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L’oro supera i 1.900 dollari l’oncia: non accadeva dal 2011

Pixabay

La guerra dei consolati fra Usa e Cina affossa le borse mondiali, che guardano con preoccupazione al braccio di ferro fra le due superpotenze, mentre la battaglia contro il Covid 19 nel mondo è ancora in pieno svolgimento. Nella zona euro risale il Pmi manifatturiero, ma i listini archiviano ugualmente la seduta in rosso: Milano -1,85% (20.075 punti); Francoforte -2,05%; Parigi -1,54%; Madrid -1,2%. Male Londra -1,43% e Zurigo -1,67%. Wall Street, al momento, sembra avviata sulla stessa strada. Dopo una partenza negativa, la borsa di New York procede in calo, zavorrata soprattutto dai titoli tecnologici.

Intel perde il 15% e rende noto che rimanderà l’uscita sul mercato della prossima generazione di microchip, riservandosi la possibilità di appaltare la produzione a un’altra azienda. Nell’incertezza ci si aggrappa sempre di più all’oro, che in qualche momento supera quota 1900 dollari l’oncia. Secondo Ubs entro settembre il metallo, sempre più prezioso, potrebbe sfondare il tetto dei 2000 dollari. L’argento, invidioso, mette a segno questa settimana il rialzo maggiore dal 1987, +17%. Sul mercato valutario perde il dollaro e si apprezzano valute rifugio come yen e franco svizzero. Ne approfitta l’euro, con il cambio che si muove oltre 1,163. 

Sulla propensione al rischio di questi giorni pesano dunque i rapporti Usa-Cina, già provati nei mesi scorsi dalla guerra commerciale e dalle accuse americane sul “virus cinese”. La cronaca riferisce della chiusura, da parte di Pechino, del consolato americano di Chengdu, in risposta ad analogo provvedimento Usa che ha colpito la rappresentanza cinese di Houston, in Texas. Intanto il segretario di Stato Usa Mike Pompeo non risparmia critiche al leader Xi Jinping e invita i cinesi a cambiare la direzione del partito comunista.

In attesa di capire dove si andrà a parare il petrolio è in calo frazionale: Brent 43,05 dollari al barile (-0,6%). In Piazza Affari tutte le blue chip chiudono la seduta in perdita. La peggiore è Nexi, -6,11%, penalizzata dalle indiscrezioni stampa secondo cui i negoziati per la fusione con Sia sarebbero in stallo e dalla generale debolezza del comparto pagamenti a livello europeo.

Debole il settore auto con Pirelli -4,28% e Ferrari -3,01%. Diasorin, -3,9%, rimane nelle zone basse del listino per il terzo giorno di seguito. La società di diagnostica,  a seguito dell’inchiesta nella quale si ipotizzano anomalie nel procedimento sull’accordo di validazione dei test anti Covid con l’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, ha deciso di “sospendere tutte le nuove attività di sperimentazione clinica con enti pubblici italiani fino a quando non saranno ristabilite le necessarie condizioni di certezza giuridica in materia”.

Unipol cede il 4,22% dopo il balzo di ieri. Le banche non sono fra i titoli peggiori ma si fermano comunque in rosso. Il faro resta su Intesa -1,83% e Ubi -1,2%, dopo che i vertici di quest’ultima hanno bocciato ieri nuovamente l’offerta di Carlo Messina, che si concluderà martedì. Reuters scrive però che “le adesioni all’Opas di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca sono destinate ad accelerare negli ultimi giorni. E’ quanto affermano due fonti vicine alla situazione aggiungendo che le adesioni potrebbero superare l’80% del capitale di Ubi”.

Secondo i dati comunicati da Borsa Italiana, a ieri le adesioni hanno raggiunto il 26,4% circa del capitale, “un livello di oltre tre volte superiore rispetto a quello mediamente registrato in altre recenti operazioni sul mercato italiano a quattro giorni dalla scadenza”. L’offerta di Intesa è efficace al raggiungimento di almeno il 50% più un’azione di Ubi, ma l’istituto punta al 66,7% in modo da garantirsi il controllo dell’assemblea straordinaria e procedere alla prospettata fusione.

Fuori dal paniere principale Monte Paschi lascia sul terreno il 6,06%. Fonti stampa sostengono che la Bce avrebbe chiesto al Tesoro, maggiore azionista del Monte senese, un aumento di capitale da 700 milioni di euro per autorizzare la cessione ad Amco di 8 miliardi di crediti.

Sul secondario risale leggermente lo spread fra decennale italiano e tedesco: 148 punti base (+1,01%). Il rendimento del Btp torna a 1% dopo essere sceso ieri a 0,98%.

Piccoli scostamenti in un quadro macro leggermente più roseo in qualche punto: l’Istat segnala un miglioramento della fiducia per le imprese a luglio a fronte di un calo di quella dei consumatori. Il Centro studi di Confindustria intravede una risalita del Pil nel terzo trimestre pur evidenziando ancora forti segnali di debolezza.  

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