È uscito nello scorso mese di giugno l’Occasional Paper n.147 della omonima serie edita dalla BCE dedicato allo studio sul processo di convergenza dei paesi dell’Unione in materia di pagamenti al dettaglio dal titolo “Convergence of the European retail payments” a firma di E. Martikainen, H. Schmiedel e T. Takalo. Scopo del lavoro è quello di analizzare l’impatto della crisi economica e del progetto SEPA nel processo di integrazione degli strumenti di pagamento, dal contante alle carte di debito e credito, dai bonifici agli addebiti diretti, dagli assegni alla moneta elettronica.
La sua rilevanza è fuori da ogni dubbio, considerato che interessa l’intero segmento del retail banking e che gli effetti economici attesi dalla creazione di un mercato unico delle transazioni vengono stimati nell’uno per cento del Pil europeo, corrispondente a un risparmio di non meno di 130 mld di euro annui. In Italia, i risparmi stimati, in termini di minori costi delle transazioni informatizzate rispetto al contante, sono nell’ordine dei 10mld di euro all’anno. Più specificamente, lo studio cerca di rispondere a due domande, cioè se e in quale misura il mercato europeo dei pagamenti retail è divenuto più integrato durante il periodo 1995-2011 e se questo processo ha subito un’accelerazione a partire dalla introduzione dell’euro.
Per la misurazione del grado di integrazione raggiunto nell’area, esso utilizza i dati dei pagamenti eseguiti mediante il contante e gli altri mezzi avanti citati, piuttosto che la dimensione delle infrastrutture finanziarie dedicate alla transazioni e impiega tecniche statistiche basate sulla convergenza di tipo sigma (se i paesi divengono nel tempo sempre più omogenei la distribuzione tra le modalità delle transazioni assume una minore dispersione) e beta (i paesi che partono da un più basso livello nei volumi di un qualche tipo di strumento crescono più velocemente di quelli che partono da un livello più alto). Il risultato più netto ottenuto dallo studio è che dopo l’introduzione dell’euro la dispersione dei singoli strumenti i pagamento e’ diminuita, con l’eccezione del contante per il quale il processo e’ stato molto più lento e degli assegni e della moneta elettronica i cui dati sono risultati volatili, ancorché per motivazioni intuitivamente opposte.
Verificato invece il positivo processo di integrazione per carte, addebiti diretti e bonifici, nonostante che lo studio riconosca che i cambiamenti nelle abitudini degli utenti finali, per quanto apprezzabili, sono ancora lenti e che le differenze tra i paesi rimangono significative. Quello che è interessante notare e’ che la convergenza e’ proseguita in misura costante anche negli anni della crisi economica e che gli effetti della SEPA non si sono ancora del tutto materializzati. Siccome la teoria economica e i risultati empirci ci dicono chel’integrazione promuove competizione, efficienza e sviluppo, c’e’ ampio spazio tanto per i policy makers quanto per gli operatori nel prefigurare e indirizzare le traiettorie future di un mercato tanto vasto quanto quello dei pagamenti al dettaglio europeo.
Qual è il ruolo del mercato domestico in questo scenario di convergenza? Basta essere in Europa per essere attratti in questa nuova dimensione? A queste domande si propone dirispondere un interessante articolo di N. Coppari uscito, anch’esso in giugno, sulla rivista Credito Popolare n.1/2013 dal titolo “L’evoluzione dei servizi di pagamento al dettaglio e la SEPA”, nel quale, oltre ai temi della preparazione del sistema italiano per garantire il rispetto degli impegni sottoscritti con l’Europa, si introduce una valutazione di tipo dinamico del progetto SEPA nel senso che, per capirne a pieno i benefici, bisogna considerare la condizione di partenza dell’industria dei pagamenti. In breve, facendo uso degli stessi dati resi pubblici dalla BCE, si dimostra la complessità dell’intera operazione SEPA, la quale, una volta completata, vedrà una serie di strumenti migrati ai nuovi standard e altri, di volumi non banali, quali i bollettini postali e le ricevute bancarie, che resteranno in ambito domestico, presumibilmente affidati a tecnologie differenziate. La sfida e’ lanciata, ma nulla e’ così scontato e ovvio.
