“L’euro è irrevocabile”. A quasi cinque anni dal celebre “whatever it takes”, Mario Draghi è tornato in campo. Contro i nemici interni (vedi Marine Le Pen) ed esterni (l’America di Donald Trump), ma anche contro i leader di Eurolandia alla caccia di scorciatoie (l’Europa a due velocità non piace granché al presidente della Bce) o lanciati a testa bassa, come Wolfgang Schaeuble, contro il Quantitative easing.
Al contrario, proprio la politica della Bce ha reso possibile una robusta ripresa dell’economia europea (meglio degli Usa nel quarto trimestre 2016). Da questo punto di vista la situazione è migliore di quella del 2012, ma sugli spread dell’Eurozona (la forbice Btp/Bund è salita a 200 pb, massimo dal 16 ottobre 2014) pesa la prossima stagione elettorale europea. Oltre a due macigni: la Grecia (problema probabilmente insolubile) e la crisi delle banche di casa nostra. E così il mercato finanziario italiano è tornato a essere terreno di scorribanda per la speculazione internazionale che punta sull’indebolimento, o peggio lo sgretolamento, dell’Europa e delle sue istituzioni.
PIATTA WALL STREET, GIÙ IL PETROLIO: ENI -2%
Meteo Borsa, come non capitava da tempo, torna a concentrarsi sull’Eurozona. Donald Trump, impegnato a dar battaglia contro i giudici, cede per un giorno i titoli di copertina.
Deboli le Borse asiatiche, salgono i prezzi (e scendono i rendimenti) dei bond: il decennale giapponese tratta a 0,085% . La Borsa di Tokyo arretra dello 0,4% sotto la pressione dei titoli dell’energia. In tosso anche Hong Kong e Shanghai, entrambe -0,3%.
Seduta in rosso pallido per i listini americani, condizionati dal calo del greggio. Da oggi torna nel vivo la campagna delle trimestrali. L’indice Dow Jones è sceso dello 0,09%, l’S&P 500 dello 0,21%. Nasdaq -0,06%.
Le parole di Mario Draghi a sostegno dell’Europa unita, con implicita promessa di proseguimento dell’attuale politica monetaria espansiva, hanno spinto in alto il dollaro, arrivato ieri sera a 1,074 sull’euro. Stamattina il cross è 1,071.
L’aumento del rischio politico contribuisce a far salire l’oro, arrivato ieri sera sui massimi degli ultimi tre mesi, a 1.235 dollari.
IMMIGRATI: APPLE CONTRO TRUMP
Riflettori accesi oggi sulla Corte d’Appello di San Francisco, che si pronuncerà sul ricorso della Casa Bianca contro la sospensione del decreto anti-immigrati. I big della tecnologia, a partire da Apple (+1%) e Alphabet (+0,2%), hanno annunciato il pieno sostegno finanziario e legale contro la decisione di Donald Trump.
Il rispetto dei diritti civili non implica analoga attenzione per quelli dei soci di minoranza. Snap, la società della new economy che si appresta a sbarcare a Wall Street con una Ipo da 3 miliardi di dollari, intende collocare titoli senza diritto di voto.
Scendono i prezzi del greggio: Brent a 55,7 dollari, Wti a 53,01. L’aumento della produzione dello shale oil Usa ha annullato l’effetto delle nuove tensioni tra Iran e Usa. In ribasso ConocoPhillips (-0,67%), Chevron (-0,52%) ed Exxon (-0,23%).
A piazza Affari netto ribasso per Eni (-2%). Saipem ha chiuso in calo dell’1,5% azzerando i guadagni della mattinata dopo che il broker americano Jefferies aveva alzato il giudizio a Buy da Hold, con target price a 0,6 euro da 0,43 euro.
TONFO DI MILANO (-2,2%), LO SPREAD OLTRE I 200 PUNTI
Torna ad aleggiare sull’Europa lo spettro dello spread. La tempesta scatenata dal programma di Marine Le Pen si è diffusa da Parigi alla Spagna, ma l’epicentro della crisi è stata, al solito, la piazza italiana, indebolita dai bancari. La Borsa di Milano ha chiuso la seduta di lunedì con un deciso calo del 2,2%, a 18.694 punti, la performance peggiore del Vecchio Continente.
Le tensioni sul mercato italiano si sono fatte sentire anche sugli altri mercati: Parigi ha ceduto lo 0,98%. Seduta negativa anche per Francoforte (-1,22%), nonostante il balzo in avanti degli ordinativi industriali, cresciuti a dicembre del 5,2%, in netto rialzo rispetto al +0,7% atteso e in netta ripresa dopo il -3,6% di novembre.
Londra ha chiuso le contrattazioni a -0,22%. L’indebolimento della sterlina a seguito del referendum su Brexit ha pesato sull’utile netto di Ryanair. La regina delle compagnie aeree low-cost paga il conto del divorzio di Londra dall’Unione vedendo scendere il profitto dell’8% nel terzo trimestre dell’esercizio 2016-2017 nonostante il sensibile aumento del traffico (+16% a 28,8 milioni di passeggeri nell’ultimo trimestre).
Giornata di passione per il mercato del debito. Il differenziale tra le obbligazioni pubbliche tedesche e il Bonos spagnolo è salito fino a 141 punti base, mentre lo spread con i titoli francesi ha superato i 76 punti base, il top da 4 anni a questa parte.
