Buona la seconda. Dopo aver rinviato il viaggio, inizialmente previsto per il 26 marzo, a causa di una polmonite, il presidente brasiliano Lula sbarca finalmente in Cina, nel giorno di Pasquetta, e vi rimarrà per quasi tutta la settimana. L’incontro più atteso è ovviamente quello con l’omologo Xi Jinping: per Lula, che sta tentando di ricostruire la reputazione internazionale del Brasile dopo il quadriennio isolazionista di Bolsonaro, si tratta della seconda grande missione estera da quando si è insediato per il suo terzo mandato, a gennaio, dopo quella a febbraio a Washington per incontrare Joe Biden.
Com’è andato il viaggio di Lula negli Usa
E anche questa volta Lula si gioca molto: sebbene la credibilità del Brasile stia risalendo, come dimostrano una maggiore fiducia dei mercati e la riapertura da parte di Germania e Norvegia del fondo di aiuti per l’Amazzonia, sospeso sotto Bolsonaro, negli Usa non era andata benissimo.
Un freddo comunicato stampa congiunto aveva infatti fatto trapelare divergenze soprattutto sul tema della guerra in Ucraina. Lula, nonostante le pressioni di Biden, rimane un fautore della pace in maniera ambiguamente equidistante, non ha mai condannato apertamente la Russia che considera un partner strategico, e ambisce a creare un “club della pace” con alcuni Paesi come India e appunto Cina. Ecco perché anche a Pechino il tema caldo sarà senza dubbio il posizionamento dei due Paesi, e al presidente brasiliano non fa buon gioco il fatto che nel frattempo da Xi Jinping si siano presentati anche il presidente della Francia Emmanuel Macron e la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen. Pure questi ultimi hanno chiesto un intervento a favore della pace, ma con una chiave di lettura ben diversa: “Contiamo su di voi per riportare la Russia alla ragione”, ha detto Macron a Xi, il che è ben diverso dal porsi in maniera sostanzialmente neutrale.
Gli interessi economici sull’asse Brasile-Cina
La visita di Lula, che si allontana da Brasilia in un momento in cui la sua popolarità zoppica (dopo 3 mesi l’indice di gradimento è analogo a quello per Bolsonaro quattro anni fa, cioè uno dei più bassi di sempre a inizio mandato, e l’economia rallenta al +0,8%, ritmo peggiore del Sudamerica), tuttavia non è importante solo per le questioni belliche. Sull’asse Brasile-Cina ruotano infatti enormi interessi economici reciproci. Il Brasile nel 2021 è diventato il primo Paese destinatario di investimenti cinesi nel mondo intero: dopo la flessione del 2020 l’incremento è stato del 208%, con il valore totale nell’anno solare a quasi 6 miliardi di dollari, il dato più alto dal 2017, quando furono 8,8 miliardi ma con lo stesso numero di progetti. E si tratta anche stavolta di progetti strategici, focalizzati soprattutto nei campi dell’energia, delle telecomunicazioni, ma anche dell’industria e delle infrastrutture.
Pechino invece è a sua volta il primo mercato di sbocco delle esportazioni brasiliane, con una quota del 31,3% e un valore di quasi 90 miliardi di dollari nel 2021. Parliamo soprattutto, come è noto, delle materie prime, della preziosissima soia ma anche della carne bovina, il cui export negli ultimi mesi aveva subito una battuta d’arresto in seguito alla decisione di Pechino di sospendere gli acquisti per presunti casi di mucca pazza. A fine marzo la Cina ha rimosso l’embargo, facendo tirare un sospiro di sollievo all’agrobusiness brasiliano: l’export verso il gigante asiatico vale infatti da solo il 73% del totale.
La tecnologia al centro dell’incontro Lula-Xi
Tutti questi interessi potrebbero essere in parte minacciati da alcune scelte di Lula, che proprio alla vigilia della partenza per Pechino ha confermato di sospendere il maxi piano di privatizzazioni avviato da Bolsonaro. Si trattava di asset strategici sui quali stava per mettere le mani proprio la Cina, come per esempio il porto di Santos (il secondo più grande del Paese) o le Poste, ma anche la tlc Telebras e la società di petrolio e gas PPSA. Chissà che durante l’incontro Xi Jinping non possa convincere l’omologo sudamericano a riaprire almeno parzialmente il discorso. Lula da parte sua ha l’obiettivo di portare a casa più partnership tecnologiche possibili, dal 5G (la cui diffusione in Brasile procede spedita: è il Paese più avanzato dell’America Latina) al 6G fino alle cellule fotovoltaiche e all’intelligenza artificiale, senza dimenticare i semiconduttori, mercato nel quale il Brasile occupa un ruolo strategico, visto che è uno dei maggiori produttori, mentre la Cina è leader nel backend, cioè nella finalizzazione dei chip, dai test all’incapsulamento. Sul frontend però Pechino paga dazio rispetto a Taiwan e Corea, ed ecco il motivo dell’alleanza col Brasile, sul cui territorio ci sono già 11 grandi imprese produttrici, ma senza il knowhow per il backend.
Lo metterebbe quindi a disposizione il partner asiatico, che non esclude di aprire addirittura delle fabbriche sul suolo brasiliano, in questa prospettiva. Questo sodalizio rischia davvero di spostare significativamente gli equilibri del mercato della tecnologia, che è quello sul quale punta maggiormente Pechino per affermarsi non solo come prima economia al mondo, ma anche per creare e consolidare una egemonia. Infine, la trasferta di Lula sarà anche l’occasione per partecipare all’insediamento, a Shanghai, della sua ex delfina Dilma Rousseff, presidente del Brasile dal 2011 al 2016, come presidente della Nuova Banca di Sviluppo dei Brics: nel giro di poltrone era la volta del Paese sudamericano, e dell’istituzione finanziaria, fondata proprio in Brasile, fanno parte anche Russia e Cina.