Chiamatela pure una settimana da leoni. In sette giorni l’Inter ha rimesso a posto la sua stagione, ottenendo tre vittorie che sembravano quasi impossibili e che invece hanno sistemato classifica e morale, in Champions e in campionato. L’ultima, quella di ieri sulla Fiorentina, permette a Spalletti di superare un esame importante, l’unico in grado di posizionare i nerazzurri a ridosso dei primi posti, seppur con una partita in più rispetto alle concorrenti.
Questa volta, a differenza di quanto accaduto con Tottenham e Sampdoria, la contesa s’è risolta prima del novantesimo ma guai a pensare sia stato più facile: buona parte del match s’è svolto sul filo del rasoio e il risultato avrebbe potuto anche prendere un’altra piega.
Ma, come spesso accade nel calcio, a fare la differenza sono stati gli episodi e l’Inter, per la terza volta in una settimana, ha saputo indirizzarli dalla sua parte. Il primo, quello più discusso, è stato il rigore trasformato da Icardi (45’) per fallo di mano di Hugo, decisione decretata dal Var e oggetto di dibattito tra i due club.
“Non c’era assolutamente – ha ringhiato Pioli – Stiamo parlando di un tocco impercettibile, sicuramente non era volontario”. “Rigore assurdo, non ne ho mai visto uno simile in Serie A” ha rincarato Antognoni, suscitando così la replica di Spalletti. “Era rigore netto – ha ribadito il tecnico nerazzurro – Hugo ha toccato un pallone che stava andando verso il dischetto, e poi per una volta che me ne danno uno me lo volete pure levare…”. Polemiche a non finire, che però non spiegano del tutto questo Inter-Fiorentina.
Nella ripresa infatti i nerazzurri, nonostante il vantaggio, sono andati in difficoltà e hanno subito il pareggio di Chiesa, sul cui tiro pesa enormemente la deviazione sfortunata di Skriniar (53’). Inter in difficoltà per diversi minuti, poi però ecco il nuovo vantaggio nell’unica occasione creata nel secondo tempo, con D’Ambrosio a finalizzare al meglio l’uno-due con Icardi (77’). Gol decisivo, che ha rinvigorito i nerazzurri e tagliato le gambe ai viola, chiudendo, di fatto, l’anticipo di San Siro.
Questa sera invece toccherà alla Roma, chiamata a vincere a tutti i costi, senza se e senza ma. All’Olimpico contro il Frosinone, infatti, non sarà ammesso nessun altro risultato, pena acuire una crisi già evidente, con tutte le conseguenze del caso. La prima, forse, riguarderebbe la panchina di Di Francesco, a quel punto difficilmente difendibile verso una piazza sempre più spazientita, come dimostrato dalla contestazione del settore ospiti a Bologna.
Evenienza che la società vorrebbe evitare a tutti i costi, anche perché sabato ci sarà il derby con la Lazio: cambiare allenatore in un lasso di tempo così stretto aumenterebbe a dismisura il caos attorno alla squadra. Che qualcuno nei piani alti del club ci stia pensando è però evidente, tanto che domenica, dopo il ko del Dall’Ara, non si è levata una sola voce a difesa del tecnico.
“Non ho sentito Pallotta ma non mi serve la fiducia in questo momento, così come non mi interessa commentare il mercato estivo – ha glissato Di Francesco – So solo che siamo obbligati a prenderci i 3 punti ad ogni costo, per questo abbiamo optato per il ritiro. Non serve puntare il dito contro qualcuno ma lavorare insieme, solo così potremo risalire la china”.
Urge una vittoria, che il tecnico proverà a ottenere affidandosi a un 4-2-3-1 con Olsen in porta, Santon, Manolas, Fazio e Kolarov in difesa, De Rossi e Nzonzi a centrocampo, Under, Pastore ed El Shaarawy sulla trequarti, Schick in attacco. Dal canto suo Longo, reduce dalla sconfitta contro la Juve, proverà a sfruttare le difficoltà giallorosse e a tentare il colpaccio (o quantomeno a segnare il primo gol in campionato) con lo stesso sistema che vedrà Sportiello tra i pali, Goldaniga, Salamon, Krajnc e Zampano nel reparto arretrato, Chibsah e Hallfredsson in mediana, Cassata, Molinaro e Ciano a supporto dell’unica punta Perica.