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M5S ai ballottaggi: astensione o voto al centrodestra

ANALISI DEL VOTO REALIZZATA DALL’ISTITUTO CATTANEO – Gli elettori che al primo turno delle amministstive avevano votato M5S, al ballottaggio hanno scelto in gran parte l’astensione, oppure hanno preferito schierarsi con il centrodestra, confermando di essere mossi da motivazioni “politiche” legate all’opposizione al centrosinistra e a Matteo Renzi

M5S ai ballottaggi: astensione o voto al centrodestra

Come si sono comportati ai ballottaggi per le amministrative gli elettori che due settimane fa avevano scelto i candidati del Movimento 5 Stelle, poi esclusi dal secondo turno in tutte le città più importanti chiamate al voto? Nel grafico riportato più sotto sono indicati i flussi in uscita dal M5s in dodici città al ballottaggio. In pratica, ogni barra ci dice come hanno votato domenica 25 giugno, secondo le stime del “modello di Goodman”, 100 elettori che due settimane fa avevano votato per il “partito di Grillo”.

Prima di osservare quanto emerge da questi dati, possiamo ricordare che i flussi del primo turno (quelli che stimavano le dinamiche dei voti rispetto alle politiche 2013 o rispetto alle comunali 2012) avevano indicato che le perdite subite dal M5s – laddove non finivano nell’astensione – venivano generalmente intercettate più dal centrodestra che dal centrosinistra.

E nei ballottaggi? Come si vede nel grafico, l’astensione è il principale serbatoio dove finisce l’elettore del M5S. In 7 delle 12 città analizzate (in ordine di ampiezza della quota: Parma, Catanzaro, Como, Piacenza, Genova, Alessandria, Verona), più della metà dell’elettorato sceglie questa destinazione. In altre città (Lecce o Pistoia) è una quota vicina alla metà che sceglie l’opzione del “non-voto”.

Tra i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra – nella maggior parte dei casi – è il primo ad attrarre maggiormente l’elettore cinquestelle. In alcuni casi questo avviene con notevoli scarti (è il caso in particolare dell’Aquila, dove quasi tre quarti degli elettori cinquestelle si dirigono verso il candidato di centrodestra), altre volte con scarti più contenuti.

Le eccezioni sono tre. Quella più evidente è rappresentata da Lecce, dove metà dei “grillini” si riversano sul candidato di centrosinistra dando un contributo rilevante alla sua vittoria in rimonta. A La Spezia, la prevalenza del centrosinistra è di minore entità e ancora minore è quella che si registra a Catanzaro.

Quel che emerge non è dunque un quadro univoco. Occorrono indagini più approfondite sui singoli contesti locali per formulare ipotesi più precise relative ai motivi che hanno portato singoli candidati dell’uno o dell’altro schieramento ad attrarre o a respingere gli elettori cinquestelle.

Tuttavia, emerge con una certa chiarezza che il centrodestra risulta in generale più attrattivo per gli elettori del M5S “orfani” del loro candidato. Calcolando la media aritmetica delle 11 città dove il centrosinistra è presente (non c’è a Verona) è il 18,3% degli elettori cinquestelle che si dirigono verso questo schieramento al ballottaggio.

La media aritmetica delle 11 città dove il centrodestra è presente (non c’è a Parma) ci dice invece che è il 32,1% a scegliere questo approdo. Tenendo conto che anche al primo turno i flussi in uscita dal M5s avevano premiato più il centrodestra del centrosinistra, si può dunque dire che sembra confermarsi l’ipotesi di un consolidamento, nell’elettorato cinquestelle, di motivazioni “politiche” al voto guidate dall’opposizione al centrosinistra e al suo attuale leader Matteo Renzi.

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