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L’inflazione Usa è a massimi dal 1981: Borse ko, Piazza Affari ancora in rosso con Saipem e banche

Photo by Nik Shuliahin on Unsplash

Il balzo dell’inflazione statunitense, ai massimi da oltre 40 anni, scuote le borse europee e Wall Street, ma non manda ko l’euro. La moneta unica, dopo un momentaneo smarrimento sotto la parità, tratta in lieve rialzo contro il dollaro in area 1,08.

Appare poco mosso anche l’obbligazionario, sia negli Usa sia in Europa, mentre il petrolio tenta il rimbalzo. I future di Brent e Wti scambiano in frazionale crescita (il greggio texano è ancora sotto i cento dollari al barile), ma si muovono in zona Orso, per un calo superiore al 20% dal picco di giugno.

Sale il gas sulla piazza di Amsterdam, oltre i 180 euro al MWh.

I listini europei chiudono in rosso

In Europa la chiusura dei mercati è in rosso, ma in lieve recupero dai minimi di giornata.

Piazza Affari perde lo 0,93% e arretra a 21.286 punti base, travolta dalle vendite su Saipem e banche. Francoforte cede l’1,17%, Parigi -0,73%, Madrid -0,91%, Amsterdam -0,71%, Londra -0,75%. Banche, settore sanitario e minerari registrano le performance peggiori. 

Inflazione Usa oltre le attese

A dettare l’umore è stato l’atteso dato sui prezzi al consumo negli Usa nel mese di giugno, un elemento fondamentale per le scelte della Federal Reserve. Su base annua il balzo è del 9,1%, oltre le attese e un record dal 1981. Per il presidente Joe Biden però sono numeri superati, poiché i prezzi dei carburanti stanno scendendo da 30 giorni.

L’opinione dell’inquilino della Casa Bianca è condivisa da alcuni analisti, secondo i quali la corsa dei prezzi potrebbe aver raggiunto il picco. In ogni caso crescono le probabilità che la Fed alzi i tassi di cento punti base tra un paio di settimane: secondo trader, citati da Radiocor, la percentuale passa dal 7,6% di ieri al 42% di oggi. Per Reuters gli investitori si aspettano ora un tasso finale del 3,60% entro dicembre 2022, rispetto al 3,41% visto prima della pubblicazione dei dati.

Dagli ultimi verbali risulta che l’intenzione della Fed sarebbe di muoversi con un incremento di 50 o 75 punti base, dopo l’intervento di 75 punti deciso quattro settimane fa. Un passo relativamente prudente è gradito da alcuni banchieri come la presidente della Federal Reserve di Kansas City, Esther George, che giudica rischiosi rialzi “troppo rapidi”, poiché  potrebbero destabilizzare l’economia a stelle e strisce. L’inversione della curva dei rendimenti dei T-Bond in questi giorni sembra testimoniare un rischio di recessione futura.

L’inflazione si fa sentire prepotente anche in Europa, soprattutto in Spagna che in giugno mostra un incremento mensile dell’1,9% e un balzo annuo del 10,2%. In Germania il tasso annuo è al 7,6%, in linea con le attese. In Francia +5,8% annuo.

Anche la Bce nella riunione di luglio dovrebbe intervenire sui tassi. La Banca centrale europea sta inoltre monitorando il tasso di cambio dell’euro a causa del suo impatto sull’inflazione, pur non avendo un target specifico.

La strada di una stretta monetaria è d’altra parte quella scelta in quasi tutto il mondo: persino la banca centrale della Corea del Sud ha alzato il tasso di mezzo punto, attuando una mossa senza precedenti.

Sul fronte macro migliora in maggio, oltre le previsioni, il pil della Gran Bretagna a +0,5%, rafforzando la convinzione che la BoE proseguirà il suo percorso di inasprimento della politica monetaria.

Sempre a maggio la produzione industriale nell’area euro è aumentata dello 0,8% rispetto ad aprile e nella Ue dello 0,6%.

Piazza Affari tenta un brindisi con Campari

Non c’è da brindare, ma i danni alla fine sono limitati in Piazza Affari grazie alla tenuta di quattro blue chip: Campari +2,33%, Diasorin +1,88%, Inwit +0,25% Stm +0,11%.

Il rosso è ancora incandescente invece per Saipem, -43,2%, dopo l’aumento di capitale da 2 miliardi di euro sottoscritto, in fase di opzione, solo al 70% e lo scarso interesse per l’inoptato. Al termine dell’asta sono stati venduti infatti diritti non esercitati corrispondenti a circa il 9,9% delle nuove azioni offerte, secondo una nota della società. Il pool di banche del consorzio di garanzia dell’aumento di capitale dovranno quindi sottoscrivere almeno 400 milioni dei 2 miliardi chiesti dalla oil service.

Pesano sul listino inoltre le vendite delle banche, con Bper -2,6%, maglia nera del comparto. Scende l’automotive con Iveco —3,32%, Pirelli -3,11%, Stellantis -2,42%.

Tra le utility arretra Hera -3,42%. Le prese di profitto penalizzano Leonardo -2,81%, dopo i guadagni di ieri.

Spread in rialzo; scendono i rendimenti in asta 

Il caos politico interno non sembra terremotare il secondario italiano, che chiude in rosso, ma con un incremento dello spread relativamente modesto a 205 punti base (+0,99%). Sale il tasso del Btp decennale a +3,14% ( da 3,1% di ieri) mentre è più stabile quello del Bund di pari durata, +1,09% (da +1,08%).

Nell’asta mattutina del Tesoro i rendimenti sono nettamente scesi invece per i Btp a 3 e 7anni, non per quelli a 15 anni. In totale sono stati venduti 3,25 miliardi di titoli al 2025, con un rendimento di 1,84%, in calo di 120 punti base dalla precedente asta. I Btp al 2029 sono stati 2,5 miliardi, con un rendimento del 2,76%, in calo di 99 punti base. Collocati infine 1,25 miliardi di buoni del Tesoro a 15 anni, con scadenza 2038, con un rendimento lordo del 3,45%.

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