Non meno pesante l’effetto sui Btp. Per ritrovare un valore dello spread tra decennali Btp/Bund superiore ai livelli attuali (202,5 punti base il picco di ieri) occorre risalire all’ottobre del 2014. Procede in parallelo all’allargamento dello spread la salita dei rendimenti, facendo lievitare il decennale fino a 2,40% (nuovo massimo da luglio 2015) e il trent’anni oltre il 3,50%.
Preoccupa in questa cornice la prossima revisione del ratig Italia da parte di Moody’s, prevista per venerdì prossimo.
MA NEL SONDAGGI A PARIGI È IN TESTA MACRON
Oltre a Mario Draghi, contro la possibilità di un’uscita della Francia dalla moneta unica è sceso in campo il governatore della Banca di Francia, Villeroy de Gallliau. “L’idea di abbandonare l’euro e di svalutare una nostra moneta per essere liberi di fare più deficit – ha scritto in un intervento su Le Figaro -trascura il fatto che il finanziamento del debito della Francia diventerebbe significativamente più caro: più di 30 miliardi di euro l’anno”.
Secondo i sondaggi per le elezioni di aprile, Marine Le Pen con il 25,5% è in testa al primo turno davanti all’ex ministro Emmanuel Macron. Ma al ballottaggio Macron dovrebbe imporsi con il 63% contro il 37%.
PIOVONO LE VENDITE SU UNICREDIT, MA I BROKER SONO POSITIVI
“Il futuro finanziario dell’Italia poggia su Unicredit?”, si chiede stamane il Financial Times sottolineando la posta in gioco: “L’aumento di 13 miliardi potrebbe ristabilire la fiducia sia nella banca che nell’intero Paese”. La partenza, per la verità, non è stata brillante, anche per la disgraziata coincidenza con la turbolenza sul settore finanziario europeo. Unicredit ha così perso il 6,8% nel giorno d’avvio dell’aumento di capitale. Il titolo ha chiuso a 12,21 euro, peggio ha fatto il diritto (-18,85% a 10,59 euro). Le azioni di risparmio hanno segnato un ultimo prezzo a 40,98 euro (+9,87%) ma su scambi molto modesti: solo 876 titoli sono passati di mano.
Arrivano intanto le revisioni di prezzo dei broker. Equita Sim, per esempio, ha aggiustato il prezzo obiettivo a 16,4 da 34,9 euro, confermando a buy il rating, per considerare proprio lo stacco dei diritti dell’aumento. Gli esperti ricordano che la banca ha raggiunto un accordo con le organizzazioni sindacali, che potrebbe aumentare la visibilità del taglio dei costi. Buy anche da Icbpi e Banca Akros. La prima rettifica il precedente target da 29 a 14,5 euro. Akros è passata a 18,8 da 32 euro.
In terreno negativo gli altri titoli del settore. Intesa -2,4%, anche se Natixis ha rafforzato il giudizio Buy, ritoccando il target price a 2,80 euro da 2.70 euro. Pesanti le perdite delle ex Popolari: Ubi -5,4%, Banco Bpm -5,8%, Pop.Emilia -5,7%.
Generali è scesa del 2,3%. Hanno perso quota anche le altre assicurazioni: Unipol -4,9%, UnipolSai -3,8%.
PIOGGIA DI BUY PER TELECOM ITALIA E VOLA CNH
Non è stata tutta da buttar via la giornata di Piazza Affari, che ha riservato anche belle sorprese, a partire dalla conference call di Telecom Italia (+1,4%), dedicata sia ai risultati sia al business plan fino al 2019. Il gruppo delle tlc ha chiuso il 2016 con un rialzo a doppia cifra dell’Ebitda, dopo aver realizzato in soli nove mesi del 2016 tutto il taglio dei costi da 600 milioni previsto al 2018.
Positiva la risposta dei brokers. New Street Research ha alzato il target a 1,25 euro, confermato il Buy. Mediobanca ha portato il target price a 1,34 euro da 1,23 euro, confermato il giudizio Outperform. Deutsche Bank ha portato il target a 1,25 euro. Il consenso aggiornato di Bloomberg vede 22 suggerimenti di acquisto su un totale di 37 analisti. Target medio a 1,01 euro: a inizio anno era 0,97 euro. Sale a buy anche il giudizio di Jefferies.
Ancor più brillante Cnh Industrial (+3,1%). A spingere il titolo sono state le indiscrezioni sulla possibile vendita della divisione macchine per costruzioni, una mossa che permetterebbe al gruppo della famiglia Agnelli di concentrarsi su trattori e macchine agricole. Exor è scesa dell’1,5%, Fca -2,4%. Meglio del mercato Ferrari (-1,39%). Banca Imi ha alzato il prezzo obiettivo a 72,1 euro confermando la raccomandazione buy.
CITIGROUP ALZA IL TARGET DI FERRAGAMO
Deboli gli altri industriali: Leonardo ha perso il 3,2%, StM -0,9%, Prysmian -2,9%. Ribassi diffusi anche fra i titoli del Lusso. Ferragamo -1,9%: Citigroup ha ritoccato il target price a 30 euro da 26,50 euro, mentre Kepler-Cheuvreux lo ha spinto a 29 euro da 27,50 euro. Luxottica-2,2%, Yoox -2,3%.