1996: Borsa o Apple?
In un precedente post abbiamo già visto quanto sia stato importante il contributo della tecnologia e delle persone (nextonians) di NeXT al successo dell’iPhone lanciato dieci anni fa. NeXT come ha ricordato Scott Forstall, il nextonian capo del team che ha sviluppato iOS. In uno spassoso incontro celebrativo del decennale dell’iPhone tenuto al Computer History Museum di Mountain View, Forstall ha raccontato come l’azienda fondata da Jobs dopo l’estromissione da Apple nel 1986, avesse una “amazing technology, but no clients”. Nonostante questo preoccupante stato di cose, che oggi non lo sarebbe affatto? – ?anzi…, nel 1992 il giovane Forstall scelse di lavorare a NeXT piuttosto che a Microsoft, dove aveva svolto un tirocinio, con grande disappunto dell’allora capo delle risorse umane del gigante di Seattle, che non mancò di fargli conoscere la sua estrema irritazione.
Sul fatto dei clienti però Jobs non sembra condividere la posizione di Forstall. In una lunga intervista del 1995, proprio alla vigilia dell’acquisizione di NeXT da parte di Apple (non ancora all’orizzonte), parlava ancora della sua venture come di qualcosa che in breve tempo sarebbe diventata una unicorn, per usare una espressione che allora non esisteva ancora. Cioè un’azienda con qualche miliardo di capitalizzazione. Che non fosse una fantasia o una distorsione della realtà, che era una specialità del menu di Jobs, è provato dal recente ritrovamento di un eccezionale documento perduto (November 1996 S-1 SEC statement) donato da Avie Tevanian, il braccio destro di Jobs a NeXT, al museo di Mountain View.
Questo documento, un prospetto informativo di 108 pagine che non fu mai inoltrato alla SEC (la nostra Consob), mostra che NeXT stava preparando la quotazione in borsa con un’offerta pubblica di 5 milioni di azioni ordinarie, stimando di raccogliere dal mercato 72 milioni di dollari. Il documento, sottoscritto da Goldman Sachs e Merryl Linch, quali membri del consorzio di collocamento, era firmato tra gli altri da Steve Jobs e Larry Ellison, il capo di Oracle e grande mentore di Jobs, che in calce al documento è qualificato come “director”.
Da NeXT computers a NeXT software
Alla fine del 1992 NeXT aveva abbandonato l’hardware proprietario per concentrarsi unicamente sul software e sullo sviluppo di NeXTstep il sistema operativo? – e i suoi accessori – ?che era stato portato sulle workstation con processori Intel Pentium, Sun Spark e HP PA-RISC. Inoltre il suo ambiente di sviluppo ad oggetti “OpenStep environment” era stato separato da NeXTstep per funzionare su Windows NT, Sun e la versione HP di Unix OS. NeXT si era spinto a dare in licenza il codice sorgente di Openspep al suo storico competitor, Sun Microsystem guidato dal pugnace Scott McNealy, uno dei migliori golfisti dell’America Corporate.
L’azienda, la cui nuova denominazione adesso era “NeXT Software, Inc.”, aveva anche operato un riposizionamento radicale di mercato, focalizzandosi sul segmento “enterprise” e sulle grandi organizzazioni. Tra i suoi clienti figuravano AT&T Wireless, Merrill Lynch, US Postal Service, Fannie Mae, US Navy e altre società della lista Fortune 500. In effetti NeXT aveva una tecnologia molto avanzata, denominata “Enterprise Objects Framework” (EOF), per gestire i grandi sistemi informativi di una corporation. Questa tecnologia permetteva di sviluppare facilmente applicazioni desktop nell’ambito di una architettura di rete client-server.
Secondo il documento S-1, NeXT aveva continuato a perdere soldi per tre anni consecutivi (dal 1991 al 1993, accumulando perdite per 260 milioni di dollari), soprattutto per i costi legati alla chiusura del business dell’hardware. Nel 1994 aveva realizzato però un utile di 1 milione di dollari. Era ancora una prestazione modesta per giustificare una OPA.
La centralità del web e… “l’i”
Il 1995 era però stato un anno di svolta nella storia della tecnologia. Con la quotazione stellare di Netscape, il web era diventato davvero mainstream e si presentava come la new wave dell’ICT. E NeXT aveva una soluzione già pronta, WebObjects (rilasciato nel marzo 1966), per gestire dinamicamente le pagine e i contenuti web. Una tecnologia pioneristica che poteva motorizzare l’e-commerce e trasformare il web da un ambiente di scambio di informazioni in un ambiente orientato al business. Nel 1995, per esempio, Jeff Bezos apriva la libreria online Amazon destinata a divenire quello che sappiamo. L’anno dopo Dell avrebbe utilizzato WebObject per costruire, in pochi mesi, il proprio negozio online. La stessa Apple quasi dieci anni dopo si sarebbe rivolta a WebObject per costruire iTunes.
