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L’Ocse raddoppia la stima di Pil per l’Italia ma avverte: “Ritardi sul Pnrr danneggiano la crescita”

Pixabay

Dopo il +3,8% messo a segno nel 2022, il Pil italiano dovrebbe crescere dell’1,2% nel 2023 e dell’1% nel 2024. Lo stima l’Ocse nell’Economic Outlook che raddoppia le stime dello scorso marzo passando, appunto da +0,6% a 1,2%. Si tratta di previsioni simili a quelle diffuse ieri dall’Istat, secondo cui l’Italia crescerà dell’1,2% quest’anno e dell’1,1% l’anno prossimo. 

“I rischi per la crescita – scrive l’Ocse – sono sostanzialmente bilanciati” anche grazie agli elevati risparmi delle famiglie “che potrebbero guidare a un rimbalzo della domanda interna più rapido” del previsto. “Al contrario – avverte l’Ocse – ricadute negative dalla recente turbolenza del settore bancario internazionale o ulteriori ritardi nell’attuazione dei progetti di investimento pubblico del Pnrr potrebbero rallentare la crescita”. 

Parlando invece dell’inflazione, secondo l’Ocse “nel complesso, la combinazione di prezzi dell’energia più bassi, condizioni finanziarie più restrittive e politiche fiscali moderatamente restrittive dovrebbero portare a un graduale allentamento delle pressioni inflazionistiche pur consentendo una modesta ripresa dell’attività”. 

Ocse sul Pnrr: “Ritardi potrebbero ridurre la crescita”

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico avverte l’Italia: “I ritardi nell’attuazione del Piano di ripresa e resilienza potrebbero ridurre la crescita del Pil”.  Secondo gli economisti parigini, piuttosto, “la rapida attuazione delle riforme strutturali e dei piani di investimento pubblico nel Pnrr sarà fondamentale per sostenere l’attività a breve termine e gettare le basi per una crescita sostenibile nel medio termine”, oltre ad avere “l’ulteriore vantaggio di esercitare ulteriori pressioni al ribasso sul rapporto debito/Pil”.

L’Ocse sottolinea che “le riforme in corso della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario e della concorrenza sono a buon punto e restano fondamentali per aumentare il Pil nel medio termine. Ma la spesa dei fondi NextGenerationEu è in netto ritardo, con la spesa cumulata che alla fine del 2022 era di circa il 50% inferiore ai piani di spesa iniziali, il che riflette principalmente ritardi nell’attuazione di progetti di investimento pubblico”. Per questo, sottolinea l’Ocse, “la priorità dovrebbe essere quella di sostituire rapidamente progetti non fattibili con progetti fattibili e rafforzare la capacità della pubblica amministrazione di agire in modo efficiente gestire e realizzare i progetti di spesa pubblica previsti dal Pnrr”

Ocse: riforme elemento chiave per la crescita e la riduzione del debito

“L’orientamento di bilancio leggermente restrittivo” dell’Italia “appare ampiamente appropriato e negli anni a venire sarà necessario un consolidamento continuo per porre fine al problema rapporto debito/Pil su un percorso più sostenibile”, si legge nell’Economic Outlook, in cui gli economisti sottolineando che “le riforme strutturali saranno un elemento chiave per sostenere la crescita e ridurre il rapporto fra debito pubblico e pil”. 

Andando avanti con le stime, secondo l’Ocse il debito pubblico scenderà al 140,7% nel 2023 e al 139,4% nel 2024, mentre il deficit calerà dall’8% del Pil del 2022 al 4,1% del 2023 per poi scendere ulteriormente al 3,2% nel 2024.

 In particolare l’Ocse sostiene che “mentre la politica fiscale nel periodo 2023-24 trova un giusto equilibrio tra prudenza di bilancio e sostegno alla crescita, negli anni a venire sarà necessario un maggiore risanamento dei conti per aumentare il rapporto debito/Pil lungo un percorso più sostenibile”. Secondo gli economisti di Parigi “i piani di consolidamento dovrebbero includere misure ambiziose per combattere l’evasione fiscale e revisioni complete della spesa per aumentare l’efficienza della spesa pubblica” E anche l’attuazione delle misure del Pnrr innalzando la crescita “potrebbero avere il beneficio aggiuntivo di ridurre il rapporto tra debito e Pil”. L’organizzazione internazionale ricorda tra l’altro anche che “sta anche aumentando il costo del governo per rifinanziare l’ampio stock di debito pubblico, con i costi del servizio del debito dovrebbero raggiungere circa il 4% del pil nel 2024”.

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Categories: Economia e Imprese