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L’Inps certifica l’aumento dell’occupazione e la riduzione dei contratti temporanei ma Landini finge di non accorgersene

FIRSTonline

Quando ero un ragazzino e accompagnavo mia madre al Mercato della Piazzola, mi incantavo ad ascoltare le performance oratorie di un personaggio allora molto popolare tra i bolognesi, che vendeva le lamette da barba. Si chiamava Biavati (il nome non lo ricordo, ma tutti lo conoscevano soltanto dal cognome). Decantava la qualità del suo prodotto con una tecnica retorica da far invidia al discorso di Marc’Antonio davanti al cadavere di Cesare. A pensarci bene, l’abilità di un venditore è quella di convincere ad acquistare il suo prodotto anche chi per il momento non ne ha bisogno. Era facile vendere le lamette a chi veniva apposta per comprarle, ma limitandosi a questo mercato non si sarebbe messo insieme il pranzo con la cena.

Ovviamente l’imbonitore della Piazzola si impegnava nel tessere le lodi del suo prodotto magari con qualche evidente esagerazione che gli procurava delle simpatie in più. Penso sempre a Biavati (absit iniuria verbis) quanto ascolto le esternazioni di Maurizio Landini che si ostina a descrivere una condizione del mercato del lavoro in cui dilaga la precarietà. Non c’è nulla che possa indurlo a cambiare rappresentazione. Né il XXIII Rapporto annuale dell’Inps dove viene descritta una situazione in progress: “Il recupero del mercato del lavoro dopo la crisi pandemica è stato veloce e consistente. Malgrado un decremento di 652 mila unità della popolazione in età lavorativa tra febbraio 2020 (vigilia della crisi pandemica) e maggio 2024 (ultimo mese di osservazione disponibile alla data di chiusura del Rapporto), il numero di occupati è aumentato di 912 mila unità, e il tasso di occupazione è passato da 59,0% a 62,2% , esito di una variazione dei tassi di occupazione maschile e femminile rispettivamente pari a +2,8 e +3,5 punti percentuali”. Inoltre, sempre confrontando febbraio 2020 con maggio 2024, è da segnalare che la quota di lavoratori dipendenti con contratti temporanei, sul totale dei lavoratori dipendenti, è scesa da 16,7% a 15,3%.

Un trend che viene confermato dal rapporto semestrale della Cisl che è pur sempre un sindacato: “Nel confronto tendenziale, vale a dire il confronto anno su anno, quindi rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (II trim 2023), l’occupazione cresce di 329 mila unità, pari all’1,4% in un anno, mentre nel 2019, subito prima del Covid, cresceva ad un ritmo inferiore all’1% annuo. Anche nel dato tendenziale l’aumento è concentrato sui dipendenti a tempo indeterminato che crescono del 3,3%, mentre i dipendenti a termine continuano a calare (-6,7% in un anno); continua anche la graduale ripresa dei lavoratori autonomi (+0,6% in un anno) che stanno tornando ai numeri pre-pandemici superando la cifra simbolica dei 5 milioni. La crescita del tasso di occupazione risulta più marcata nel Mezzogiorno (+1,2 punti) e al Centro (+0,9) rispetto al Nord dove è rimasto sostanzialmente stabile (+0,1). In particolare al centro l’occupazione femminile è cresciuta in un anno di 1,7 punti percentuali.

Ma l’aspetto che lascia più perplessi è il silenzio sui successi del sindacato nella sua principale mission, la contrattazione collettiva delle condizioni di lavoro. Chi avrà la pazienza e la cortesia di leggere queste note si accorgerà di non averle mai sentite raccontare in una delle interviste dei leader sindacali, come se questi risultati dovessero essere segretati per non offuscare le rappresentazioni catastrofiche che consentono di promuovere manifestazioni e scioperi ormai a due (Cgil e Uil). Quando in Italia si discuteva sul salario minimo legale, il Cnel che custodisce l’Archivio Nazionale dei contratti certificò che al 30 giugno del 2023 dei 976 Ccnl relativi al settore privato, 553 risultano scaduti (57%). I lavoratori privati con un contratto scaduto a quella data erano 7.732.902, il 56% su un totale di 13.839.335. Puntuale come un cronografo svizzero il Cnel ha reso noti i dati relativi al primo semestre dell’anno in corso. In termini assoluti i lavoratori dipendenti con Ccnl non scaduto fanno un balzo in avanti da 5.828.481 a 7.939.646 lavoratori, con un incremento semestrale del 36%. Viceversa, i lavoratori dipendenti con Ccnl scaduto si sono ridotti nel medesimo periodo del 25%, passando da 8.564.606 a 6.443.387 lavoratori.
Nello specifico, con la tornata di negoziazione contrattuale del primo semestre dell’anno, sono stati depositati presso l’Archivio del Cnel 22 accordi di rinnovo e 16 accordi economici con un adeguamento della retribuzione che ha riguardato (secondo i dati Uniemens aggiornati al 2023 ed escludendo per mancata rilevazione i settori “Agricoltura” e “Lavoro Domestico”) 750.506 aziende, per un totale di 4.837.339 lavoratori dipendenti. La tabella successiva mette in evidenza con un sol colpo d’occhio uno scenario mutato notevolmente nell’arco di pochi mesi.

Ma di questi aspetti è meglio non parlare perché si tratta di attitudini ingiallite. Oggi un sindacato d’antan si occupa di politica, organizza referendum su questioni di carattere istituzionale, delimita i confini del campo largo e li difende con la sua forza organizzativa, indica la via maestra da seguire.

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