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Lo spinoso sardo, il carciofo gentile riscoperto negli anni ’60

carciofo spinoso violetto di Albenga

Ricco di antiossidanti e sostanze utili all’organisimo, il Carciofo Spinoso di Sardegna è uno dei tesori gastronomici italiani. Il gusto e la consistenza, lo differenziano da tutte le altre varietà che vengono coltivate nel resto d’Italia. Grazie alle sue proprietà nutritive, al sapore bilanciato e alla tenerezza della polpa, il carciofo sardo, un carciofo gentile da scoprire oltre le spine, può essere consumato crudo (una volta eliminate le foglie più esterne), in pinzimonio o in insalate, insieme a fettine di pecorino o semplicemente spolverato con bottarga. E’ ottimo anche cotto, con secondi piatti a base di carne, come l’agnello, oppure fritto, da servire come antipasto. È possibile conservarlo sia al naturale che sott’olio. Per tutti questi motivi e per le sue particolari caratteristiche ha ottenuto, nel 2011, il marchio denominazione di origine protetta (DOP).

Dalla forma conica allungata ed appuntita, mediamente compatto, termina con lunghe spine gialle, il colore delle brattee esterne (foglie o petali nel gergo comune) è di un verde intenso con sfumature violette-brunastre, mentre quelle interne sono di un bel giallo paglierino con striature violacee. La forma allungata e compatta lo preserva dall’esposizione a sostanze esterne nocive, così da garantire la salubrità di questo ortaggio.

Si tratta di una pianta di taglia media con il capolino principale tra i 45 e i 70 cm di altezza, con foglie disposte a rosa; al centro un robusto gambo poco fibroso, edibile e molto tenero. La consistenza è, invece, carnosa, tenera e, allo stesso tempo, croccante. Si caratterizza per un profumo intenso, floreale, con un gusto molto equilibrato, tra l’amaro e il dolce, risultando poco astringente per l’elevato contenuto di carboidrati, che controbilanciano la presenza dei tannini.

Questo ortaggio presenta innumerevoli proprietà benefiche. Essendo povero di calorie è perfetto per chi ha intenzione di dimagrire, riuscendo a dare quella sensazione di sazietà per non esagerare a tavola. Inoltre, contiene molte fibre e sali minerali, come calcio, fosforo, potassio, ferro e magnesio. Ha inoltre un buon contenuto di vitamine (A,C, PP e B2), che rendono il prodotto un ottimo tonificante e disintossicante, in grado di stimolare la diuresi e l’attività del fegato. Per questo motivo, il carciofo viene anche utilizzato alla base di diversi prodotti, come le tisane.

Se da un lato è importante per mantenere la linea, dall’altro comporta numerosi benefici anche a livello salutare. Ad esempio, è un ottimo alleato per chi soffre di colesterolo, ipertensione e diabete (grazie alla presenza di cinarina e inulina). È scientificamente dimostrato, che il suo consumo è in grado di abbassare la glicemia.

L’altissimo valore nutritivo è testimoniato anche dai benefici che apporta all’apparato cardio-circolatorio. Difatti, gli acidi fenolici prevengono arteriosclerosi e trombosi.

Le proprietà organolettiche dipendono soprattutto dalla coltivazione di questo prezioso prodotto, che ha trovato in Sardegna l’ambiente perfetto per la sua nascita e sviluppo. Le condizioni morfologiche e pedoclimatiche nelle aree costiere, caratterizzate da microclimi particolari, nei fondo valle e nelle pianure centrali dell’isola, localizzate ai margini dei più importanti corsi d’acqua, hanno reso ideale lo sviluppo di questo ortaggio. La sua produzione avviene in alcuni comuni delle province di Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Oristano, Nuoro, Ogliastra, Sassari, Olbia-Tempio.

Per quanto riguarda la produzione e coltivazione , il carciofo vanta un’ antica tradizione che trova le sue radice ai tempi degli egizi e dei greci, sino ai giorni nostri, dove rappresenta una delle economie cardine dell’agricoltura nazionale. In Sardegna, le prime testimonianze risalgono al 1780, nei più antichi trattati sardi di agronomia e della flora sarda, quali “Agricoltura di Sardegna” di Andrea Manca Dell’Arca. Altri scritti sono: il “Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale” del Casalis del 1850, e il “Manuale della fauna e della flora popolare sarda indigena” di Vacca-Concas del 1916. Fino agli anni ’30, nel Campidano, la coltivazione era rivolta ad uso familiare, solo negli anni ’50-’60 la coltura del carciofo si è evoluta verso il commercio sia nazionale che internazionale. Si racconta che alla fine di questo periodo, i primi tagli venivano venduti a 500 lire l’uno (0,25 euro).

Il Carciofo Spinoso di Sardegna DOP è coltivato in “pieno campo”, secondo le tecniche e regole disposte dal Disciplinare di produzione. Per prima cosa, i terreni devono essere freschi, di medio impasto e ben drenati, la cui preparazione inizia con la dismisura e/o l’aratura profonda, seguita dall’inserimento di ovuli e/o carducci provenienti da piantagioni appartenenti ai territori indicati dal Disciplinare.

Il trapianto avviene tra la seconda metà di giugno e i primi di agosti, così da avere una produzione precoce nel periodo autunnale. I successi innesti avvengono tra agosto e settembre, consentono di ottenere produzione più tardive nel periodo invernale-primaverile.

Inoltre, per assicurare un regolare sviluppo delle piante si interviene con il metodo della fertirrigazione. La raccolta, invece, deve essere eseguita a mano, recidendo il gambo all’altezza dell’inserzione dei capolini, prima dell’apertura delle brattee, ovvero tra inizio settembre fine maggio. La resa produttiva massima è di 10 capolini per pianta. Affinché si possa parlare di un prodotto DOP anche il confezionamento deve avvenire nelle aree definite dal Disciplinare.

Tutte queste operazioni devono essere fatte in tempi rapidi e con il minor numero di manipolazioni, così da garantirne la freschezza, essendo un prodotto molto delicato e facilmente deperibile.

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