“L’emergenza COVID-19 è stata un acceleratore di tendenze che già andavano affermandosi”, sostiene Matteo Lunelli, produttore del brand di vino (il Ferrari) più forte d’Italia e presidente di Altagamma, la fondazione che dal 1992 riunisce “le imprese dell’alta industria culturale e creativa che promuovono nel mondo l’eccellenza, l’unicità e lo stile di vita italiani”. O per dirla in breve, il lusso made in Italy. E la verità è che qualcosa, nel mondo del lusso italiano, è cambiata con il Covid. Sebbene, come dice Lunelli, il digitale stesse già diventando imprescindibile, è innegabile che l’emergenza sanitaria, la conseguente crisi economica globale, e il crollo dei viaggi (sia leisure che di affari) stiano cambiando i paradigmi di questo mercato che per l’economia italiana, inutile specificarlo, vale tantissimo.
E’ lo stesso Altagamma Consumer and Retail Insight, giunto alla settima edizione e confezionato con il Boston Consulting Group, a provare a fare il punto e a tracciare l’identikit del consumatore di lusso da qui ai prossimi 2-3 anni. Evidenziando scenari contrastanti. Intanto, sorprende che nonostante il 54% dei consumatori True-Luxury non preveda di riprendere i viaggi internazionali prima di sei mesi, sia invece proprio l’experience, più che l’acquisto di prodotti, la nuova preferenza di una buona fetta di consumatori: il 43% di quelli Top (più della metà negli Usa) già prima del Covid, il 40% ancora adesso.
Experience significa home design, wellness, alta cucina e anche turismo, anche se l’analisi di Altagamma prevede in non prima di 9 mesi la ripresa dei viaggi internazionali, e tra l’altro l’Italia risulta in calo come destinazione prediletta. Per quanto riguarda le esperienze, sono pronosticate al top l’home tech e i fine wine and spirits, con un calo di crociere esclusive, bar e locali di lusso e anche opere d’arte. Quanto ai prodotti, dal Covid uscirà vincitore il casualwear: sneakers, t-shirt, al limite cosmetici. Pagherà lo scotto, da qui a 2-3 anni, la cosiddetta hard luxury: orologi, gioielli.
Altra contraddizione: i cinesi continueranno a spendere e a subire l’attrazione dei brand più forti e riconoscibili (confermando la tendenza pre-Covid), mentre il mercato occidentale è destinato a rallentare, mostrando inoltre un maggiore apprezzamento per un lusso più discreto, per lo slow fashion e la qualità intrinseca al prodotto. “Sobriety is the way” in Occidente, “Extra is cool” in Cina, sintetizza così la ricerca di Altagamma, per descrivere la polarizzazione in arrivo. I consumer cinesi insomma si confermeranno, senza offesa, più frivoli: aumenterà del 14% la preferenza per prodotti con forte riconoscibilità del brand, confermando una preferenza per elementi di stravaganza e divertimento in opposizione ai valori più tradizionali (artigianalità, qualità ed estetica senza tempo).
Gli occidentali invece vedranno diminuire questo paradigma del 9%. La buona notizia tuttavia è che la sola Cina vale il 35% del mercato Luxury, anche se ne arriva subito un’altra meno buona: causa crisi e spostamenti più difficili, quella clientela si rivolgerà ora soprattutto al mercato interno. E l’Italia non è più la sua meta preferita: è oggi solo al terzo posto, mentre prima della pandemia era al primo. Gli asiatici sono anche quelli più fiduciosi sulla ripresa del mercato del lusso: il 77% ritiene che sarà veloce, contro 36% della media dei consumatori degli altri Paesi intervistati (Usa, Uk, Germania, Italia, Francia, Giappone, Corea del Sud, Russia e Brasile, con i riscontri più pessimistici da Russia e Giappone).
Come fare per intercettare le nuove tendenze? Secondo Altagamma, puntando sul Clienteling 2.0. Cioè a tutta sull’online ma non solo, garantendo cioè che la relazione col cliente sia alimentata senza soluzione di continuità sia in negozio che online, e combinando le capacità umane e dei dati utilizzando strumenti avanzati. I consumatori True-Luxury nei prossimi anni apprezzeranno molto la personalizzazione digitale (esempi sono il Gucci Live e il Live Shopping di Galeries Lafayette): il 46% degli intervistati afferma che in futuro apprezzerà di più un clienteling digitale personalizzato, soprattutto i consumatori cinesi (76%) e italiani (57%). I consumatori avranno un’alta aspettativa sul livello di servizio che riceveranno, aspettandosi il medesimo trattamento tra i canali digitali e quelli offline.
“Il digitale diventa imprescindibile – conferma Lunelli -, ma il contatto personale lo potenzia con proposte su misura per un Clienteling 2.0. Mai come oggi, infine, il turismo si pone come una leva di sviluppo per l’alto di gamma e per l’intero Paese dove l’offerta andrebbe riposizionata verso l’alto con un piano strategico nazionale”. “Per riconquistare l’interesse dei consumatori cinesi e rassicurare gli altri turisti, la priorità per le autorità italiane e marchi di alto di gamma è sponsorizzare collettivamente il brand del nostro Paese”, aggiunge Nicola Pianon, Senior Partner e Managing Director di BCG.