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L’Ucraina ruba la scena al G20: via libera di Biden alle bombe a lungo raggio in territorio russo

Imagoeconomica

Nelle intenzioni del padrone di casa, il presidente brasiliano Lula, il G20 in programma oggi e domani a Rio de Janeiro doveva essere un vertice dedicato al clima e alla lotta contro la povertà, attraverso l’istituzione di una Alleanza Globale contro la Fame e un accordo per tassare di almeno il 2% le circa tremila persone nel mondo che vantano un patrimonio superiore al miliardo di dollari, utilizzando il ricavato, stimato in 250 miliardi di dollari, per contrastare il global warming. Invece la scena l’hanno rubata il presidente statunitense Joe Biden, quello argentino Javier Milei e persino, a distanza, il russo Vladimir Putin, che bombardando intensamente l’Ucraina alla vigilia del meeting ha dato l’assist a Biden per un’uscita di scena da protagonista: la Casa Bianca infatti ha dato il via libera al presidente ucraino Volodimir Zelensky per rispondere e attaccare anche in suolo russo.

Uno choc che ha fatto passare in secondo piano tutto il resto: ambiente, disuguaglianze e Agenda Onu. Tutti temi che comunque difficilmente sarebbero finiti nel documento finale per la feroce opposizione di Milei, reduce da un incontro con Donald Trump a Mar-a-Lago, in Florida, e intenzionato a negare la firma di Buenos Aires sia sulla tassa per super ricchi che sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu e sulla parità di genere.

Un G20 deludente per il Brasile di Lula

Per Lula, già indebolito da una popolarità ai minimi storici, questo G20 potrebbe diventare uno smacco, visto che aveva fatto di tutto per dribblare le questioni relative ai conflitti, consapevole che la sua posizione sia sull’Ucraina che sul Medio Oriente non è in linea con quella della NATO ed è casomai più vicina a quella della Cina. E invece il padrone di casa è stato scavalcato dagli eventi: la Russia ha intensificato l’offensiva e Biden ha dato il via libera all’escalation da Manaus, in Amazzonia, dove si trovava per incontrare i leader indigeni alla vigilia del vertice. Una visita storica, la prima di sempre di un presidente statunitense ancora in carica, ma che tuttavia è stata giudicata deludente: il presidente uscente ha annunciato l’impegno della Casa Bianca per la salvaguardia della più grande foresta pluviale del pianeta, ma sa benissimo che il successore Trump non manterrà la parola, e ha promesso una donazione al Fondo Amazzonia di soli 50 milioni di dollari, molto meno del mezzo miliardo ipotizzato tempo fa.

Meloni: 40 miliardi di investimenti in Brasile ma da risolvere grana Enel

A Rio intanto è arrivata anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha già avuto ieri un bilaterale con Lula in cui ha detto che le imprese italiane hanno intenzione di investire 40 miliardi di euro in Brasile, ricordando i forti legami tra i due Paesi: in quello lusofono vivono oggi 800.000 italiani e una trentina di milioni di discendenti di italiani. Italia e Brasile vorrebbero dunque aggiornare gli accordi di partenariato e di cooperazione economica con un nuovo piano 2025-2030, ma il presidente brasiliano non ha mancato di chiedere conto dell’operato di Enel soprattutto a San Paolo, dove l’azienda italiana è reduce da un anno complicatissimo tra blackout, disservizi, multe e polemiche. Qualcuno nel mondo politico e istituzionale brasiliano ha persino paventato di rescindere il contratto: tecnicamente non si può, ma Enel non ha fatto una bellissima figura, proprio alla vigilia della pubblicazione dei conti.

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