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Macchine utensili, robot, automazione: una politica per le imprese

Le imprese di produzione di macchinari e componenti ad alto contenuto tecnologico, associate in Ucimu, sono la punta di diamante del Made in Italy e fanno dell’innovazione e dell’internazionalizzazione i loro punti di forza – Le politiche del Governo le hanno sostenute con la Sabatini ter e il superammortamento ma ora occorrono interventi strutturali contro l’invecchiamento dell’apparato produttivo, per conquistare nuovi mercati e per evitare di strozzare una congiuntura positiva

Macchine utensili, robot, automazione: una politica per le imprese

Martedì 14 giugno è in programma un appuntamento importante per l’Ucimu, l’Unione dei costruttori di macchine utensili, robot e sistemi di automazione. Nella sede di viale Fulvio Testi, a Cinisello Balsamo appena fuori Milano, l’associazione, che rappresenta uno dei settori tecnologicamente più avanzati del’intera filiera produttiva italiana, riunisce il suo GMS (gruppo di marketing strategico).

All’ordine del giorno c’è l’esame approfondito di due mercati (l’Iran e il Marocco) che, per differenti ragioni, presentano un profilo di particolare interesse per il nostro export in questo campo.

 Nel caso del paese magrebino sono stati i consistenti segnali di sviluppo, che si sono lì da tempo manifestati, a suggerire l’opportunità di aprire- con l’ausilio di analisi mirate- una “finestra” informativa per le imprese italiane di robotica.

Ma forse le prospettive di maggiore interesse sono legate agli scambi che, dopo la lunga stagione dell’embargo, le imprese del settore potrebbero avviare in Iran.A patto, naturalmente, di trovare uno spazio adeguato nell’ambito di una concorrenza internazionale che si annuncia molto serrata: i prossimi mesi saranno perciò decisivi per le imprese italiane che intendono affrontare questa sfida impegnativa.

Non a caso l’Ucimu guarda con attenzione al progetto, al quale stanno lavorando gli esperti di Promos, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, per la costituzione di una piattaforma operativa “in loco”. Anche nella nuova situazione, infatti, l’Iran resta una realtà alla quale non è semplice avvicinarsi.

Un primo esame di questo scenario era stato compiuto dall’Ucimu a metà marzo, durante un incontro al quale avevano preso parte alcune decine di operatori, molti dei quali già in possesso di una diretta esperienza sul campo. In Iran il consumo di macchine utensili è quasi totalmente soddisfatto dalle importazioni e l’Italia, da tempo, occupa la terza posizione come volume di export su quel mercato, con un trend in netta crescita.

Altri elementi significativi sono stati poi raccolti nei giorni scorsi. Il 1 giugno si è chiusa, a Teheran, la prima edizione di “Amb Iran – Exhibition & Conference”: una manifestazione alla quale l’Ucimu ha preso parte con uno stand istituzionale.

Appare dunque giunto il momento di tirare le somme, senza sprecare tempo prezioso.

Si tratta, dicono in viale Fulvio Testi, di aiutare le imprese italiane a muoversi efficacemente in un contesto promettente ma complicato. Vanno infatti seguite scrupolosamente le disposizioni recentemente emanate dal Ministero per lo Sviluppo economico relative all’esportazione in Iran di beni che, spesso, sono “dual use” (con un impiego, cioè, che può essere sia civile sia militare).

E il Regolamento europeo 2420/2015, di recente pubblicato, non risolve tutte le difficoltà interpretative delle operazioni import/export, anche alla luce dell’allentamento delle restrizioni negli scambi con l’Iran intervenuto dopo l’accordo internazionale siglato nel gennaio scorso.

Al tempo stesso esistono degli strumenti Sace destinati – pur con qualche limite rilevato da alcuni analisti – a fornire un supporto a quelle imprese che volessero operare in quel mercato; ma è necessario essere posti in grado di utilizzarli nel modo appropriato.

