Metti una sera a cena…Sullo Stadio della Roma l’ultima cena che è stata consumata, proprio alla vigilia dello scandalo esploso con i 9 arresti della Procura romana, è stata quella tra Davide Casaleggio (figlio di Gianroberto, il fondatore del Movimento 5 Stelle con Beppe Grillo) e il presidente di Acea Luca Lanzalone, che oggi s’è dimesso dal suo incarico, appena poche ore prima del suo arresto. Motivo dell’incontro tra lo stratega della piattaforma Rousseau e l’avvocato che ha seguito, come consulente dell’M5S, la vicenda dello Stadio di Tor di Valle sarebbe stata la partita sulle nomine nelle società pubbliche, dalla Cassa Depositi e Prestiti (da rinnovare entro fine mese) alla Rai.
La cena è uno dei tanti tasselli emersi dall’inchiesta avviata dal giudice per le indagini preliminari Maria Paola Tomaselli e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, inchiesta che ha svelato quello che i magistrati hanno definito il “Sistema” di corruzione, riconducibile al costruttore Luca Parnasi che ora mette nei guai non solo i Cinque Stelle ma anche la Lega. Diverso il caso del Pd perché se è vero che agli arresti (domiciliari, come Lanzalone) è finito anche l’ex assessore regionale Dem Michele Civita, è altrettanto vero che l’eroe del giorno è l’assessore all’urbanistica di Milano Pierfrancesco Maran, anche lui Pd, che all’offerta di un appartamento per blandirlo, arrivata dal costruttore romano, ha risposto semplicemente di no, “a Milano non si usa” ha riferito lo stesso Parnasi nelle intercettazioni. E oggi, a chi lo elogiava per questo comportamento onesto, ha risposto ringraziando ma anche annotando su Facebook: “Ci tengo a dire che questa però è e deve essere la normalità”.
L’inchiesta romana ribalta dunque i ruoli: dall’onestà grillina macchiata irrimediabilmente alla rivincita dell’orgoglio Pd, passando per le lacrime di Virginia Raggi che, di fronte alle notizie arrivate da Palazzo di Giustizia, convoca i suoi collaboratori e si lascia andare a una crisi di pianto mista a rabbia. “Non è colpa mia, non l’ho scelto io” dice la sindaca riferendosi a Lanzalone, come riporta oggi La Repubblica. “Me l’hanno imposto loro” averebbe poi aggiunto, citando Alfonso Bonafede, diventato ora ministro della Giustizia, insieme a Riccardo Fraccaro, attuale ministro per i Rapporti con il Parlamento. Entrambi tanto vicini al vicepremier Luigi Di Maio da essere soprannominati “i Dioscuri” ed esserle stati affiancati come “tutor” nei giorni difficili dell’arresto per corruzione di Raffaele Marra. Giovedì mattina, letti i giornali, la sindaca di Roma è partita al contrattacco: “I giudici dicono che io non c’entro niente e non c’è un giornale che abbia avuto il coraggio di riportare questa notizia. Il Comune, i romani e la società Roma calcio sono la parte lesa”. E annuncia querele.
Le vicende romane si intrecciano anche con la Lega che, come ha ricostruito un’inchiesta de l’Espresso, avrebbe ricevuto 250.000 euro con due versamenti all’associazione “Più voci”, considerata vicina appunto all’orbita leghista. Nelle intercettazioni a supporto dell’inchiesta sullo Stadio della Roma, Parnasi spiega che “questa è un’Associazione che ha valorizzato non solo la Lega ma ha valorizzato Stefano Parisi tutto il centrodestra diciamo…. a Milano ed è stato anche un veicolo con cui io mi sono accreditato in maniera importante no… ho organizzato cene, ho portato imprenditori, ho fatto quello che, tu mi insegni, un ragazzo di 38 anni all’epoca doveva fare per crescere a Milano..”.
Il “Sistema” di Parnasi si estendeva anche ai finanziamenti (25.000 euro) per la campagna elettorale di Adriano Palozzi, poi eletto con Forza Italia e oggi vicepresidente del consiglio regionale del Lazio. Ma anche ad altri politici e funzionari corrotti con denaro, consulenze, assunzioni e prebende di vario genere che spetterà ora alla magistratura chiarire e dimostrare in tutta la loro ampiezza.