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L’insostenibile sarcasmo di Pd e Pdl sulla spending review: è solo demagogia bipartisan

Strana convergenza tra Fassina, responsabile economico del Pd, e Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, nel trattare con sufficienza e a volte sarcasmo la decisione di Monti di nominare tre supercommissari per avviare il tanto invocato taglio della spesa pubblica. Bondi, Giavazzi e Amato dovranno attuare rapidamente le linee guida della spending review messe a punto dal ministro Giarda. Soprattutto Bondi avrà il compito più gravoso di risparmiare da subito almeno 2 miliardi, principalmente attraverso una revisione degli acquisti di tutta la Pubblica Amministrazione sia centrale che locale.

L’idea di Monti di rafforzare la propria squadra per superare i mille ostacoli che politici e burocrazia frappongono ad ogni tentativo di tagliare la spesa, non ha nulla di stravagante: non si tratta di un Governo tecnico che si fa commissariare da altri tecnici, né di una buffa presa in giro dei cittadini. In realtà è il primo passo per cercare di fare un po’ di pulizia nel mastodontico ed inefficiente apparato statale e forse i politici di tutti i colori hanno paura proprio di questo. Ormai sono diverse settimane che i partiti tradizionali, spalleggiati dai sindacati, puntano a svalutare l’attività del Governo mettendo in evidenza di volta in volta gli scarsi risultati ottenuti nel campo dello sviluppo, l’eccesso di tassazione necessario per conseguire il pareggio di bilancio, i sacrifici richiesti ai lavoratori, il rischio di incrinare la coesione sociale, e così via.

Nessuno bada a dare un minimo di coerenza economica a quello che dice, ma tutti spacciano le loro richieste come qualcosa che va incontro alle legittime aspirazioni dei cittadini e soprattutto dei giovani tagliati fuori dal mercato del lavoro. I sindacati, ad esempio, reclamano una riduzione delle tasse sui salari a cominciare dalla completa detassazione delle tredicesime come ha proposto durante il comizio del primo maggio la Camusso. I partiti, anche quelli che sono stati al governo fino a pochi mesi fa, hanno improvvisamente scoperto la necessità di avere un maggior tasso di sviluppo senza però ricordare che sono più di dieci anni che l’Italia non riesce a crescere allo stesso ritmo degli altri paesi europei (che peraltro non è stato un granché rispetto a quello del Brasile o della Cina).

La Lega si proclama difensore dei cittadini contro l’Imu dimenticando di dire che se siamo finiti sull’orlo del baratro, è anche colpa sua per aver difeso a spada tratta tutte le spese degli enti locali, ed il mantenimento delle aziende pubbliche che fanno capo a Regioni, Province e Comuni e che nel complesso sono delle vere e proprie macchine mangiasoldi.

Insomma, si sta facendo una grande confusione con il risultato di rendere più difficile il cammino del Governo che è alle prese con problemi molto complessi, la cui soluzione è resa più difficile da questo ritorno di fiamma della conflittualità politica che già di per sé influisce negativamente sulla percezione che gli investitori hanno della solidità del processo di risanamento intrapreso dal nostro Paese. E non è con questo scomposto vociare che partiti e sindacati riescono veramente a difendere i propri gruppi di riferimento. Infatti, anche a voler ammettere la loro buona fede,le ricette che propongono sono sbagliate e , come ha dimostrato l’esperienza degli anni passati in cui sono state applicate, portano a risultati opposto a quelli che si vogliono perseguire. Ad esempio pensare che una maggiore occupazione possa derivare dall’aumento della spesa pubblica è pura illusione, tanto più oggi che gli investitori non appaiono più disponibili a finanziare il deficit del bilancio derivante da politiche di espansione!

Ci si lamenta dell’Imu perché colpisce un bene primario degli italiani, ma ci si dimentica che tutti concordano sulla necessità di spostare la tassazione dalle persone alle cose e che quindi, in prospettiva le tasse sulla casa potranno portare ad una graduale riduzione dell’Irpef. Inoltre l’assenza di tassazione sugli immobili ha portato ad un’anomala concentrazione del risparmio degli italiani sulla casa a scapito delle azioni e delle obbligazioni lasciando l’economia produttiva in perenne crisi di capitali. Ma i sindaci si lamentano perché non vogliono passare per esattori nei confronti dei propri concittadini!

Ora si arriva ai tagli della spesa pubblica. Finora tutti quelli che hanno proposto nuove spese o tagli di tasse, si sono ben guardati dal dire dove si dovevano andare a prendere le risorse per finanziarli. Perché tutti sanno che tagliare la spesa pubblica non sarà affatto indolore. Tanta gente vive sugli sprechi di denaro della macchina pubblica. E non si tratta solo dei consiglieri di amministrazione o dei dirigenti di nomina politica ( tra cui l’ex tesoriere del Carroccio, Belsito, nominato vice presidente di Fincantieri) ma anche di operai o di imprenditori che godono dei prezzi favorevoli degli appalti pubblici.

Eppure occorre avere il coraggio di dire che le uniche risorse che potrebbero consentire una riduzione delle tasse su lavoratori ed imprese, si possono reperire da un taglio delle spese, sia quelle per acquisti di beni e servizi, sia quelle per il funzionamento degli organi politici del nostro sistema istituzionale. Vedremo presto, non appena Bondi comincerà ad affondare il bisturi nel sistema di acquisti della Pa, se i partiti sapranno reggere l’urto delle loro clientele,oppure se getteranno la maschera, ed allora si vedrà chi veramente si oppone al taglio dei costi della politica, condannando così il Paese alla stagnazione ed all’emarginazione dei giovani.

Non si sentono dai partiti ragionamenti sensati sullo sviluppo. Nessuno dice che la crescita deriva non tanto dai sostegni alla domanda fatti con il bilancio pubblico, ma dall’incremento della competitività. Quindi bisogna lavorare di più e meglio, come ha detto il Governatore della Banca d’Italia, e contemporaneamente ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sui lavoratori in modo da creare un vantaggio ai nostri prodotti, vantaggio che prima dell’Euro si otteneva con la svalutazione della lira e che oggi non è più possibile.

Le forze politiche dovrebbero rendersi conto che la maggior parte dei cittadini non crede più alle loro promesse, come si vede dai sondaggi che danno percentuali del 50% tra coloro che dichiarano di non votare e quelli che sono indecisi, perché le ritiene parole al vento in quanto non basate su una visione realistica della situazione del Paese. Ora l’avvio dei tagli alla spesa pubblica sarà il momento della verità. Superate le elezioni amministrative si vedrà chi vuole veramente rilanciare la crescita dell’Italia e chi invece continua a stendere una cortina fumogena fatta di maldicenze e demagogia,per far dimenticare le proprie responsabilità, anche a costo di condannare il Paese ad un inesorabile declino.

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