Anche di questo si occuperà la riunione del 14 giugno, che sarà anche l’occasione per presentare – in un incontro riservato alle imprese associate – una monografia che è una vera e propria guida aggiornata su come operare in Iran e sulle caratteristiche del locale mercato delle macchine utensili.

Produrrà effetti concreti questo appuntamento? Costituirà una effettiva premessa per una più consistente presenza italiana in quei paesi?

È presto per dirlo. Di sicuro, comunque, esso conferma la volontà dell’Ucimu di operare in favore di due obiettivi – innovazione e internazionalizzazione – che ricorrono spesso nel dibattito sull’economia italiana ma che, in molti casi, non si traducono in scelte concrete e conseguenti. Eppure, come sottolineano le “Considerazioni finali” del Governatore Ignazio Visco del 31 maggio scorso e come documenta la Relazione della Banca d’Italia che le ha accompagnate, è proprio in questa direzione che è urgente spingersi se si vuole accelerare sul sentiero della crescita.

Indagini recenti (Fondazione Nord Est – Prometeia) indicano che la produzione di macchinari e componenti ad alto contenuto tecnologico, anche negli anni più aspri di crisi, hanno conseguito risultati migliori per produzione ed esportazione rispetto a quelli del “made in Italy” più tradizionale.

La conferma viene dall’indagine Ucimu sul settore della robotica, diffusa nel maggio scorso e relativa al 2015, anno nel quale gli indicatori- sia in termini di volumi, sia di consumi interni sia, infine, di incidenza dell’export sulla produzione – sono tutti significativamente in espansione.

Ed anche durante il primo trimestre di quest’anno l’indice degli ordini delle macchine utensili ha registrato un incremento superiore al 14 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

È un risultato dal quale emerge la propensione all’investimento che è presente nel settore delle macchine utensili con maggiore intensità rispetto ad altri comparti, ma è anche la conseguenza dell’adozione, decisa da Governo e Parlamento a partire dal marzo 2014, di misure volte a sostenere un nuovo corso dell’economia reale. Iniziative che, nell’ambito del “mondo Ucimu”, hanno trovato un riscontro particolarmente positivo.

È il caso, in particolare, della “Sabatini ter” (una legge che riguarda il finanziamento agevolato delle piccole e medie imprese per l’acquisto di beni strumentali come le macchine utensili) e del “superammortamento”, cioè della norma, inserita nell’ultima legge di Stabilità, che prevede la possibilità di ammortamento, sino al 140%, dei nuovi macchinari industriali.

“Sono scelte che stanno dando buoni frutti”, dichiara Luigi Galdabini, presidente dell’Ucimu. Che tuttavia osserva: “Le potenzialità di queste misure andrebbero migliorate attraverso

qualche perfezionamento”. Messa a punto, quest’ultima, che viene ritenuta indispensabile anche perché il trend mostrato dal settore nel primo trimestre dell’anno, se è positivo quanto a consegne (+ 6,3 % sul mercato interno; + 3,7% su quello estero), mostra anche un tasso di utilizzo degli impianti che si attesta poco sopra il 78 per cento: cioè a un livello non del tutto soddisfacente.

La operatività della “Sabatini ter”, alla quale si deve, in buona parte, lo slancio produttivo in corso, avrà termine con la fine di quest’anno. E non è chiaro se questa scadenza riguarderà la effettiva consegna del macchinario o non, come invece agli operatori appare più logico, la raccolta degli ordini formalizzati e certificati. È noto infatti che il tempo di realizzazione e consegna di un macchinario è mediamente di almeno cinque mesi.

Altro aspetto al quale i produttori di macchine utensili annettono importanza è quello delle quote di ammortamento: si potrebbe stabilire, propongono, una loro liberalizzazione da parte degli acquirenti. Questa misura consentirebbe ammortamenti più celeri, facilitando perciò il flusso di nuovi acquisti, e non avrebbe oneri a carico dello Stato se non per la traslazione dei tempi di acquisizione delle entrate di cassa.

