Senza infrastrutture non ci potrà essere crescita e se si hanno a disposizione i miliardi del PNRR le Regioni devono diventare il casello più veloce di un’immaginaria autostrada. Il loro funzionamento finora non ha agevolato il sistema Paese. Ha piuttosto bloccato investimenti strategici, finendo spesso per essere la controparte di imprenditori, quando non addirittura dello Stato.
C’è un occasione in questi giorni per capire se dentro le organizzazioni regionali le scelte prenderanno finalmente la direzione giusta o se le autonomie locali restano un macigno verso lo sviluppo. A Torino fino a martedì 3 ottobre si svolge “L’Italia delle Regioni” evento organizzato dalla Conferenza Stato-Regioni. Si parla di infrastrutture, energia, pianificazione urbanistica, logistica. Lunedì e martedì interverranno anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Autonomia differenziata al centro dell’incontro
La nota introduttiva dell’evento indica come obiettivo quello di elaborare e costruire proposte utili a potenziare il ruolo, l’identità e le diverse specificità delle Regioni e delle Province autonome. Una sede di dialogo per elaborare una “piattaforma di posizionamento rispetto alle politiche del prossimo futuro”. Senza girarci troppo intorno, il nodo vero che i Presidenti delle Regioni dovranno sciogliere, riguarda il progetto di autonomia differenziata che il centrodestra intende realizzare prima di lasciare il governo. Qual è l’idea sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni?
Il progetto di legge del leghista Roberto Calderoli è stato bocciato da un’infinità di soggetti, reali protagonisti della vita democratica. Basterebbe il pensiero del Capo dello Stato per non rincorrere più la suddivisione dell’Italia. “Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione”, ha detto Mattarella. E la Banca d’Italia ha messo in guardia il Parlamento quando ha scritto che con l’autonomia differenziata c’è il rischio “di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti”.
Le infrastrutture banco di prova per il Sud
L’infrastrutturazione del Paese di cui si dibatte a Torino non potrà avere successo se i poteri locali diventano soggetti di conflitto. È evidente, in tale contesto, anche il tormento della premier che da una parte invoca l’unità della Nazione e dall’altra patisce il radicalismo leghista. Un equilibrismo che nel Sud non fa fare passi avanti proprio nella costruzione di infrastrutture indispensabili. Reti, viabilità, energia, porti, patrimonio, c’è una lista soffocante di cose da fare. Il mondo produttivo le reclama e ci sono investitori pronti a scommettere sulle eccellenze meridionali che comunque ci sono. Quale affondo bisogna aspettarsi dall’evento di Torino? Il Presidente Mattarella non potrà che ribadire il rispetto della Costituzione, con riforme da farsi senza compromettere l’Unità. E’ come l’ultima chiamata per rendere vano un disegno imprudente.
L’Osservatorio Pnrr dello studio Ambrosetti ha scritto che gli investimenti previsti dal Piano con impatti diretti sulle disuguaglianze ammontano a 39 miliardi di euro e ha citato come esempio l’Alta Velocità al Sud, che potrebbe incidere sull’intera economia meridionale. La macchina è lenta e i dubbi su quale tipo di autonomia organizzare sono all’ordine del giorno. Se il problema sono anche i livelli delle prestazioni da assicurare in ogni Regione, questi devono essere garantiti con soldi veri che non vanno sprecati ( al Sud qualcuno reciti mea culpa) ma messi dove servono per cominciare a disegnare un Paese senza divari e senza retorica. Questo da Torino possiamo aspettarcelo.