Combattono la crisi con maggiori indici di sostenibilità e tracciabilità: le aziende del food italiane vedono la ripresa economica come una sfida per l’affermazione sui mercati dei marchi di qualità e di origine dei prodotti. Per ora il governo sembra essere dalla loro parte.
Nella incertezza generale sulla riapertura delle attività post coronavirus, i Ministri dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e delle Politiche agricole e alimentari, Teresa Bellanova hanno firmato la proroga al 31 dicembre 2021 dell’obbligo dell’indicazione di origine di alcuni prodotti.
Grano, riso e pomodoro, principalmente, nei prodotti trasformati, devono riportare dati a tutela dei consumatori. I due Ministri si sono fatti carico di prolungare un provvedimento che scadeva il 1 aprile, in riferimento ad un Regolamento europeo. In fondo è in Europa che si disputa la vera battaglia sull’agricoltura certificata, biologica, di origine controllata.
Un terreno di scontro politico dove l’Italia vuole giocare un ruolo, in chiave di green economy. Nessuna organizzazione dell’agroalimentare italiana intende rinunciare ai valori della buona agricoltura e della catena del valore che parte da sistemi di coltivazione e di cura dei terreni.
“L’Italia – hanno detto Patuanelli e Bellanova – si conferma all’avanguardia in Europa per la trasparenza delle informazioni al consumatore in etichetta. Non possiamo pensare a passi indietro su questa materia e per questo abbiamo deciso di andare avanti“. La partita europea deve, però, conciliarsi anche con il Green Deal approvato dal Consiglio europeo e con altre disposizioni sull’agroalimentare.
L’epidemia da Covid 19 obbliga, già ora, i Paesi a rivedere politiche e strategie di lungo periodo. E’ la prima ragione, dunque, per far slittare fino al 2021, il regolamento Ue sulle etichettature dei prodotti. “È una norma che non ci piace – dice chiaramente Teresa Bellanova – alla quale oggi, con tante imprese che producono imballaggi chiuse in Europa, è difficile adeguarsi”.
Le indicazioni sull’origine devono essere apposte con etichetta in un punto evidente, in modo da essere riconoscibili, leggibili ed indelebili. Per i prodotti italiani su grano e pasta devono continuare ad essere indicati il Paese di coltivazione del grano e quello di molitura, Paesi UE, Paesi NON UE, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese. Per il riso – altro prodotto di antica tradizione italiana-, l’etichetta deve riportare il Paese di lavorazione, quello di confezionamento, oltre all’origine.
Riguardo ai pomodori (quelli italiani, del Sud, sono i più richiesti sul mercato globale) le confezioni di derivati, sughi e salse prodotte, devono avere indicati il Paese di coltivazione del pomodoro e quello dove è trasformato e confezionato per la vendita. Un vantaggio, per l’oro rosso coltivato e confezionato in Italia, tuttavia, c’è: basta un’etichetta con la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. La decisione europea per l’obbligo al 2021, è attesa per le prossime settimane. Si spera senza incoerenza con l’emergenza da coronavirus.