L’attrattività dei laureati porta enormi vantaggi economici. Non solo in termini di maggior crescita e livello del reddito, ma ancor prima di trasferimento di risorse investite per crescere e istruire le persone. Infatti, se il sapere determina la produttività e quindi è decisivo nel contribuire allo sviluppo economico dei territori, l’acquisizione di questo sapere richiede investimenti, privati e pubblici, dalla nascita fino alla laurea per crescere ed educare le persone. E quando una persona laureata si trasferisce da una regione a un’altra porta con sé il capitale profuso nella sua formazione.
Sulla base delle stime OCSE (Education at a glance, 2011), la Fondazione Nord Est ha quantificato il valore di tale capitale, evidenziando che in un solo anno il Nord-ovest riceve l’equivalente di 3,8 miliardi, con la Lombardia a far la parte del leone (3,3) e la sola Valle d’Aosta in deficit (-9 milioni). Il Nord-est nel complesso ha un saldo positivo (1,4 miliardi), però con forti diversità al suo interno: da un lato Emilia-Romagna con +1,5 miliardi e Trentino-Alto Adige con +83 milioni, dall’altro Veneto con -72 milioni e Friuli-Venezia Giulia con -117 milioni. Queste stime sono state elaborate per il 2019, l’ultimo anno pre-pandemia, avendo quest’ultima molto cambiato le abitudini lavorative e i movimenti delle persone.
Le conseguenze della fuga dei cervelli
Nel corso del tempo i flussi annui si cumulano in enormi vantaggi o perdite di competitività, con conseguenze evidenti nelle dinamiche del reddito e nelle decisioni di investimento delle imprese a favore delle regioni più attrattive e a scapito di quelle da cui i cervelli fuggono. Così, la Fondazione Nord Est stima che nel periodo 2011-19 il Nord-ovest abbia accolto persone laureate 25-64enni pari a un valore di investimento di 16 miliardi e il Nord-est di 6,8 miliardi, mentre il Centro abbia visto andarsene l’equivalente di 159 milioni e il Sud di 52 miliardi. Di nuovo, Lombardia mattatrice con 16,7 miliardi, seguita da Emilia-Romagna con 8,1, mentre Campania e Sicilia sono fanalini di coda con deflussi per 14,4 e 12,5 miliardi cumulati nei nove anni. Tuttavia, se si guarda solo ai movimenti con l’estero, anche i lombardi dimostrano di essere meno attrattivi di altre regioni oltreconfine, visto che hanno registrato una emigrazione netta di ben 22,4 migliaia di laureati nel 2011-19. Seguiti dai veneti (-9,52 migliaia), i laziali (-9,45) e i siciliani (-9,39). Ma mentre il depauperamento del capitale umano lombardo è in attenuazione, quello veneto è piuttosto costante.
L’Italia nel complesso perde oltre 13mila laureati nel 2019 e più di 100mila nel 2011-19, con un’emorragia di capitale umano equivalente a 3,8 miliardi nell’ultimo anno pre-pandemico e 29,3 miliardi nell’intero periodo qui considerato. Di fatto, un trasferimento di competitività ad altri sistemi produttivi, che intrappola il Paese in una spirale viziosa di bassi salari-fuga di cervelli-bassa produttività. La prossima Nota dalla Fondazione Nord Est esaminerà le strategie adottate dalle imprese per cercare di attrarre e trattenere i giovani. Come evidenziano i dati della tabella 1, solo Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Trentino-Alto Adige e Liguria registrano un saldo migratorio positivo nel periodo 2011-2019 per i laureati della classe di età 25-64, con un massimo nella prima di 57.078 e di solo 16 nell’ultima. Tale saldo complessivo è determinato da un una perdita netta registrata da tutte le regioni per quanto riguarda i trasferimenti da e per l’estero, a fronte di saldi interregionali che sono positivi in dieci regioni, ma non sufficienti a bilanciare il deficit con l’estero in Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria e Lazio. Ne consegue che la maggioranza delle regioni italiane si trova nella condizione di veder fuoriuscire una quota più o meno rilevante dell’investimento realizzato per la formazione dei laureati. L’investimento stimato per gli anni di crescita e formazione fino ai 25 anni, età prevista per la laurea, è pari a 165.000 euro di spesa sostenuta dalle famiglie e di 126.939 euro di spesa pubblica, per un valore complessivo di 291.939 euro*.
La perdita maggiore è quella subita dalle regioni del Sud, in particolare Campania, Sicilia e Puglia con disavanzi cumulati al di sopra di 10 miliardi. Beneficia invece di oltre 16,7 miliardi di afflussi la Lombardia, seguita dall’Emilia-Romagna con 8,1 miliardi nel periodo considerato. Mentre le altre regioni nordestine alternano il forte disavanzo del Veneto, pari a 1,5 miliardi cumulati (quasi avesse l’attrattività di alcune aree centro-meridionali del Paese), l’avanzo di Trentino-Alto Adige, per 525 milioni, e nuovamente il deficit del Friuli-Venezia Giulia, per 213 milioni.
Nel Nord-est tra il 2011 e il 2019 il saldo migratorio dei laureati è rimasto sempre positivo e in crescita costante dal 2014. Tale dinamica è attribuibile quasi esclusivamente al dato dell’Emilia-Romagna, che in tutto il periodo considerato ha evidenziato una rilevante e crescente capacità attrattiva, cui si aggiunge il dato positivo del Trentino, mentre Veneto e Friuli-Venezia Giulia hanno visto ridursi il numero di laureati residenti.
Il dato positivo
Il dato positivo è frutto della capacità dell’Emilia-Romagna di richiamare persone con elevata formazione dalle altre regioni italiane, mentre anche questo territorio cede laureati all’estero. Segno che nel confronto internazionale di attrattività risulta perdente. I saldi interregionali si traducono, come visto precedentemente, in perdita o guadagno di capitale investito per la crescita e la formazione dei laureati. Il Nord-est beneficia di 3,9 miliardi di spese sostenute dalle famiglie di altri territori (anche esteri) e di altri tre miliardi di spese pubbliche realizzate fuori dal Nord-est (anche oltreconfine). Nel complesso il guadagno è di 6,8 miliardi cumulati nel 2011-2019.
*I valori sono stati stimati per la componente familiare dal CSC e per quella pubblica dall’OCSE nell’edizione 2021 di Education at a Glance.