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Liste d’attesa e promesse mancate, tempi sempre più lunghi: 468 giorni per una visita oncologica, 1 italiano su 3 rinuncia alle cure

Secondo il rapporto civico sulla salute presentato da Cittadinanzattiva i tempi d’attesa sono talmente lunghi che per quasi un italiano su tre è impossibile curarsi e sempre più persone rinunciano

Liste d’attesa e promesse mancate, tempi sempre più lunghi: 468 giorni per una visita oncologica, 1 italiano su 3 rinuncia alle cure

La cura d’urto contro le liste d’attesa non funziona come dovrebbe. A dimostrarlo è l’annuale Rapporto civico sulla salute presentato da Cittadinanzattiva presso il ministero della Salute i cui numeri fotografano una situazione disastrosa: malgrado le promesse del Governo, i tempi d’attesa sono talmente lunghi che accedere alle cure è quasi impossibile per quasi un’italiano su tre.

I dati mostrano nero su bianco come su 24.043 segnalazioni dei cittadini nel 2023 (in crescita di 9.971 rispetto all’anno precedente) il 32,4% (+2,8% rispetto al 2022 e +8,6 rispetto al 2021) fa riferimento proprio al mancato accesso alle prestazioni. 

Liste d’attesa: tempi sempre più lunghi

Secondo il rapporto, i cittadini continuano a segnalare l’incapacità del servizio sanitario di rispondere tempestivamente ai bisogni di salute: per una prima visita oculistica in classe P (programmabile, cioè da eseguire entro 120 giorni) si può aspettare 468 giorni; per una visita di controllo oncologica in classe non determinata si possono attendere 480 giorni; 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B (breve, da erogare entro 10 gg); 526 giorni per un ecodoppler dei tronchi sovraaortici in classe P; 437 giorni per un intervento di protesi d’anca in classe D (entro 12 mesi), 159 giorni per un intervento per tumore alla prostata in classe B. Certo, si tratta dei tempi massimi segnalati dai cittadini e non delle attese medie.

Il fenomeno, sottolinea ancora l’indagine, incide in maniera determinante sul percorso terapeutico e perfino sulla scelta di non curarsi. Secondo il report, infatti, nel 2023, il 7,6% dei cittadini ha rinunciato alle cure (+0,6% rispetto al 2022) e, di questi, quasi due su tre (il 4,5%) lo hanno fatto proprio a causa delle lunghe liste di attesa (era il 2,8% nel 2022). La quota di rinuncia è pari al 9,0% tra le donne e al 6,2% tra gli uomini. Sotto il profilo territoriale, e rinunce, inoltre, aumentano di più al Centro, dove in un anno si è passato dal 7,0% all’8,8%, e al Sud (dal 6,2% al 7,3%). Al Nord resta stabile il livello del 7,1%.

A confermare la rinuncia alle cure ci sono poi anche i dati sul decremento delle prestazioni erogate nel corso del 2023: il ribasso medio è dell’8% rispetto all’anno precedente. È minimo lo scarto in Lombardia e in Toscana (-2%), seguite dall’Emilia Romagna (-3%), ma in 14 Regioni le percentuali superano la media nazionale con picchi di -25% in Sardegna, -27% e -28% in Valle d’Aosta e nella provincia di Bolzano. È soprattutto sul fronte delle prime visite che i sistemi regionali arrancano: queste sono diminuite mediamente del 10%. 

Difficoltà anche con medici di famiglia e pediatri

Il documento mostra anche come il rapporto tra i cittadini e il medico di medicina generale – o il pediatra di libera scelta – sia sempre più in sofferenza. Cittadinanzattiva, rileva come le segnalazioni di disservizi da parte dei cittadini in questa area siano triplicate in 5 anni (si passa dal 5,4% delle segnalazioni ricevute nel 2018 al 14,2% del 2023) a causa dello scarso tempo a disposizione o di un deficit nelle informazioni che vengono fornite ai cittadini. Ricorrono le segnalazioni di chi non riceve un appuntamento in tempi ritenuti “congrui” oppure lamenta visite troppo brevi nelle quali non riesce a riferire tutti i propri problemi al medico. Mentre le criticità relative all’assistenza sanitaria di prossimità (11,1% delle 24.043 segnalazioni complessive) riguardano principalmente le strutture presenti sul territorio che dovrebbero attivarsi per una presa in carico integrata dei pazienti”.

Non va meglio negli altri servizi presenti sul territorio. In particolare, le ricadute positive degli investimenti legati al Pnrr e la riforma dell’assistenza territoriale tardano ad arrivare, nonostante si osservino progressi nella messa a terra della riforma: ad aprile 2024, l’86% dei progetti relativi alle Case della Comunità è arrivato alla stipula del contratto; percentuali prossime al 100 per i contratti relativi alle Centrali Operative Territoriali. È invece più variegata la situazione degli Ospedali di Comunità, con valori che oscillano fra il 70% e il 100%, sebbene alcune Regioni siano molto più indietro: la Calabria è al 45%, la Provincia Autonoma di Trento al 33%, quella di Bolzano a 0.

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