“Dalla mia esperienza da sindaco di Roma sono uscito più povero di quando ho cominciato. Ho dovuto vendere una casa e fare un mutuo”. Queste le parole, pronunciate ieri sera a Porta a Porta, dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, travolto in questi giorni dalle accuse che lo vedono indagato per associazione di stampo mafioso nell’inchiesta giudiziaria “Mondo di mezzo”, che ha portato nei giorni scorsi all’arresto di 37 persone tra cui l’ex Nar Massimo Carminati e l’ex ad dell’Ente Eur Riccardo Mancini, e coinvolto in tutto un centinaio di esponenti politici e imprenditori locali in particolare per affari in gestione dei rifiuti, manutenzione del verde e campi nomadi. E mentre in Procura sono in corso i primi interrogatori di arrestati e indagati, Alemanno si è anche autosospeso dagli incarichi di partito in Fratelli d’Italia.
“Cara Giorgia, ti comunico la mia irrevocabile decisione di autosospendermi da tutti gli organi del partito, fino a quando la mia posizione non sarà pienamente e positivamente chiarita”, questo l’incipit della lettera indirizzata a Giorgia Meloni, leader del partito. La decisione dell’ex sindaco arriva in una giornata convulsa, colma di reazioni politiche al terremoto che ha squassato la Capitale e che ha portato a galla, tramite le parole del Procuratore capo Giuseppe Pignatone, l’esistenza di una “mafia capitale, tutta romana e originale, senza legami con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso e con cui si confronta alla pari”. Una mafia che “non ha una struttura precisa ma ha la capacità essenziale di creare equilibri tra mondi diversissimi tra loro”.
Le parole del magistrato inquirente hanno “sconvolto” anche il premier Matteo Renzi, intervenuto in serata su La7, dove si è detto appunto “sconvolto perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia mi colpisce molto. I politici romani devono fare una riflessione profonda. È per questo che ho accolto la disponibilità di Lionello Cosentino di fare un passo indietro dalla segreteria romana del Pd. Ho proposto il commissariamento nella persona del presidente del partito, Orfini”.
Il commissariamento della segreteria non è l’unica ripercussione che la faccenda ha nell’amministrazione pubblica romana, anche all’interno dell’attuale maggioranza di centro-sinistra. In serata, il sindaco di Roma, Ignazio Marino (la cui giunta e maggioranza risultano toccate dall’inchiesta) ha rimosso Italo Walter Politano, indagato, dalla direzione Integrità, Trasparenza e Semplificazione. Nell’ordinanza di rimozione di Politano firmata da Marino, si motiva il provvedimento con “la straordinarietà e rilevanza dei recenti eventi connessi alle indagini che hanno interessato anche strutture amministrative di questo Ente”. Le funzioni sono state assegnate al vice segretario generale, Luigi Maggio.
A 24 ore dagli arresti, si è dimesso anche Eugenio Patanè (Pd), ex consigliere comunale e presidente della commissione Cultura della Regione Lazio, indagato per associazione mafiosa. Martedì avevano lasciato l’incarico altri due esponenti democratici, l’assessore alla Casa Daniele Ozzimo (indagato) e il presidente del consiglio comunale di Roma Capitale, Mirko Coratti. Il deputato dem Roberto Morassut chiede addirittura che “il Pd romano azzeri le tessere” e scrive: “Sapevamo bene che tra il 2008 e il 2013 la destra predona aveva dissanguato il Comune, ma in questa inchiesta c’è il dolore per un coinvolgimento non irrilevante del Pd”.