager “ per l’ambiente. I poteri dovrebbero andare agli stessi governatori per impegnarli sulla mitigazione dei territori e dei piani triennali di intervento. Ma ci sono aspetti burocrati da definire , come le valutazioni dei programmi da parte del Ministero dell’Ambiente, delle autorità di bacino o della cabina di regia interministeriale “Strategia Italia”.
Aspetti non secondari che sulla carta possono funzionare, ma che dinanzi a frane e alluvioni possono tramutarsi in intralci. Se ne discute secondo i tempi della politica e delle intese tra centro e periferia. Se ne parla ritenendo forse passata la fase più critica che in realtà, come sanno gli italiani, non passa mai: 16% di superficie compromessa, rischio idraulico in 7.275 su 7.983 comuni, 20% di soldi stanziati utilizzati a fine 2018. Emergenza strutturale è l’ossimoro più adatto.