Quello che e’ certo e’ che con l’avanzare di questo processo aumenteranno le spinte concorrenziali tra i fornitori dei servizi in questione, con politiche sempre più aggressive dal punto di vista sia dei prezzi sia della gamma dei servizi. E’ presumibile che si apra un confronto in grado di richiamare quanto avvenuto negli ultimi due decenni per i servizi di telefonia mobile. Il riferimento e’ a nuovi player, peraltro ancora in fase di avvio, quali istituti di pagamento e di moneta elettronica, ma anche alle grandi reti distributive e, in prospettiva non lontana, ai produttori diretti che, con proprie piattaforme di e-commerce, tenderanno a chiudere i circuiti di vendita con la messa a disposizione di modalità di pagamento, accompagnate da facilitazioni volte a rafforzare il grado di fidelizzazione della clientela.
Ne e’ testimonianza la più recente crescita dell’operatività su piattaforme digitali in self operation destinata, nel tempo, a ridurre ogni altra forma di relazione intermediata, senza distinzioni tra beni eservizi oggetto dello scambio via internet. Il recente caso della tedesca BMW che ha iniziato a offrire pagamenti su piattaforme internet proprietarie per l’acquisto di beni ad alto valore come le auto e’ emblematico del processo di disintermediazione avviatosi. In generale, l’obiettivo di appropriarsi della catena decisionale del pagamento spingerà nuovi player a gestire i pagamenti non in contante, forti del livello di engagement verso i consumatori finali dei propri prodotti. A rafforzare questa tendenza vi sarà la crescente importanza rappresentata dalla cosiddetta brand image e dalla reputazione che avranno un ruolo rilevante nell’accrescere il grado di fiducia verso i player che intermediano le transazioni del proprio business principale.
La seconda istanza attiene all’incremento delle transazioni non in contanti determinato dal crescente utilizzo di nuovi meccanismi e paradigmi di pagamento (il conto di pagamento) e di nuove tecnologie (il mobile e le mobile app). Il sistema bancario in generale e quello minore in particolare, concentrato nel retail banking, deve saper reagire a questa decisa pressione concorrenziale in grado di generare ampi fenomeni di disintermediazione nei servizi di pagamento, con possibili ricadute negative sul credito e sulla raccolta. Esso ha la possibilità di intervenire tanto sulla gamma dei prodotti di pagamento offerti quanto sulla rivisitazione di modelli di business, con specifiche politiche di difesa dei propri tradizionali segmenti di mercato e di ricerca di nuove opportunità di vendita. Ad esempio, nelle rimesse degli emigranti il sistema del retail banking e’ praticamente assente, considerato che il 95% delle transazioni e’ canalizzato via Money Transfer e Poste Italiane.
Vi è poi il mercato, ampio e in crescita, delle fasce sociali uscite dai rapporti con le banche in ragione della crisi. Politiche di reinclusione finanziaria possono essere agevolmente fondate sui servizi di pagamento a basso rischio di controparte, prima di procedere con l’offerta di prodotti creditizi e finanziari più complessi. Le banche del territorio hanno un vantaggio di conoscenze dirette delle situazioni di disagio finanziario prodottesi in questi anni e possono sopperirvi riattivando i servizi bancari di base, che la tecnologia rende fruibile a bassi costi. Altre iniziative possono riguardare il soddisfacimento di fabbisogni di servizi verso bacini di utenza che esprimono una domanda omogenea, quali gli studenti universitari, gli autotrasportatori, le catene locali della distribuzione, le reti delle agenzie assicurative e così via, cosa che consente di avere subito masse di una qualche rilevanza.
Passando alla questione degli strumenti, il conto di pagamento e le connesse modalità di movimentazione (carte, piattaforme internet, telefonia mobile) permettono di fruire di mezzi ormai maturi, che includono tecnologie di sicurezza avanzate, rese sempre più affidabili grazie anche alla crescente sensibilità degli utenti verso comportamenti d’uso più consapevoli. La banca retail può emettere, con specifici programmi di offerta, questo tipo di strumento, relativamente al quale non va dimenticato che l’obiettivo finale e’ la crescita del numero delle transazioni automatizzate e non tanto l’offerta gratuita di un mezzo di pagamento, per quanto innovativo, se si percepisce che esso e’ destinato a restare inutilizzato.
