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Lotta alla corruzione: i due limiti del Whistleblowing

I nuovi fronti nella lotta alla corruzione in Italia: l’avvento del whistleblowing. Per attuare a pieno la legge approvata due anni fa ci sono due limiti da superare: l’applicazione della norma ai soli dipendenti pubblici e la cultura predominante nel sistema Italia-Paese.

Lotta alla corruzione: i due limiti del Whistleblowing

Il 28 novembre 2012, a seguito del periodo di vacatio legis in Gazzetta Ufficiale, entrò in vigore la Legge n. 190 recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

Nella legge venne per la prima volta legittimato anche in Italia, benchè circoscritto ai soli enti pubblici, un sistema di prevenzione alla corruzione e ad altre frodi basato sulla ricezione, da parte di organi predisposti, di segnalazioni riferentesi a precisi contesti e fatti verificabili. Questo strumento, che trae le proprie origini dalle metodologie di revisione americane, è conosciuto col nome di whistleblowing.

Alla luce della legge 190/2012 l’autore della segnalazione, che si identifica principalmente in un dipendente dell’ente o dell’azienda pubblica, è incoraggiato a denunciare irregolarità ed episodi di cattiva amministrazione ai quali viene a conoscenza grazie a strumenti di tutela predisposti contro le eventuali ritorsioni a suo carico. Il denunciante sarà protetto da sanzioni, licenziamenti e altre misure discriminatorie di qualunque tipologia. La norma stabilisce che nel corso delle successive indagini l’identità del denunciante non potrà essere rivelata, salvo che la segnalazione abbia avuto la sola finalità di calunniare soggetti terzi o arrecarvi danno.

Nonostante l’oggetto della denuncia possa essere molto vario, il whistleblowing risulta particolarmente indicato per contrastare preventivamente il verificarsi di episodi di corruzione o concussione a livello aziendale.

Nel contesto italiano vi sono tuttavia due pesanti limiti connessi al whistleblowing e alla conseguente lotta alla corruzione. Il primo è legato al perimetro applicativo della norma: esso è delimitato ai pubblici impiegati ma esclude, inspiegabilmente, le aziende private. Ad oggi, su iniziativa politica del Movimento 5 Stelle, è però in discussione un disegno di legge che dovrebbe riempire il parziale vuoto normativo rispetto a tale criticità.

In caso di approvazione, la nuova legge dovrebbe integrare e ampliare la n.190/2012, da un lato prevedendo disposizioni più puntuali di quelle vigenti per gli impiegati pubblici, dall’altro allargando l’ambito di applicazione al settore privato, inserendo specifici obblighi a carico delle società per l’implementazione del whistleblowing.

Il secondo limite riguarda la cultura predominante nel sistema Italia-Paese. Come disse il presidente emerito della corte costituzionale Giovanni Maria Flick in un’intervista a Repubblica-l’Espresso del 2014 – mentre in America il segnalatore che denuncia in modo coperto le irregolarità in cui s’imbatte è accreditato come un soggetto che lavora utilmente per la collettività, in Italia è quasi sempre considerato “un reietto”. A prescindere dal contesto infatti, la cultura italiana vede da sempre i denunciatori in maniera negativa. E’ per questo, conclude Flick, che – va trovata una via di mezzo, recuperando il valore della vergogna, della reputazione, della legalità sostanziale e non solo formale”.

Nonostante il silenzio della legge, alcune società quotate, facendo leva su documenti contenenti principi e procedure anti-frode emessi da organismi internazionali (World Bank, PACI, UNODC), hanno già introdotto linee guida interne, disciplinando il processo di gestione delle segnalazioni.

In particolare i grandi gruppi quali Finmeccanica, Enel ed Eni dispongono di una normativa interna puntuale in merito al whistleblowing, infatti già ricevono e gestiscono ogni anno numerose segnalazioni.

E’ innegabile che rendere operativi strumenti preventivi anti-corruzione richiede l’impiego di risorse aziendali importanti, ma il gioco sembra valere la candela: grazie ad essi, in particolare al whistleblowing, le aziende possono risolvere preventivamente e soprattutto internamente eventuali irregolarità che possono sorgere. E’ ben noto infatti che l’intervento dell’autorità giudiziaria o, in alcuni casi, di regolamentazione (Consob) può comportare una serie di conseguenze negative per l’azienda stessa sia a livello reputazionale sia di sanzioni irrogate a suo danno.

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