Dove sono finiti tutti i soloni che per quindici giorni hanno intonato con iattanza il de profundis di Emmanuel Macron e sentenziato che la sua decisione di sciogliere il Parlamento francese era pura follia e avrebbe inesorabilmente consegnato la Francia all’estrema destra filo-russa di Marine Le Pen? Se avessero onestà intellettuale dovrebbero chiedere scusa non solo a Macron, che ha certamente scontato il suo divorzio sentimentale con una parte della popolazione, ma a tutti i cittadini e rispondere a qualche semplice domanda: 1) senza la fulmineità con cui il Parlamento francese è stato sciolto e senza la velocità con cui, dopo il primo turno delle elezioni politiche, è stata costruita l’alleanza repubblicana anti-Le Pen si sarebbe arrestata l’ascesa dell’estrema destra? E si sarebbe formato, pur con tutte le sue contraddizioni interne, il Fronte popolare? La risposta è no.
Senza l’un-due di Macron avrebbe vinto Le Pen con buona pace della maggior parte dei sondaggisti e di larga parte della stampa. La realtà per fortuna è diversa da come ce l’avevano raccontata, perché la politica è intelligenza, audacia, rapidità di pensiero, fantasia, tutto il contrario della pigrizia mentale e del conformismo che dominano spesso la scena. Con il voto del 7 luglio ha vinto la Francia democratica e ha perso l’estrema destra che fino all’ultimo ha strizzato l’occhio a Putin e ha tentato in extremis un maquillage per tranquillizzare i mercati ma che non ha convinto la stragrande maggioranza dei francesi. E con la vittoria della Francia democratica ha vinto anche l’Europa.
Ora però comincia il secondo tempo della partita perché dalle urne esce la vittoria del Fronte Popolare, il recupero dei macroniani e la sconfitta dei lepenisti ma sulla carta, a sentire le prime deliranti dichiarazioni di Jean-Luc Melenchon, non esce alcuna maggioranza parlamentare perché il capo populista di Lfi ha escluso qualunque accordo tra i suo gruppo – che ha raccolto solo 71 voti dei 180 del Fronte Popolare, appena 7 in più del Partito socialista di Raphael Glucksmann – e le forze macroniane. Ma i giochi sono appena cominciati e Macron dovrà scegliere con sapienza il nuovo premier per facilitare la formazione di una maggioranza riformatrice ed europeista. Siamo agli inizi del secondo tempo della partita ma possiamo tirare un sospiro di sollievo. Il buongiorno si vede dal mattino.