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L’uragano Laura si avvicina e spaventa l’America

L’uragano Laura minaccia sempre di più non solo i cittadini americani del Golfo del Messico ma anche i giacimenti petroliferi – La riduzione della produzione del greggio ha già provocato un rialzo dei prezzi del petrolio, ma anche una maggiore preoccupazione per la temporanea carenza di benzina

L’uragano Laura si avvicina e spaventa l’America

L’uragano Laura si è abbattuto sulle coste Usa, minacciando sia i cittadini che i giacimenti petroliferi del Golfo del Messico. Secondo gli ultimi monitoraggi del National Hurricane Center, è arrivato poco dopo l’una del mattino (ora locale) sulla costa del Golfo del Messico, raggiungendo categoria 4. Per fortuna, la violenta tempesta è durata qualche ora declassando poi a categoria 2, con venti scesi a 177 km orari. Si prevede che continui a indebolirsi nelle prossime ore fino a ritornare ad essere una tempesta tropicale, mentre si dirige verso l’Arkansas.

Ciò avrebbe potuto provocare danni economici devastanti, tra i 18 -25 miliardi di dollari, qualora le operazioni delle principali raffinerie di petrolio, sia nel Texas che in Louisiana, venissero interrotte per un certo periodo di tempo. Nel frattempo aumentano le preoccupazioni sulla temporanea riduzione della produzione di benzina.

Nata come una tempesta tropicale, Laura ha acquistato potenza fino a diventare un uragano altamente distruttivo, che ha già causato danni catastrofici a Cuba e nei Caraibi. Si temeva che la tempesta potesse assumere proporzioni storiche, superando anche la velocità di vento di Katrina: con venti sostenuti a 240 km orari, che l’avrebbe portato vicino a categoria 5 e onde alte fino a 6 metri. Per tale motivo oltre mezzo milione di persone avevano ricevuto l’ordine di lasciare le proprie abitazioni.

Tanto da far scattare l’allarme tra i produttori del greggio che hanno risposto prontamente al pericolo con un taglio della produzione dell’oro nero dell’84% (circa 310 impianti offshore e 1,56 milioni di barili al giorno). Una situazione simile a quella che ci fu nel 2005 con il passaggio dell’uragano Katrina, che fece interrompere quasi il 90% della produzione.

Inoltre, anche le raffinerie di benzina e gasolio hanno adottato misure per fermare gli impianti (circa il 14,6% della capacità totale degli Usa), una riduzione che ha provocato un apprezzamento della benzina. D’altro canto anche le quotazioni petrolifere sono al rialzo, con i prezzi del WTI vicino ai 44 dollari, ai massimi da marzo, mentre i futures sul Brent sono saliti sopra i 46 dollari al barile.

Tuttavia, queste spinte rialziste potrebbero avere vita breve. Le condizioni meteorologiche potrebbero avere impatto sull’offerta solo nel breve termine, dato che il calo dell’offerta è stato bilanciato, in parte, dall’aumento della produzione libica e americana e dal declassamento della tempesta. Inoltre, la questione Coronavirus continua a minacciare i mercati e provocare un rallentamento alla ripresa economica e, di conseguenza, alla domanda di petrolio.

Ma la più grande preoccupazione degli investitori era la possibile carenza di benzina, dato che i danni causati dall’urgano avrebbero potuto provocare un’interruzione prolungata delle raffinerie di settimane o, addirittura, mesi. Non resta che continuare ad incrociare le dita.

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