La scure dell’Ocse cala sul Pil dell’Italia. Secondo le nuove previsioni pubblicate oggi dall’Organizzazione, il nostro Paese chiuderà il 2014 con un Pil in contrazione dello 0,4%. Il taglio è pesantissimo, considerando che a maggio le stime parlavano ancora di un +0,5%. Per il 2015, invece, la riduzione è di un intero punto percentuale: crescita attesa allo 0,1%, a fronte del +1,1% indicato nell’Economic Outlook pubblicato cinque mesi fa.
I numeri confermano che l’Italia si colloca all’ultimo posto delle grandi economie avanzate del G7. L’ente parigino ha rivisto al ribasso le stime su tutti i paesi, con l’eccezione di Gran Bretagna e Canada, ma i tagli più consistenti riguardano proprio il nostro Paese.
L’Ocse parla di un’economia globale che continua a crescere “a ritmi moderati e discontinui”, con andamenti divergenti tra le varie aree economiche. In particolare, con gli Usa che segnano ritmi di espansione solidi, l’Organizzazione prevede un +2,1% quest’anno e un +3,1% per il 2015. L’area euro, invece, continuerà a fare i conti con una congiuntura debole: +0,8% nel 2014 e +1,1% nel 2015.
Quanto ai singoli Paesi, in Germania la crescita si attesterà al +1,5% sia quest’anno che il prossimo, mentre in Francia si registrerà un +0,4% sul 2014 e un +1% sul 2015. In Giappone è atteso +0,9% quest’anno e +1,1% il prossimo, mentre in Gran Bretagna rispettivamente +3,1 e +2,8%.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico avverte che la moderazione della crescita significa che il mercato del lavoro resterà in una situazione “sostanzialmente fiacca”, specialmente nell’eurozona, mentre il commercio globale risulterà lento.
L’area euro preoccupa in particolare per la debolezza della domanda e per il rischio di deflazione. Si sta indebolendo ancora la fiducia e lo stato anemico della domanda si riflette nel calo dell’inflazione, che dura da tre anni. Un’inflazione vicina allo zero “chiaramente aumenta il rischio di una caduta nella deflazione, il che potrebbe perpetuare la stagnazione e aggravare il peso del debito”. Data la debolezza della domanda, “la flessibilità prevista all’interno delle regole fiscali Ue dovrebbe essere utilizzata per sostenere la crescita”.