Il mercato finanziario turco è in sofferenza da settimane ma il peggiore risultato, dopo il ribasso del 5,5% in apertura di lunedì mattina, è quello di oggi che fa scivolare la lira turca a -20% sul dollaro, il cambio a 6,57 (record storico) e aumentare la perdita da inizio anno con il crollo che sale oltre il 30%.
Causa della allarmante debacle non sono solo i timori legati alle scelte di politica economica del presidente autoritario e fresco di rielezione Recep Tayyip Erdoğan e la forte esposizione nel Paese della banca francese Bnp Paribas, a metà seduta sotto in Borsa del 3,31%, dell’italiana Unicredit, in perdita del 3,62%, e della spagnola Bbva, negativa a Madrid al – 4,19%. Ma anche l’effetto delle sanzioni Usa contro la Turchia, soprattutto dopo che un tweet di Trump ha annunciato il raddoppio dei dazi sulle esportazioni turche di acciaio e alluminio negli States. Ma l’iniziale colpo di grazia del venerdì nero della lira turco è stato però dato dal report del Financial Times che fornisce la prova della preoccupazione dei supervisori della Bce di fronte all’elevata esposizione proprio delle banche dell’eurozona nei confronti del debito turco.
Seppure dall’Eurotower la situazione delle banche coinvolte non è classificata come critica, il monitoraggio è stato avviato: Unicredit vanta crediti per 17 miliardi di euro, meno dei francesi a 38,3 miliardi e, soprattutto, degli spagnoli a 83,3 miliardi. Unicredit ha già valutato la sua quota in Yapi Kredit (controllata al 40,9%) a 1,15 miliardi di euro da 2,5. Unicredit, contattato da Radiocor, non ha rilasciato commenti
Il rischio che riguarda la Bce più da vicino è che i mutuatari turchi non siano coperti dal crollo della lira e comincino ad essere inadempienti sui prestiti in valuta, che costituiscono circa il 40 per cento del patrimonio del settore bancario turco.
La Turchia ha sempre registrato un forte disavanzo nei conti con l’estero – ad esempio, secondo le elaborazioni ufficiali della Farnesina, nel 2017 l’Italia è stata il 5° partner commerciale della Turchia registrando un interscambio totale pari a 19,8 miliardi di dollari a +11,1% rispetto all’anno precedente, e di cui 11,3 miliardi di dollari di esportazioni e 8,5 miliardi di dollari di importazioni. L’indice dei prezzi al consumo è al 16%, le aziende turche registrano un debito lordo di 337 miliardi che scende a 217 al netto degli attivi e il rischio di registrare una iper-inflazione è dietro l’angolo.
La replica di Erdoğan di fronte al crollo dalla lira turca non è tardato e il presidente ha denunciato manovre poletiche contro il suo Stato: “Ci sono diverse campagne in corso, non prestate loro alcuna attenzione”, ha affermato citato dalla Reuters. “Non dimenticate questo: se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro diritto, il nostro Allah”.
Nel frattempo, la Borsa di Istanbul, il Bist 100,è tornata in parità verso fine mattinata mentre tutte le Borse europee sono in calo. Spread BTP-BUND a dieci anni a metà seduta a 259 punti.
Le ultime settimane la Turchia è stata protagonista nella partita geopolitica con la Russia, soprattutto dopo che il Paese ha deciso di acquistare sistemi di difesa missilistica dalla Russia, facendo scattare le sanzioni americane, con gli Stati Uniti che hanno imposto sanzioni senza precedenti all’alleato Nato. Erdogan ha annunciato ritorsioni analoghe e sabato scorso, in un discorso tenuto ad Ankara, ha detto di aver dato istruzioni per congelare tutti i beni dei ministri degli Interni e della Giustizia degli Stati Uniti in Turchia, ‘Se ne hanno’, ha affermato.
Nello stesso discorso Erdoğan ha esortato gli Stati Uniti a non lasciare che le questioni politiche colpiscano l’economia: ‘Non vogliamo estendere le questioni politiche e giudiziarie alla dimensione economica che danneggia entrambe le parti’, ha detto Erdogan dopo aver definito le sanzioni statunitensi ‘assurde’. Una delle questioni politiche menzionate da Erdoğan è anche l’arresto di un religioso americano, mossa che ha irritato Donald Trump.
Le piazze internazionali sono in attesa di Berat Albayrak, ministro delle finanze turco e genero di Erdoğan, che presenterà oggi un “nuovo modello economico” che enuncia le misure per ridurre il debito, il deficit di bilancio e l’ampio divario delle partite correnti. Nel pomeriggio il presidente turco terrà nella provincia orientale di Bayburt. Ma non è escluso che prima o poi, per evitare che la Turchia vada in default, debba intervenire il Fondo Monetario Internazionale.
– AGGIORNAMENTO –
ERDOGAN ESORTA CITTADINI A CAMBIARE VALUTA ESTERA: “È UNA LOTTA NAZIONALE”
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sollecitato i suoi concittadini a cambiare la loro valuta straniera per sostenere la lira turca in agonia, dicendo che si tratta di una “lotta nazionale” contro la “guerra economica” dichiarata, secondo lui, contro Ankara. “Se hai dollari, euro o oro sotto il cuscino, vai alle banche per scambiarli con lire turche, è una lotta nazionale” ha detto il presidente in un discorso a Bayburt, nel nordest del Paese, trasmesso in tv.
Secondo l’agenzia di stampa di stato, Anadolu, il presidente turco ha dichiarato che il Paese supererà la crisi come ha superato le recenti inondazioni che hanno colpito negli ultimi giorni le province di Ordu, a nord della Turchia. “Con l’aiuto di Dio, supereremo le catastrofi e otterremo il successo nella guerra economica”.
Intanto Unicredit fa sapere che una svalutazione del 10% della lira turca ha un impatto netto di 2 punti base sul coefficiente Cet1 fully loaded della banca. Il dato è frutto di un impatto negativo di 6 punti base sul patrimonio e di un aumento di 4 punti base degli Rwa (gli asset ponderati per il rischio).
Quanto all’esposizione ai titoli di Stato turchi, dalla relazione semestrale emerge che è pari a 165,18 milioni, ovvero lo 0,14% dei 120,7 miliardi complessivi di esposizione sovrana di UniCredit.
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Per quanto riguarda poi Yapi Kredi, l’unico contributo al bilancio del gruppo UniCredit è la quota parte degli utili (Yapi è controllata all’81,9% da una joint venture paritaria tra UniCredit e Koc), pari nel primo semestre a 183 milioni, vale a dire a meno del 2% dei ricavi di gruppo.
Yapi pesa sugli Rwa di UniCredit per 25 miliardi. Gli analisti di una sim milanese sottolineano che ‘almeno per il momento, Yapi Kredi non ha problemi operativi’, che ‘problemi di reperimento fondi non ce ne sono’ e che quindi ‘non ci sono ragioni, nell’immediato, per procedere con le rettifichè sul valore di bilancio della controllata (pari a 2,5 miliardi).
Gli analisti hanno comunque tentato di valutare gli impatti di un worst case scenario: “Volendo essere pessimisti assoluti – scrivono – si può prendere in considerazione l’ipotesi apocalittica di un default di Yapi Kredi”. Anche in questo caso, “l’effetto sul Cet1 di Unicredit sarebbe pesante ma non drammatico, pari a -35 punti base. Nel caso la capogruppo decidesse di azzerare il valore della partecipazione, la ricaduta sarebbe di -40 punti base”.