Le commissioni relative all’acquiring debbono essere anch’esse attentamente considerate, per incentivare il merchant a fare uso della rete di pos della banca. Terzo aspetto da considerare e’ l’integrazione degli strumenti di cui si parla all’interno di processi più tradizionali quali la raccolta e il credito. Le carte di debito possono automatizzare il processo di erogazione dei prestiti personali e creare opportunità direlazioni commerciali con i centri di spesa ove viene utilizzato il prestito erogato. I pagamenti elettronici producono lo spostamento delle operazioni bancarie più ricorrenti, compresa la raccolta di fondi, verso le piattaforme di internet banking, incrementando l’uso di un canale introdotto ormai da anni, ma tuttora sottoutilizzato. I pagamenti si prestano poi a essere integrati con i processi di digitalizzazione documentale di tutti le fasi di trattamento dell’informazione da quella contabile, alla contrattualistica, alla quotidiana operatività di sportello.
Seguendo questo approccio si possono valorizzare le cosiddette economie di scopo, che tengono bassi i costi puntando su forme di produzione congiunta di una pluralità di servizi, sulla quale spalmare gli oneri della gestione. Attente politiche di prezzo possono infine attirare nuova clientela, puntando su adeguati livelli di trasparenza. Insomma, le attività in questione, complessivamente considerate, debbono essere viste dalle banche non più come accessorie, ma come vere e proprie linee di business autonome, sulle quali fondare programmi di investimento tecnologici, di marketing, di rinnovamento dei processi organizzativi. Un punto importante riguarda anche i canali di comunicazione delle politiche che si intendono perseguire. Se e’ innegabile che a livello sistemico le associazioni di categoria, la Commissione europea, la BCE e le BCN hanno veicolato obiettivi, strumenti e date della SEPA con dovizia di particolari sulle regole da seguire, forse una maggiore incisività dovrà a questo punto venire anche dai Payment Services Providers, che comprendono ovviamente le banche, nel rappresentare le loro strategie di investimento e i vantaggi attesi, dandone specifico conto in bilancio come avviene per gli altri asset.
Più in generale, bisogna vedere nei pagamenti al dettaglio una vera e propria industria nascente, inserita in un contesto di mercato esteso all’intera Europa comunitaria con una domanda in aumento da parte dei consumatori, stimolata dalla pluralità dei canali disponibili per le operazioni, da nuovi attori decisi a rompere il monopolio esercitato finora dalle banche, da contenuti innovativi sia dei processi produttivi che distributivi, oltre che da una cornice di regole mirate alla legalità, alla trasparenza e all’abbattimento dei costi. La recente proposta di nuova Direttiva Europea sui servizi di pagamento (PSD2) testimonia l’importanza che l’Unione intende imprimere anche in funzione anticrisi all’ammodernamento del quadro di riferimento, con una netta presa di posizione, mediante uno specifico Regolamento, nei riguardi della cosiddetta interchange fee, che dovrà ridursi fino allo 0,2/0,3% del valore delle transazioni tramite carte di debito o di credito, cosa che darà ulteriore impulso al processo di integrazione operando sul livello ancora elevato delle commissioni. Nella sua progressiva affermazione questa nuova industria e’ destinata a rappresentare un fattore di sostegno alla ripresa economica, riducendo la costosa dipendenza dal contante.
L’auspicio e’ che una rapida azione da parte delle banche possa aiutare ad uscire dalla condizione di criticità anche quelle che vi si trovano per effetto non solo del generale contesto economico, ma anche di politiche creditizie non improntate a bona gestio, sfruttando le prospettive a basso rischio sul versante dei pagamenti retail, a condizione di non dimenticare le lezioni apprese da comportamenti non sempre ispirati all’inflazionato richiamo alla sana e prudente gestione.