Se il governo Renzi si aspetta che le amministrazioni locali collaborino alla riforma delle società partecipate e più in generale delle local utilities, si rassegni e rimanga in attesa di mister Godot. Ogni incentivo orientato a tal fine risulterebbe inefficace stante il coacervo degli interessi che circondano le local utilities e le resistenze al cambiamento.Le tante piccole IRI costituite nel corso degli anni dagli enti pubblici (Comuni, Camere di Commercio e Regioni e nel futuro in parte trasferite alle Città metropolitane) stanno opponendo la stessa resistenza al cambiamento che a suo tempo fecero le partecipazioni statali a cavallo degli anni ottanta e novanta. Come tutti sanno fu necessario un intervento del governo con l’adozione di un decreto legge per avviare le privatizzazioni e restituire al mercato ciò che era del mercato.
Il caso delle local utilities richiede ora lo stesso tipo di radicale intervento attuato con decreto legge che ovviamente darà voce alle solite proteste di lesa autonomia, che tuttavia l’evidenza dimostra essere utilizzata assai malamente.Per decidere consapevolmente anche nel medio e lungo periodo occorre garantire innanzi tutto una maggiore trasparenza del mondo oscuro delle local utilities, a tal fine a) deve essere costruita rapidamente l’anagrafe nazionale delle local utilities (nessuno ne conosce esattamente il numero e neppure i settori in cui operano) cui tutti possono accedere, affidandone il compito all’Istat che dispone delle tecnologie informatiche e delle professionalità più opportune. L’anagrafe deve esplicitare almeno le partecipazioni dirette e indirette di ogni local utility, lo scopo sociale come risulta dallo statuto, il numero dei consiglieri e dei dipendenti; b) il registro delle imprese (è sufficiente un computer) deve essere trasferito dalle Camere di Commercio (enti inutili che in base ad una malintesa autonomia non garantiscono l’uniformità dei formata a livello nazionale) all’Istat che dovrà incrociare i dati con quelli dell’anagrafe delle local utilities, per garantire la correttezza dell’informazione al mercato; c) il codice identificativo dell’anagrafe deve accompagnare quello del registro delle imprese.
In attesa di quanto sopra alcuni provvedimenti possono essere assunti con altri decreti legge tra cui a) la trasformazione in società per azioni delle local utilities che abbiano un aveste giuridica diversa, la c.d. “privatizzazione fredda“ b) il divieto di interloking: nessun amministratore può ricoprire più di una carica nell’arcipelago delle local utilities; c) nel caso in cui l’ente pubblico detenga il 100 per cento della società partecipata il Cda della stessa deve essere sostituito da un amministratore unico. Negli altri casi il numero dei consiglieri non può essere superiore a cinque. Tutto ciò deve essere comunicato tempestivamente all’anagrafe di cui sopra.
I passi successivi dovrebbero essere: a) l’ente pubblico deve procedere alla costituzione di una società per azioni holding di partecipazione con capitale sociale posseduto esclusivamente dall’ente stesso, che diviene così illimitatamente responsabile dei debiti sottostanti; b) alla holding di partecipazione sono trasferite tutte le partecipazioni societarie delle società operative partecipate direttamente o indirettamente dall’ente pubblico; c) il CdA della holding, che esercita i diritti dell’azionista unico, è nominato dall’ ente pubblico con procedure trasparenti e con evidenza on line dei CV di coloro che si propongono per il CdA stesso; d) gli utili incassati dalla holding di partecipazione sono trasferiti all’ente pubblico; e) il CdA della Holding formula un piano di dismissione delle partecipazioni mediante asta competitiva con evidenza pubblica. Il ricavato delle cessioni deve andare prioritariamente ridurre il dell’ente pubblico; f) le aziende che non hanno capacità economiche per sopravvivere sono poste in liquidazione.