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L’inflazione non molla e la crescita economica continua a rallentare. Bce: “Tassi restrittivi finché necessario”

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L’inflazione non molla, e la crescita economica continua a rallentare. Questo è il quadro delineato dall’ultimo bollettino della Bce, che ha analizzato gli effetti del primo taglio dei tassi dopo una lunga serie di rialzi volti a domare l’inflazione. Le stime prevedono che questa resterà sopra il 2% fino al 2025, con un picco a fine anno dovuto alla fine dei benefici dal calo dei prezzi energetici. Anche l’inflazione di fondo non darà tregua. Sul fronte della crescita, la situazione rimane debole. Dopo un modesto +0,2% nel secondo trimestre del 2024, si prospetta una ripresa lenta e graduale nei prossimi anni. Buone notizie dal mercato del lavoro, che tiene botta, anche se consumi e investimenti restano fiacchi.

Sul fronte dei rischi, la Bce vede una crescita incerta, complicata dalle tensioni geopolitiche e da un’economia globale non troppo brillante; mentre i rischi per l’inflazione sono orientati al rialzo: salari più alti e tensioni geopolitiche potrebbero mantenere i prezzi sotto pressione. Ma non tutto è nero: se l’inflazione scendesse più in fretta e la fiducia migliorasse, potrebbero arrivare sorprese positive. La politica monetaria resta flessibile, pronta a reagire ai dati, con i mercati che hanno accolto con un calo dei rendimenti il primo taglio dei tassi, anche se qualche preoccupazione resta nell’aria.

La lotta all’inflazione non è finita

Per quanto riguarda l’andamento dell’inflazione nell’area euro, le previsioni indicano un aumento delle pressioni inflazionistiche, con stime del 2,5% nel 2024, 2,2% nel 2025 e 1,9% nel 2026. La Bce prevede un aumento dell’inflazione nella seconda parte dell’anno, principalmente a causa del fatto che i bruschi ribassi dell’energia non influenzeranno più i tassi annuali, per poi scendere nuovamente fino al raggiungimento del target del 2% “entro la fine del 2025”.

Per quanto riguarda l’inflazione di fondo, l’istituzione ha rilevato un leggero incremento nelle previsioni per il 2024 e il 2025: passerà dal 2,9% previsto per quest’anno al 2,3% nel 2025 e al 2% nel 2026.

Crescita economica sottotono, mercato del lavoro stabile

La situazione della crescita rimane debole. L’Eurozona ha mostrato una crescita modesta dello 0,2% nel secondo trimestre. La spesa pubblica e le esportazioni nette hanno sostenuto questa crescita, nonostante un indebolimento della domanda interna privata, con consumi e investimenti privati che si ritraggono. Per il 2024, si prevede una crescita economica dello 0,8%, con un incremento all’1,3% nel 2025 e all’1,5% nel 2026.

Il mercato del lavoro, però, mantiene una certa vitalità. Il tasso di disoccupazione è rimasto costante al 6,4% ma la crescita dell’occupazione ha rallentato. Tuttavia, non è tutto grigio: la dinamica salariale continua a sostenere il reddito disponibile reale, anche se la crescita complessiva del costo del lavoro si ridurrà nei prossimi anni. Si prevede che le famiglie continuino a risparmiare, ma è lecito sperare che, prima o poi, tornino a spendere.

Rischi al ribasso per la crescita, al rialzo per l’inflazione

La Bce ha sottolineato che i rischi per la crescita economica dell’Eurozona sono orientati verso il basso. La ridotta domanda di esportazioni, causata dall’indebolimento dell’economia globale e dall’intensificarsi delle tensioni commerciali tra le principali economie mondiali, potrebbe rallentare l’espansione economica. Inoltre, la guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente rappresentano fonti di rischio geopolitico, con potenziali effetti negativi sulla fiducia di famiglie e imprese e possibili interruzioni degli scambi internazionali.

In questo quadro, la Banca centrale europea ha avvertito che la crescita economica potrebbe risultare inferiore alle previsioni, soprattutto se gli effetti della stretta monetaria si facessero sentire più del previsto. Al contrario, uno scenario più favorevole potrebbe verificarsi se l’inflazione scendesse più rapidamente e se una maggiore fiducia, insieme a un aumento dei redditi reali, stimolasse la spesa oltre le attese, oppure se la crescita dell’economia globale fosse più forte del previsto.

Sul fronte dell’inflazione, la Bce ha evidenziato il rischio che possa essere più elevata del previsto, qualora salari e profitti aumentassero oltre le attese. Le tensioni geopolitiche attuali potrebbero far salire i prezzi dell’energia e dei trasporti nel breve termine, con potenziali impatti anche sul commercio mondiale. Inoltre, eventi climatici estremi potrebbero spingere al rialzo i prezzi dei beni alimentari.

D’altra parte, l’inflazione potrebbe calare più del previsto se le misure di politica monetaria frenassero la domanda più del previsto o se l’economia globale dovesse mostrare segnali di debolezza inaspettati.

Politica monetaria futura: sguardo attento ai dati senza vincolarsi

Guardando al futuro, la Bce ha confermato che il Consiglio direttivo è determinato a garantire un ritorno tempestivo dell’inflazione al target del 2% nel medio termine. “Il Consiglio seguirà un approccio guidato dai dati, adeguando le decisioni sui tassi di interesse in base alle prospettive di inflazione e ai dati economici e finanziari più recenti,” ha sottolineato l’Eurotower. Questo implica che le decisioni verranno definite di volta in volta a ogni riunione, “senza vincolarsi” a un particolare percorso di politica monetaria.

In questo contesto, la Bce ha enfatizzato la propria volontà di mantenere piena flessibilità nelle decisioni sui tassi di interesse, affermando che non intende vincolarsi a un dato percorso. “Le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla valutazione circa le prospettive di inflazione, alla luce dei dati economici e finanziari più recenti, la dinamica dell’inflazione di fondo e l’intensità della trasmissione della politica monetaria,” si legge nel bollettino.

Reazioni del mercato: tassi di interesse e titoli di Stato

La Bce ha osservato con attenzione come il primo taglio dei tassi abbia influenzato i mercati. Dal 6 giugno all’11 settembre 2024, prima del secondo “mini-taglio” di settembre, i tassi di interesse privi di rischio nell’Eurozona sono scesi su tutte le scadenze, con gli operatori di mercato che si aspettavano riduzioni dei tassi più rapide del previsto. Alla fine del periodo, i tassi a termine indicavano circa 60 punti base di riduzioni cumulative entro la fine dell’anno, un anticipo del taglio di 25 punti base già previsto e, tutto sommato, ben digerito dai mercati.

Anche i tassi di interesse nominali a lungo termine sono diminuiti, grazie alla riduzione della compensazione per l’inflazione e al calo dei tassi reali. Naturalmente, questo ha avuto effetto sui rendimenti dei titoli di Stato, come i Btp italiani, i Bund tedeschi e gli Oat francesi, sebbene in misura minore rispetto ai tassi privi di rischio, creando un lieve aumento degli spread.

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