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“Made Green in Italy”: il bollino diventa realtà

Per ora se ne sono accorti in pochi, ma il decreto c’è. Sulla Gazzetta Ufficiale del 29 maggio è stato pubblicato il regolamento di attuazione dello “Schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti italiani”. Leggiamo che si intende “ promuovere la competitività del sistema produttivo nel contesto della crescente domanda di prodotti ad elevata qualificazione ambientale sui mercati nazionali ed internazionali». Le aziende potranno , quindi, mettere il bollino “Made Green in Italy”.

Il decreto era in preparazione da tre anni ed il nuovo governo non dovrà fare altro che renderlo operativo. Sostenerlo di più .Ha ricevuto una buona eredità per poter piazzare sui mercati mondiali , beni realizzati con materiali e processi ad impatto zero. Lo speriamo, perché l’Italia potrà portare in giro per il mondo un valido esempio di economia circolare. Il neo Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha detto di impegnarsi su aspetti virtuosi del nostro ciclo ambientale. Questo provvedimento specifico è una valida occasione per prenderlo in parola. Le aziende chiederanno al suo Ministero la licenza d’uso, per una durata di tre anni. Per cui ci si aspetta velocità, prima di tutto, anche se le carte da far girare non sono poche . Alla base ci deve essere una certificazione rilasciata da organismi autonomi, come avviene per la qualità e la sicurezza, ma soprattutto la selezione di materiali e tecnologie non impattanti. Lo spirito della normativa, basato sui principi della green economy , è proprio quello di rimodulare sin dall’inizio i cicli di lavorazione .

Sono migliaia le aziende italiane che hanno investito del proprio sulla catena produttiva , riconosciute più dai mercati e dai consumatori, che non dallo Stato. Il nuovo decreto, però , ci dice che seppur volontario, il bollino green non potrà gravare solo sugli imprenditori . Peggio ancora se indistinti per fatturato , organizzazione, approvvigionamenti. Pensiamo che il governo dovrà favorire la vocazione ambientale in maniera trasversale aiutando coloro che -almeno sino ad oggi- non si sono allineati. E non certamente per volontà .Le aziende che faranno domanda produrranno una selezione in origine dei concorrenti con vantaggi solo per chi ha la reale possibilità di farsi certificare . Già i regolamenti di conformità ambientali non sono semplici. Si rifanno al PEF (Product Environmental Footprint) dell’Unione europea con una serie di caratteristiche difficilmente sopportabili indistintamente dalle aziende, anche per aree geografiche. Pensiamo al divario strutturale Nord e Sud o alla fornitura di beni accessori acquistati su mercati free poco sensibili ai temi ambientali .

C’è chi il questi giorni ha fatto riferimento anche benchmark qualitativi rispetto ai regolamenti PEF. È un punto non secondario per misurare la volontà delle aziende e del sistema Italia nel suo complesso per non vedere inapplicato il decreto di pochi giorni fa. Il bollino ha costi non sempre compatibili con le dimensioni imprenditoriali. Per questo vedremo presto se oltre al decreto avuto in eredità dal governo di centrosinistra quello attuale lo rafforzerà con provvedimenti e sostegni economici, necessari, sulla spinta elettorale del Grillopensiero “con noi solo green economy”.

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Categories: Economia e Imprese