Probabilmente Jobs si era convinto che NeXT poteva diventare una dot.com e presentarsi, con la sua tecnologia, come protagonista di questa new wave. Se riusciva a convincere il mercato della bontà di questa transizione avrebbe potuto trovare le risorse per ripianare il debito e ripagare gli azionisti storici, come Ross Perot e Canon.
La percezione di Jobs della centralità de web era fortissima. Non a caso diventerà, per sua scelta, l’iCeo di Apple, per poi usare il prefisso “i” per qualsiasi cosa che uscirà dai laboratori di Cupertino (iMac, iPod, iTunes, iPhone, iPad…). Nella intervista perduta del 1995 a Bob Cringley, di Channel 4, parla in questi termini del web:
“Credo che il web trasformerà in maniera profonda la nostra società… Presto miliardi di dollari di beni e servizi saranno venduti via web. Vedila in questo modo: si tratta di un canale di distribuzione totalmente diretto al cliente. Oppure pensa al fatto che sul web l’azienda più piccola avrà la stessa visibilità della più grande. Perciò pensa che tra una decina di anni sarà il web la tecnologia più influente. Che farà la storia dell’informatica. La svolta sociale del computer. Credo che sarà una cosa enorme e che infonderà nuova vita al personal computer. Sarà una cosa enorme, sì… E poi non potrà essere controllata da Microsoft”.
Parole del 1995
Nella stessa intervista Jobs parla anche di NeXT. Qui di seguito riportiamo la trascrizione integrale, inedita in italiano (esistono delle trascrizioni abbreviate), eseguita da Ilaria Amurri. Ricordiamo che Jobs, appena quarantenne, era alla vigilia di una grande svolta nella sua carriera, il rientro in Apple, che stava agonizzando sulla soglia dell’insolvibilità. Questa svolta però, al momento dell’intervista, non era neppure in vista. Si cominciò a parlare di una possibile vendita di NeXT alla Apple solo nel dicembre 1995, come ricorda Forstall nell’incontro di cui abbiamo parlato sopra.
L’errore di NeXT (che poi non era un errore…)
È complicato parlare di NeXT. Fondamentalmente volevamo continuare a fare quello che stavamo facendo ad Apple. Continuare a innovare. Ci sembrava che in Apple non accadesse più e abbiamo commesso un errore, ovvero cercare di seguire la stessa formula che usavamo ad Apple, cioè produrre l’intero sistema, hardware e software insieme. Il mercato stava cambiando, il settore stava cambiando, le sue dimensioni stavano cambiando. In fondo sapevamo che saremmo stati l’ultima azienda che ce l’avrebbe potuta fare o la prima che non ce l’avrebbe potuta fare. Eravamo all’avanguardia e pensavamo che saremmo stati gli ultimi a potercela fare. Ci sbagliavamo, siamo stati i primi a non avercela fatta. Penso che si possa dire che abbiamo messo fine alle esperienze che hanno provato veramente a farlo [e non è proprio così, perché l’iPhone è l’esperienza più riuscita di un sistema totalmente intergrato tra harware e software, qualcosa che tutti invidiano ad Apple]. E di sicuro abbiamo commesso la nostra buona dose di errori, ma alla fine penso che avremmo dovuto prenderci un po’ più di tempo per renderci conto che il mondo stava cambiando e saremmo dovuti andare avanti per diventare una società di software fin dall’inizio.
Eppure la macchina NeXT era eccezionale. Era il miglior computer del mondo. Credeteci o no, oggi lo stanno vendendo nel mercato dell’usato, in alcuni casi a un prezzo più alto di quello a cui lo vendevamo noi originariamente. Sono addirittura difficili da trovare, anche oggi, e non ne abbiamo prodotti più negli ultimi due anni e mezzo. Innanzitutto era completamente “plug-and-play”. Se si esclude il Macintosh, questa caratteristica è difficile da trovare. È un computer estremamente potente, molto più del Macintosh. Si può dire che mettesse insieme la potenza delle workstation con il “plug-and-play” del Mac, il che è molto bello. In secondo luogo il computer aveva quella particolare cura dei dettagli che non si trova oggi.
Non parlo solo dell’estetica, ma in un certo senso a livello operativo, dalle cose semplici a quelle complesse. Cose semplici come l’accensione e lo spegnimento, una cosa basilare, ma come sai uno dei motivi principali per cui si perdono informazioni all’interno dei computer è che la gente li spegne al momento sbagliato e quando si lavora con un sistema multitasking questo può avere conseguenze anche piuttosto serie. Siamo stati i primi a fare questa cosa e siamo fra gli unici che lo fanno. Quando premi un pulsante e chiedi al computer di spegnersi lui capisce cosa deve fare per spegnersi correttamente e alla fine si spegne.
