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“Lo stop al petrolio russo porterà nuovi rincari e speculazione violenta”. Lo sostiene FederPetroli

Per Michele Marsiglia (presidente FederPetroli) l’embargo sul petrolio russo avrà forti impatti sull’Italia a iniziare dalla raffineria Lukoil che viene approvvigionata esclusivamente via nave

“Lo stop al petrolio russo porterà nuovi rincari e speculazione violenta”. Lo sostiene FederPetroli

“In questi tre mesi di conflitto ucraino si è sicuramente visto che la Russia è un hub fondamentale per l’indotto petrolifero internazionale, specialmente per l’Europa e l’Italia. Indotto internazionale che ovviamente viene penalizzato da quest’ultimo pacchetto di sanzioni, una sorta di autogol. A differenza del gas, che ha continuato ad arrivare, dal 2023 verrà colpito il flusso di trasporto del greggio via nave, che per l’Italia è importante”. Lo ha detto Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, che ha commentato così la decisione del Consiglio europeo che qualche giorno fa ha approvato il sesto pacchetto di sanzioni per Mosca dopo l’avvio della guerra in Ucraina: pacchetto che prevede lo stop totale all’ingresso via nave del petrolio russo in Europa entro l’anno.

Stop al petrolio russo: allarme per la raffineria di Siracusa

Marsiglia ha parlato dei diversi impatti che le sanzioni Ue contro la Russia avranno sul nostro Paese. A iniziare dalla raffineria Lukoil di Priolo che rischia lo stop perché lavora solo il greggio inviato da Putin su navi. In questi tre mesi questa raffineria ha dovuto “ritirare” più petrolio russo, perché dagli altri Stati non poteva ricevere, a causa delle sanzioni, altro petrolio. Quindi si è registrato da marzo a oggi un piccolo aumento dell’import di petrolio russo rispetto ai “5,5 milioni di tonnellate, pari al 10% del totale nazionale, del 2021. Nel contempo, però, la Lukoil ha dovuto gestire grosse difficoltà, e ora con questo embargo subirà un impatto molto pesante, anche se ci sono circa 6 mesi per pensare a una riorganizzazione. Ma entro l’anno scatta l’embargo che rischia di fermare tutto il polo petrolchimico che da solo vale il 26% della raffinazione nazionale”.

Non solo Lukoil. Ci sono altre raffinerie che saranno colpite dallo stop graduale al petrolio russo che “per un Paese come il nostro che non è produttore di petrolio, sarà comunque forte per tutto l’indotto italiano”, ha sottolineato il numero uno di FerderPetroli. “Un problema che non si può risolvere in pochi mesi, anche perché il petrolio russo, che serve per fare diversi tipi di prodotto raffinato, è un greggio molto quotato, non di bassa qualità”. E che l’Italia importa circa 5,5 milioni di tonnellate di greggio russo, il resto da Medio Oriente e Mediterraneo.

Marsiglia: “Si rischia un blocco del traffico per lo stop al petrolio russo”

Il sesto pacchetto compre anche un embargo alla vendita di servizi assicurativi per le petroliere che lo trasportano da un porto russo non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Si rischia un blocco del traffico dai porti russi nel mondo. “Il servizio assicurativo sulle petroliere è uno dei perni dominanti della logistica petrolifera, specialmente in situazioni geopolitiche belliche, tanto che uno dei costi maggiori è proprio l’assicurazione”, ha detto Marsiglia.

Nel dettaglio – ha aggiunto – l’armatore cura l’assicurazione della nave, le aziende acquirenti assicurano il carico. La criticità riguardano “i punti delicati e rischiosi” che le petroliere devono attraversare, come lo Stretto di Hormuz, e affrontare rotte in zone interessate da conflitti, come lo Yemen o per noi la Libia. Il rischio bellico alza esponenzialmente i premi da pagare. “Capita anzi molto spesso che l’alto costo del greggio dipende proprio dall’elevato costo dell’assicurazione fissato dai grossi broker internazionali. L’indotto finanziario sul business assicurativo sui carichi petroliferi è talmente alto che arriva ad avere lo stesso valore del carico trasportato e si mangia tutti i possibili margini. Anche perché nel frattempo sono aumentati pure i costi dei noli. Questa misura porterà sicuramente a un ulteriore rincaro del prezzo del greggio, ma non solo sull’Italia, ma su scala globale: si scatenerà una speculazione finanziaria molto violenta”.

Marsiglia: “L’aumento di produzione dell’Opec+ servirà a ben poco”

“Si tratta di un aumento insignificante – spiega Marsiglia –, tanto che il prezzo del greggio ha avuto un’oscillazione tra i 113 e i 115 dollari al barile. Niente di che, visto che fino a qualche giorno fa le quotazioni erano a 118. Il mercato ha snobbato questa scelta dell’Opec+”. Inoltre, “gli Usa si sono complimentati con l’Arabia Saudita, che ha deciso di aprire poco i suoi rubinetti, quel tanto che basta però per non andare comunque a calmierare i prezzi, ha aggiunto il presidente. “L’Opec+ ci tiene a mantenere il prezzo ancora su questi livelli, se non di più, per recuperare tutto quello che ha perso, a causa dei consumi stagnanti, durante i due anni di Covid. Adesso invece c’è tutto il mondo in movimento e cresce la domanda di benzina e gasolio. La Russia sperava di essere esonerata dal pagamento della quota presso l’Opec, come è stato concesso al Venezuela e all’Iran, perché sotto sanzioni, e alla Libia, perché in quel paese è in corso una guerra. Ma Mosca non ha ottenuto la sospensione, quindi deve continuare a produrre, anche se è in affanno”.

Il problema qual è? Secondo Marsiglia, attualmente la Russia non riesce a produrre tanto petrolio perché “mancano le aziende del settore, molte altre, anche italiane, hanno abbandonato il Paese e oggi è praticamente impossibile ammodernare gli impianti o rifornire la Russia di infrastrutture, di apparecchiature e di materiali: se si rompe uno scambiatore di calore, per esempio, o una parte di oleodotto, non si possono mandare la parti di ricambio. Non solo: si vuole bloccare anche l’export verso la Russia di alcune tipologie di prodotti raffinati, togliendo così ulteriore ossigeno alla produzione”.

Il tetto al prezzo del gas e il gas naturale liquefatto

E sul tetto al prezzo del gas, Marsiglia ha sottolineato la “positività” di ancorare il prezzo del gas – in situazioni di estrema volatilità – ma che bisogna vedere a che soglia si fissa questo tetto. “In Europa non c’è unanimità sul price cap, perché ogni Paese ha dei contratti diversi, vuoi per posizione geografica e vuoi perché ogni transito in uno Stato diverso presenta delle royalties da pagare. Ciò che può andar bene per un paese, può essere sfavorevole per un altro. Quindi, va trovato un prezzo giusto, qui sta la difficoltà”.

Sull’acquisto di Snam per una nave rigassificatrice per 350 milioni da Golar LNG, il numero uno di Federpetroli ha spiegato che in realtà ad essere davvero vantaggiosi sono soprattutto i rigassificatori. “Bisogna quindi realizzare i tre già programmati e non ancora ultimati, mettendo anche gli impianti esistenti in condizione di poter lavorare a pieno regime”. E a proposito di gas naturale liquefatto dagli Usa: “è un bagno di sangue: ne stiamo acquistando tanto, ma sappiamo che abbiamo aree del Paese che non hanno una rete di metanizzazione”.

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