Sarà pure tecnica negoziale per strappare concessioni ai partner europei, il cancelliere tedesco Angela Merkel in primis, ma le frasi del ministro degli Esteri britannico che ha chiesto recentemente a Bruxelles una “sostanziale” riforma del sistema di immigrazione interna suona come una minaccia neppure tanto velata, a un europeismo di facciata e retorico che sta lasciando il posto al “si salvi chi può” dalla prossima sconfitta elettorale dei Tory.
Londra «deve prepararsi» a lasciare l’Unione europea se non otterrà la riforma del sistema di immigrazione interna (oggi considerata dai Tory un colabrodo a spese dei contribuenti britannici). Con queste parole il ministro degli Esteri Philip Hammond, euroscettico del Partito conservatore, in un’intervista al Telegraph si è spinto oltre i limiti di una richiesta per entrare nel territorio pericoloso delle frasi senza ritorno, un terreno dove il premier David Cameron non era mai voluto entrare. Un gioco delle parti tra Cameron e il suo ministro degli esteri? Dialettica del poliziotto buono e poliziotto cattivo per riuscire a strappare qualche concessione in più da offrire a una popolazione britannica sempre più ostile a quello che i giornali inglesi chiamano i “viaggi del welfare”, trasferimenti dall’Europa dell’Est per ottenere vantaggi economici a carico delle casse dello stato ospitante?
Una recente sentenza della Corte di Giustizia europea ha posto alcuni limiti a questo turismo del welfare ma all’opinione pubblica inglese non sembra bastare. In realtà la sentenza è molto importante per i suoi riflessi pratici. Si veda la pronuncia resa nella causa C-333/13 Elisabetta Dano, FlorinDano/Jobcenter Leipzig secondo cui “I cittadini dell’Unione economicamente inattivi che si recano in un altro Stato membro con l’unico fine di beneficiare di un aiuto sociale possono essere esclusi da talune prestazioni sociali” (come da comunicato stampa n. 146/14 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea).
Insomma anche i Giudici europei hanno cercato di porre un freno a questa pratica senza bloccare il principio della libertà di movimento all’interno dell’Unione. Ma il tema ha riproposto la collocazione geopolitica dell’isola inglese sempre in bilico, come Amleto, tra la scelta europea e interpretare la parte del 51esimo stato, sebbene ad honorem, degli Stati Uniti. E quello della disparità di welfare all’interno dell’Unione, con paesi che danno molto in termini di reddito garantito e aiuti alle famiglie e quelli che non danno niente o poco più. In ogni caso il Foreign secretary britannico chiede più flessibilità alla Germania, principale oppositore delle modifiche chieste dalla Gran Bretagna in materia di immigrazione interna, dimenticando che anche la Merkel è una ex cittadina dell’Europa dell’est e che proprio 25 anni or sono cadde fragorosamente il Muro di Berlino che impediva la libera circolazione delle persone tra Est e Ovest. Un tema delicato per i tedeschi e soprattutto per quelli nati nella ex Ddr. Sarà difficile per la Germania costruire nuovi “muri” tra l’Europa Occidentale e quella orientale seppure solo per fermare i viaggi delwelfare.