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L’Italia dice sì al nucleare, inviato a Bruxelles il nuovo Piano energia e clima: il no dei verdi

Il governo ha rielaborato il Piano e dato spazio al nucleare: previsto un risparmio pari a 17 miliardi di euro. Gli ambientalisti protestano per le scelte sulle fonti energetiche

L’Italia dice sì al nucleare, inviato a Bruxelles il nuovo Piano energia e clima: il no dei verdi

Il Piano italiano energia e clima – Pniec – è a Bruxelles. L’Ue lo stava aspettando da tempo per capire cosa si intenda fare nei prossimi anni per far crescere fonti rinnovabili, tutelare l’ambiente, proteggere cittadini e natura. Nel nuovo testo gli obiettivi del 2023 sono confermati, ma vengono messi in evidenza l’impegno a produrre nucleare, più biometano e idrogeno. L’Italia si dichiara anche favorevole alla diffusione di auto elettriche e a strutturare piani per la mobilità non inquinante. A livello macro entro i prossimi sei anni il paese si impegna a mettere in rete 131 Gigawatt da fonti rinnovabili. L’energia nucleare crescerà perché è ritenuta strategica, e la rottura con il vecchio nucleare è netta. C’è, tuttavia, anche l’impegno a ridurre le emissioni e gli assorbimenti di gas serra.

Sul testo ci sono già le critiche delle associazioni ambientaliste che hanno definito il Piano irrazionale, non partecipato e che “già sappiamo non raggiungerà gli obiettivi al 2030 e oltre “. Le polemiche ovviamente non si fermeranno sia da parte degli ambientalisti che da settori della politica. Cosa scrive il governo sulla fonte energetica più dibattuta? Che ci sarà spazio per il nucleare da fissione, e nel lungo termine, per quello da fusione. Tutto potrebbe contribuire per l’11% alla produzione di energia elettrica necessaria al 2050. Non era scontato che il nucleare venisse considerato nell’evoluzione del sistema energetico e nello sviluppo economico e sociale. In ogni caso, il realismo sembra aver fatto breccia nella destra al governo. Si costruiranno nuovi impianti? Quello sperato da Matteo Salvini al centro di Milano? Per fortuna la scienza e la ricerca sono a un livello più alto delle battute del leader della Lega. I tempi ci diranno come e quando il tema concreto. 

Una sintesi alla prova dei fatti

Ma “lo scenario sull’energia nucleare, sia da fissione nel medio termine a partire dal 2035 che da fusione a ridosso del 2050, ci fa guardare avanti a un futuro possibile” ha detto il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Stavolta, gli va riconosciuto pragmatismo e programmazione. Tutto finisce sull’agenda delle future elezioni. Chi può dire oggi che in caso di vittoria di sinistra e riformisti le scelte di oggi non saranno riviste? Per adesso circa i costi dell’intero Pniec, con l’energia nucleare si risparmierebbero 17 miliardi di euro.

Altra tecnologia da sviluppare sono la cattura e lo stoccaggio di CO2. Non mancano progetti made in Italy con aziende impegnate anche all’estero. Ma oltre a questo evidentemente bisogna anche pensare alle infrastrutture di trasporto dell’energia e ai bassi impatti ambientali. Il mercato dell’energia è interconnesso e va ricordato che è elemento di unità tra i paesi dell’Ue. L’invasione dell’Ucraina ha fatto riscrivere l’agenda su questi temi e le destre in Europa hanno posizioni ambigue.

Che farà la prossima Commissione Ue?

Sul gas, operazioni tecniche e investimenti sono già attive e il governo italiano nel Pniec cala ancora una volta la carta dell’hub energetico del Mediterraneo. Giorgia Meloni lo espone a ogni occasione come piano di lungo periodo del suo governo. Sull’elettricità sarà, comunque, la prossima Commissione europea ha fissare nuovi criteri. Ursula von der Leyen giocherà una partita contro se stessa per le necessarie modifiche al Green deal, per non scontentare chi la sosterrà e dovrà volare meno alto su tutti gli obiettivi prefissati. Immaginiamo che la prima prova dovrà sostenerla con l’industria e l’agricoltura.

Quanto al piano italiano ha rispettato i tempi di invio del nuovo testo, ma si porta dietro incongruenze pesanti sugli interventi più forti come i parchi eolici o fotovoltaici, contestati sui territori o vessati da lunghe burocrazie autorizzative. Su alcune direttive europee di settore, l’Italia non è stata all’altezza delle aspettative ecologiche e le doppiezze non sono mai una soluzione. Il documento finalmente c’è, ma sarà la pratica a sfogliarlo e forse a riscrivere qualche pagina.

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