Quando, nell’aprile del 1969 il generale De Gaulle uscí all’improvviso della scena politica, tutti si affrettarono a compilare statistiche sugli 11 anni della sua presidenza. Si rilevò fra l’altro che aveva indetto cinque referendum, tenuto 19 conferenze stampa, 25 giri delle province francesi e partecipato a 40 serate di gala all’Opéra.
Secondo il rituale immutabile delle serate presidenziali, la Place de l’Opéra veniva chiusa al traffico. Non ci deve sorprende, oggi, che una cerimonia con la partecipazione del presidente non poteva essere infinitamente fastosa, perché l’Opéra è intimamente legata alla storia di Francia. È un’istituzione al pari dell’Académie Française o della Legion d’Onore. Sono solo tre i teatri parigini considerati, al pari dell’Opéra, teatri Nazionale – la Comédie Française, l’Odéon e il Théâtre National Populaire. Inoltre l’Opéra di Parigi per la qualità degli spettacoli allestiti, si trova in una posizione di primo piano fra i grandi teatri lirici del mondo: Teatro alla Scala di Milano, il Metropolitan di New York, l’Opera di Berlino, il Bolšoi di Mosca. L’Opera è però il più antico di tutti, era l’anno 1669. Volta a volta teatro reale, imperiale, nazionale, ha occupato 14 sedi prima di trovare quella definitiva, a Palazzo Garnier.
Fu Napoleone III, il 29 settembre 1860, a decretare che la costruzione di Palazzo Garnier era d’interesse pubblico. Due anni prima, il 14 gennaio 1858, Napoleone e l’Imperatrice Eugenia, avevano assistito a uno spettacolo in Rue Le Peletier. Nel preciso momento in cui la carrozza si fermava davanti all’ingresso del teatro, una bomba collocata dall’anarchico Felice Orsini esplose a pochi metri di distanza. La coppia imperiale scampò all’attentato per un pelo. “Abbiamo bisogno di un teatro d’opera che non sia una trappola mortale” borbottò l’imperatore.
Al concorso per la costruzione della nuova sede furono presentati 171 progetti, La giuria scelse quello di un architetto quasi sconosciuto, Charles Garnier. Qualche mese dopo l’architetto presentò a Napoleone III e all’imperatrice il modello in scala.
“Ma che stile è mai questo?” esclamò l’Imperatrice Eugenia “Non è classico, non è Luigi XV…”.
“È stile Napoleone III” disse Garnier.
Ed è così che Palazzo Garnier, con le mensole elaborate, i frontoni e finestre cieche, è da sempre considerato il capolavoro dello stile Napoleone III.
La costruzione del grande edificio richiese 15 anni e una spesa di 48 milioni di franchi oro. Garnier dedicò mesi al progetto di un ingresso per la carrozza imperiale attraverso il quale i cavalli potessero essere lanciati al galoppo per sventare eventuali attentati.
Il caso volle che la prima destinazione di Palazzo Garnier non fosse quella di teatro lirico. Durante la guerra francese-prussiana del 1870-71 fu usato come deposito di vettovaglie. Finita la guerra , l’Opèra fu occupata dai comunardi. Quando le forze avversarie ripresero Parigi, i ribelli furono imprigionati nei sotterranei.
Costruita per volontà dell’ultimo imperatore della storia di Francia, l’Opéra di Parigi fu finalmente inaugurata, il 5 gennaio 1875, dal primo presidente della Terza Repubblica, il maresciallo Marie Edmé Patrice Maurice Mac Mahon. Da quel giorno i più celebri direttori d’orchestra del mondo sono saliti sul podio: Arturo Toscanini, André Messager, Igor Stravinskij, Herbert von Karajan e altri ancora.
L’esecuzione più singolare fu quella del 1877, quando Johann Strauss si presentò in scena con l’archetto in mano e il violino nell’altra, mentre il pubblico si chiedeva dove tenesse la bacchetta per dirigere. La risposta non si fece attendere: fra lo stupore generale, il musicista attaccò a suonare in slancio il primo valzer e diresse contemporaneamente l’orchestra battendo il tempo con i piedi.
Anche le più famose voci del mondo si sono esibite su questo palcoscenico; da ricordare a magistrale interpretazione del grande Čaliapin nel Boris Godunov. Il fervore che il celebre cantante metteva nel proprio lavoro era eccezionale. Questa sua sete di perfezionismo lo faceva a volte sembrare stravagante. Un giorno del 1906, sul più bello di una rappresentazione, egli cadde letteralmente in trance. Prima si tolse la giacca, poi si allentò il nodo della cravatta, infine si sfilò il panciotto. Ma il pubblico era a tal punto ammaliato dallo splendore della sua voce di bronzo che alla fine dell’atto si levò un applauso come un tuono: nessuno sembrava veste notato che il grande cantante era rimasto in maniche di camicia.
Mentre la voce che scatenò l’emozione più profonda fu quella del grande soprano americano Grace Moore. Il 18 giugno 1945, pochi mesi dopo la liberazione di Parigi la cantante si presentò alla balconata dell’Opéra e, in un francese perfetto cantò la Marsigliese davanti a una folla muta, irrigidita sull’attenti.
Ma l’Opèra è un mondo a sè, é fatta di uomini, donne, cantanti, ballerini, comparse e dietro alle quinte ci stanno i macchinari teatrali, i tecnici alle luci, alle musiche e poi tant’è altre persone addette ai costumi, i truccatori e molti altri. Ed è che ancora oggi continua ad essere un luogo dal fascino senza età.
Una delle opere d’arte più emozionanti è il dipinto sulla volta dell’Opèra da Marc Chagall, che realizzò nel 1963 per incarico del ministro della cultura francese, André Malraux. I colori dominanti sono il rosso, il verde, il blu, il giallo e il bianco. Le immagini rendono tributo a Mozart, Wagner, Mussorgsky, Berlioz e Ravel e a famosi ballerini e attori. Fu inaugurata nel settembre del 1964 al suono della marcia troiana di Hector Berlioz entrò sul palco il corpo di ballo e, in onore di Chagall, venne eseguita una sinfonia di Mozart, e solo alla fine si accese il lampadario che rivelò l’emozione”
“Lassù nel mio dipinto ho voluto riflettere come un mazzo di fiori in uno specchio, i sogni e le creazioni di cantanti e musicisti, richiamare alla mente i movimenti del pubblico seduto sotto con tutti i suoi vestiti colorati, e onorare i grandi compositori di opere e balletti. Talvolta ciò che si ritiene inconcepibile diventa possibile, ciò che sembra strano diventa comprensibile. I nostri sogni segreti hanno solo sete d’amore. Ho voluto rendere omaggio a Garnier lavorando qui con tutta l’anima. Ora offro quest’opera con gratitudine alla Francia e all’Ecole de Paris, senza le quali per me non ci sarebbero stati né colori né libertà”