Di certo NeXT è stato il primo computer dotato di un’alta qualità sonora nella riproduzione dei CD. Adesso lo fanno quasi tutti, ma gli ci è voluto molto tempo. Era in anticipo sui tempi, forse troppo avanti.
La diversità di NeXTSTEP
Questa è la vera perla del nostro lavoro. Vi racconto una storia interessante. Quando ero ad Apple alcuni amici mi dissero “dovresti davvero andare allo Xerox PARC – ?cioè il Palo Alto Research Center, PARC? – e vedere cosa stanno facendo”. Di solito non lasciano entrare molte persone, ma io riuscii a entrarci e vedere cosa stavano facendo. Vidi uno dei primi computer, chiamato Alto, che era un computer fenomenale. In effetti mi hanno mostrato tre cose, a cui avevano lavorato nel 1976 e che io ho visto nel 1979 e che noi siamo riusciti a ricreare solo alcuni anni fa con NeXT.
Sul momento non ho visto pienamente tutte e tre cose. Ho visto solo la prima, che per me era così incredibile che mi saturava, mi accecava, impedendomi di vedere le altre due. Mi ci sono voluti anni e anni per ricrearle, riscoprirle e reincorporarle nel modello. Ma loro erano molto avanti nel modo di pensare. Non avevano raggiunto la perfezione, la roba che facevano non era perfetta, ma quello che c’era era il seme dell’idea di tutte e tre le cose. E queste tre cose erano l’interfaccia grafica utente, la programmazione orientata agli oggetti e la connessione di rete.
Mi spiego. L’Alto aveva la prima interfaccia grafica utente del mondo. Aveva Windows. Aveva un menu rudimentale. Aveva i panel e altre cose rudimentali. Non funzionava perfettamente, ma fondamentalmente c’era tutto. Aveva gli oggetti. Usavano Smalltalk, che non era il primo linguaggio orientato agli oggetti al mondo, Simula fu il primo, ma Smalltalk è stato ufficialmente il primo linguaggio orientato agli oggetti. Terzo, la connessione di rete. Hanno inventato Ethernet, come sai, e avevano circa 200 Alto con server collegati a una rete locale con cui mandavano email e tutto il resto. Tutto questo nel 1979.
Sono rimasto letteralmente sconvolto dal potenziale dell’interfaccia grafica utente che avevo visto, che non ho nemmeno assimilato né mi sono fermato a informarmi pienamente sulle altre due cose. Con NeXTSTEP siamo riusciti a ricreare una parte di questo, incorporando il primo sistema orientato agli oggetti veramente commerciale che sia mai stato creato e a forzare i tempi facendo sì che fosse il sistema più connesso del mondo. Penso che il mondo abbia fatto molti progressi per quanto riguarda la connessione, ma che non abbia ancora compreso appieno la potenzialità degli oggetti, come invece ha fatto NeXTSTEP. Alcune aziende molto grandi hanno cominciato ad acquistarlo e adesso è il sistema orientato agli oggetti più popolare al mondo, visto che gli oggetti stanno iniziando a diventare mainstream. Quindi l’anno scorso la società ha ottenuto il suo primo profitto nei suoi nove anni di vita e ha venduto software per 50 milioni di dollari. Penso che quest’anno avremo una crescita significativa ed è abbastanza chiaro che NeXT può diventare una società di software da alcuni miliardi di dollari nei prossimi tre o quattro anni ed essere la più grande azienda che offre oggetti, finché Microsoft non arriverà nel mercato, probabilmente con un prodotto raffazzonato.
Il software orientato agli oggetti
Nel futuro ci sarà solo il software orientato agli oggetti. Quando sono andato alla Xerox nel 1979, è stato una specie di momento apocalittico. Ricordo che in dieci minuti vidi l’interfaccia grafica utente e mi convinsi che un giorno tutti i computer sarebbero stati così. Era talmente ovvio a vedersi. Non ci voleva una grande intelligenza. Era talmente chiaro.
Nel momento in cui comprendi gli oggetti, tutto si ripete allo stesso modo. Un giorno tutti i software saranno scritti con linguaggi orientati agli oggetti. Si può discutere su quanto tempo ci vorrà, su chi saranno i vincitori e i perdenti, ma non credo che una persona razionale ne metterebbe in discussione l’importanza. E infatti tutto il software dell’iPhone è scritto con un linguaggio orientato agli oggetti. Jobs aveva ragione.