In alternativa, aggiungono all’Ucimu, ci si potrebbe orientare verso un aggiornamento dei coefficienti di ammortamento, mai modificati dal lontano 1988.

Sono indicazioni che partono da una considerazione: adottare misure di stimolo alla congiuntura -, com’è avvenuto con il varo della nuova legge Sabatini – è stato senza dubbio positivo.

E lo è anche impegnarsi per la conquista di nuovi mercati, per la ricerca di più consistenti sbocchi per l’export. Ma davvero decisivi, non tanto per il settore quanto per il futuro del Paese, sarebbero interventi strutturali. Ciò che è urgente, avvertono all’Ucimu, è la definizione di una strategia che punti con decisione a contrastare l’invecchiamento dell’apparato produttivo nazionale.

“Le nostre più recenti indagini sul parco macchine installato in Italia disegnano uno scenario davvero preoccupante dello stato del manifatturiero del Paese”, denuncia il presidente dell’associazione. “I mezzi di produzione hanno un’età media prossima ai 13 anni: si tratta del peggior risultato riscontrato negli ultimi quarant’anni”.

Da quel tempo lontano è cambiato davvero tutto nel mondo, a cominciare dalla rivoluzione informatica. Nasce da qui l’esigenza per tutte le imprese italiane di poter operare in un contesto normativo che spinga risolutamente verso la sostituzione volontaria dei macchinari ormai obsoleti.

“Occorre dare spazio a tecnologie progettate e realizzate secondo le nuove esigenze di produttività oggi necessarie: adeguate, in primo luogo, agli standard di risparmio energetico e di rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro previste dall’Unione europea”, sottolinea Galdabini.

Sostenere la conquista di nuovi mercati; evitare di strozzare una congiuntura positiva; affrontare le criticità di carattere strutturale dell’apparato industriale del Paese: sono questi i tre nodi cruciali che stanno nell’agenda delle imprese. Al loro superamento, si augurano all’Ucimu, potrebbe concorrere in modo determinante l’azione del ministero dello Sviluppo economico, dopo l’entrata in carica di Carlo Calenda.

Il nuovo titolare del dicastero ha lanciato, anche in occasione dell’Assemblea di fine maggio di Confindustria, messaggi giudicati molto interessanti. Ha colpito il forte richiamo del giovane ministro all’urgenza di recuperare terreno sul fronte dell’internazionalizzazione – dove il Paese accusa un divario di 15 punti rispetto alla Germania – e l’affermazione netta secondo la quale: “In un paese moderno non esiste la possibilità di fare politica industriale se non con le imprese e per le imprese”.

In questo contesto appaiono plausibili, rileva chi al settore delle macchine utensili ha dedicato anni di lavoro, due propositi enunciati con nettezza da Calenda: operare un riordino degli incentivi sulla base di una rigorosa verifica dei risultati raggiunti dalle singole misure; concentrare le risorse sulle iniziative esistenti, seguendo il criterio che un incentivo è efficace solo se può assumere una portata adeguata.

Tutto, ha avvertito il ministro, confluirà in un piano strategico e operativo da approntare entro settembre. In tempo, dunque, per valutare le proposte che Confindustria si è impegnata ad avanzare entro poche settimane. Questo lavoro riuscirà a rendere davvero il manifatturiero italiano il perno di una nuova stagione di sviluppo? Prenderà corpo quella rivoluzione innovativa che va sotto il nome di “Industria 4.0”? O questo è condannato a restare uno stanco slogan del quale – ha riconosciuto Calenda – si parla molto senza che, sinora, abbia avuto esiti consistenti in Italia (e neppure in Europa)?

Sono domande che contribuiranno a rendere la prossima un’estate molto calda. Ma a viale Fulvio Testi dispongono di un sistema di aria condizionata davvero efficace.

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