Gli italiani dimenticano facilmente le lezioni della storia. Ed ancora di più tendono a cacciare dai loro pensieri molti dei grandi maestri del passato che hanno indagato sulla natura dei popoli, sulle leggi economiche che governano il progresso, sulla forza politica e morale necessaria a conseguire con lungimiranza l’interesse generale.
Luigi Einaudi è certo tra i grandi maestri dell’Italia contemporanea. Economista, ma anche giornalista, politico, uomo dalle forti convinzioni e dalle infinita pazienza con cui ha sempre cercato di informare i cittadini sulle leggi che regolano il vivere civile, sull’interesse reale delle persone che devono evitare di lasciarsi attirare dalle sirene della demagogia. Si è tenuta a Roma, in Campidoglio, la celebrazione solenne dei 150 anni dalla nascita del grande uomo di cultura che fu, come si ricorderà, il primo presidente della Repubblica della neonata democrazia italiana dopo che era stata approvata la Costituzione. In precedenza, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, verso il quale Einaudi era stato sempre all’opposizione, aveva contribuito come Governatore della Banca d’Italia, alla stabilizzazione economica ed aveva posto le basi per il successivo boom che negli anni sessanta aveva trasformato l’Italia da paese agricolo sottosviluppato in una delle grandi economie industriali dell’Europa.
Einaudi: le prediche inutili sono scrigni di grande saggezza
Einaudi, come ha sottolineato il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, aveva saputo calare la sua grande dottrina economica nella realtà della situazione concreta del paese. Era un saggio e prudente osservatore dei nostri vizi e delle nostre virtù. Non si stancava mai di indicare ai nostri concittadini la soluzione più ragionevole ai problemi che via via si presentavano. Le sue famose “Prediche inutili “ erano il segno della necessità di non cedere allo scoramento, di battere il pessimismo con la ragionevolezza, di avere fiducia nella democrazia rappresentativa che, con tutti i suoi difetti, è certamente migliore ed anche più efficiente dei regimi autoritari e tecnocratici.
E questa è la prima lezione tra le molte che Einaudi ci ha lasciato, e che è in questo momento di estrema attualità. Molti degli attuali ammiratori di Putin e dell’uomo forte al comando, dovrebbero riflettere sul fatto che i regimi autoritari riescono a stare a galla solo ingannando il popolo, sulla promessa di protezione e di efficienza della macchina pubblica che nella realtà non c’è.
Einaudi: “l’Unione europea è necessaria per evitare la scomparsa dei singoli Stati”
Collegata alla difesa della democrazia è la profonda convinzione di Einaudi sulla necessità di superare i nazionalismi e le chiusure autarchiche per dare vita ad un’Unione Europea dotata di poteri ceduti dai singoli stati. Il problema – ha scritto – non è quello di mantenere l’indipendenza dei singoli Stati rispetto alla cessione di poteri all’Unione europea, ma quello di essere uniti o di scomparire. Nessun paese europeo da solo può sopportare il costo di una difesa autonoma. Non solo ma invocava la necessità che politici e cittadini sappiano cogliere l’attimo fuggente, cioè il momento in cui occorre fare delle scelte impegnative per assicurarsi un posto nel mondo. Se si lascia passare questo momento si rischia di precipitare in una lunga fase di decadenza come avvenne in Italia alle soglie del ‘500 quando tanti staterelli non trovarono alcun accordo e finirono sotto l’influenza di questa o quella grande potenza. Sembra proprio scritto oggi dopo il recente vertice di Bruxelles dal quale non sono uscite decisioni all’altezza della situazione globale.
Dal punto di vista strettamente economico la lezione di Einaudi è di stringente attualità su molti temi. Primo fra tutti la stabilità monetaria e la necessità di tenere in ordine i conti pubblici con politiche che non sono affatto lacrime e sangue, ma che se ben articolate possono raggiungere risultati importanti nell’interesse generale e non delle singole corporazioni. Del resto nell’immediato dopoguerra le sue decisioni come Governatore della Banca d’Italia restaurarono il valore della moneta senza provocare troppi danni all’economia reale. Sarebbe utile quindi che da un lato gli attuali governati attuassero le ricette enaudiane per tenere in ordine i conti pubblici riducendo nel contempo il perimetro del settore pubblico. La Bce dal canto suo dovrebbe procede ad una graduale e controllata riduzione dei tassi , visto che l’inflazione è sotto controllo, per evitare che si abbiamo ripercussioni troppo negative sulla produzione e sull’occupazione.
La lezione principale di Einaudi è racchiusa in quel suo celebre motto: “conoscere per deliberare”. Le classi dirigenti dovrebbero studiare bene la situazione prima di prendere decisioni che nel breve possono anche sembrare interessanti e positive , ma che nel breve volgere di qualche anno possono mostrare la loro faccia disastrosa. La questione del superbonus110% dovrebbe sicuramente indurci a qualche più accurata riflessione prima di prendere provvedimenti. O di votare coloro che li propongono.