L’attuale condizione di crisi dovuta alla pandemia da virus SARS Cov-2 dimostra con cruda veemenza che la resilienza è una qualità imprescindibile del fare impresa: è infatti sempre più urgente interpretare e gestire le misure volte alla mitigazione degli effetti di breve e lungo periodo che questa crisi avrà sui nostri sistemi economici e sociali.
Come ogni contesto di cambiamento, anche quello attuale presenta alle imprese numerose opportunità e la Responsabilità Sociale d’Impresa, supportata dalle digital capability, può essere una valida leva strategica per un vantaggio competitivo. La tecnologia supporta la resilienza aziendale in modo fino ad oggi mai immaginato, sia durante che dopo l’emergenza sanitaria. In questi mesi, relativamente ad alcune attività ordinarie, abbiamo assistito ad una sfida evolutiva tale che appare improponibile tornare indietro.
Si pensi, ad esempio, allo smart working (o “lavoro agile”, cosa ben diversa dal telelavoro), che il nostro Governo mette al primo posto fra le raccomandazioni per ridurre il contagio di SARS Cov-2 sui luoghi di lavoro. La correlazione tra pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) che impattano direttamente il personale e lo smart working è stretta: che, caratterizzandosi per flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati, il lavoro agile rappresenta uno degli strumenti più idonei per:
· ottimizzare il work-life balance, ossia la capacità di bilanciare in modo equilibrato il lavoro e la vita privata;
· stimolare l’interesse verso l’aumento della produttività della prestazione lavorativa, piuttosto che limitarsi ad un apprezzamento quantitativo;
· perseguire il benessere organizzativo.
Non vanno, poi, trascurati i benefici:
· derivanti alla contrazione della possibilità di contagio (meno persone sui luoghi di lavoro e sui mezzi pubblici);
· sull’ambiente (diminuzione dell’inquinamento dovuto agli spostamenti per lavoro).
· derivanti da un maggior reddito disponibile grazie alla contrazione delle spese per carburanti e manutenzioni dei mezzi di trasporto.
Nonostante l’Italia sia al 26esimo posto (il quart’ultimo) in Unione Europea per diffusione delle competenze digitali e per l’utilizzo di internet e la digital trasformation sia la chiave abilitante del processo di smart working in azienda, da inizio 2020 abbiamo acquisito un patrimonio di skill che non possiamo permetterci di accantonare una volta usciti dall’emergenza sanitaria: si può dire che ci siamo un po’ tutti riconciliati con la tecnologia; ne abbiamo toccato con mano i vantaggi e l’usability, abbiamo maturato un senso di maggior fiducia e competenza nell’utilizzo dei vari supporti digitali che questo Il Covid-19 ed il lockdown hanno aumentato l’adozione di soluzioni di collaboration in tutti i settori, soprattutto in ambito Istruzione, Sanità, Governo e Piccole e Medie Imprese (PMI).
È tuttavia necessario che anche le organizzazioni si trasformino affrontando una vera e propria rivoluzione culturale per adattarsi ai cambiamenti del contesto in cui operano e poter garantire continuità delle attività anche in condizioni critiche. In particolare, approcciare lo smart working (lavoro agile) richiede grande chiarezza su come ripensare i modelli organizzativi per rispondere meglio ai nuovi paradigmi di business emergenti, solo accelerati dalla crisi pandemica in atto.
In definitiva, bisogna riconoscere l’adozione dello smart working è una grande occasione, sia per il mondo del lavoro sia per la società nel suo complesso, per evolversi a misura della persona; un’occasione che va colta in primis da parte delle imprese che hanno l’opportunità di rivedere la propria organizzazione in modo da renderla più resiliente alle crisi e responsiva alle esigenze più espresse dai lavoratori. Un significativo obiettivo non solo di RSI, ma di Responsabilità Civile.
°°°° L’autore è Corporate compliance and management dello studio legale internazionale Marazzi e associati